ROMA

«L’antifascismo si costruisce dal basso». Corteo per Valerio Verbano

Migliaia di persone hanno attraversato ieri i quartieri capitolini di Montesacro e Tufello per rircordare il militante di Autonomia Operaia ucciso quarantuno anni fa

Il boato sembra come spaccare la strada in due: «Valerio vive, le nostre idee non moriranno mai». L’urlo scandito all’improvviso da migliaia di persone, che si sono radunate ieri pomeriggio nella digradante via Monte Bianco nel quartiere capitolino di Montesacro, segna l’inizio del corteo in memoria del militante di Autonomia Operaia assassinato il 22 febbraio di quarantuno anni fa. «Uccidono un antifascista, ne nascono altri cento», intona la fiumana di gente snodandosi in direzione del più ampio viale Tirreno. Lo slogan pare trovare piena concretizzazione nelle facce di militanti, tanti giovani, accorsi da varie zone di Roma per celebrare la figura di Verbano.

 

(foto di Francesco Brusa)

 

Nonostante le numerose indagini e le numerose rivelazioni che si sono succedute alla sua morte, gli assassini di Valerio rimangono ancora ignoti. Una cosa è certa: si tratta di una rappresaglia neofascista. Verbano e altri compagni stavano in quel periodo raccogliendo informazioni sui gruppi di estrema destra operanti nella capitale. «L’uccisione per mano fascista di Valerio Verbano è un episodio tragico, doloroso e drammatico di una vicenda collettiva come quella rappresentata dai movimenti degli anni ’70», scriveva un anno fa la sua compagna di lotta Carla Pintucci, augurandosi che il ricordo di Valerio potesse diventare «un nuovo motivo di volontà comune rappresentato dalla scelta di agire, di lavorare perché quel passato abbia un “futuro”».

 

(foto di Francesco Brusa)

 

D’altronde, pare essere questa l’intenzione profonda anche della mobilitazione di ieri. Proprio come i e le manifestanti si sono radunati sotto l’abitazione di Valerio Verbano per far partire il corteo, così la memoria del militante di Autonomia Operaia rappresenta un “punto di partenza” per far politica oggi, per costruire un’alternativa capace di affrontare le questioni più urgenti del presente.

 

«Durante l’emergenza pandemica abbiamo potuto vedere quali sono le conseguenze drammatiche degli scarsi investimenti in sanità ed educazione pubbliche», gridano dal microfono mentre il corteo si lascia alle spalle lo snodo di piazzale Jonio e inizia a costeggiare i lotti di edilizia popolare di Val Melaina.

 

«Tante e tanti di noi si sono messi in campo per fronteggiare la crisi e i disagi. È la prova che l’antifascismo si costruisce dal basso, anche attraverso la solidarietà e il mutualismo».

 

(fotogalleria di Renato Ferrantini)

 

Alle finestre e agli ingressi dei condomini si affacciano alcuni simpatizzanti, tanti curiosi. I giovanissimi e e le giovanissime che si trovavano a giocare nei campetti da calcio di fronte a via Stampalia si aggrappano alle reti per meglio scrutare il corteo, che nel frattempo occupa compatto un’intera corsia del vialone alberato. «Sui manifesti di avvicinamento alla mobilitazione avete trovato il simbolo inclusivo dello “schwa” (“ə”, ndr)», proseguono dal microfono mentre i e le militanti lasciano dietro a sé numerose scritte sui muri in ricordo di Valerio, quasi a “marchiare” il territorio. «La nostra lotta deve saper accogliere tutti, tutte e tuttu. Più siamo capaci di unire soggettività diverse, più il nostro movimento sarà forte ed efficace».

 

 

(foto di Francesco Brusa)

 

Ma oltre a unire soggettività diverse – paiono suggerire gli interventi che si susseguono durante il corteo – un vero movimento antifascista deve essere anche capace di mantenere viva nel presente la memoria del passato.

 

Non si cita infatti solo Valerio Verbano lungo il corso della manifestazione, ma anche quanti e quante hanno saputo praticare la resistenza quando l’ideologia nazifascista si trovava al potere in mezza Europa.

 

«Questa città ribelle e mai domata…», risuonano dagli altoparlanti le note della canzone popolare Su comunisti della capitale, mentre dal microfono si celebra l’eroismo partigiano dei cosiddetti “ribelli dell’oltre Aniene” che, nelle zone di Tufello e Montesacro, combatterono il regime mussoliniano anche al prezzo della vita. Continua la canzone: «La guardia rossa suona l’adunata: tutti presenti».

 

(foto di Francesco Brusa)

 

In effetti, all’ingresso della lunga via delle Isole Curzolane sembra proprio “non mancare nessuno”. Studenti medi e superiori si scatenano al ritmo di Kids are united e Hooligan Antifa, dagli alti condomini che affiancano lo stradone le persone salutano, tante famiglie attraversano il corteo sempre più vivace. Ci si appropinqua al murales dedicato a Valerio Verbano che l’artista partenopeo Jorit ha concluso qualche giorno fa e che sopra alla raffigurazione, imponente, del volto del militante ucciso riporta le parole dei genitori Carla e Sardo Verbano: «Avevo un figlio Valerio, che riempiva la nostra vita e me l’hanno ammazzato». Lo spazio si riempie di gente e la folla si stringe di fronte a una moderna icona di ribellione e impegno politico.

 

(fotogalleria di Ilara Turini)

 

Il Centro Sociale Astra, che ha fortemente voluto il murales e che ogni anno è fra le principali realtà promotrici del corteo, ha tra l’altro messo a punto nel quartiere un percorso di memoria attiva a partire dal libro Sia folgorante la fine di Carla Verbano. Così spiega l’iniziativa in un suo comunicato: «Vogliamo trovare nuovi modi di raccontare la storia e l’assassinio di Valerio, lasciando che a parlare siano i muri di un quartiere che non ha mai lasciata sola Carla nella ricerca della verità e nel ricordo.La memoria attiva per noi è anche questo: la conoscenza immediata e diretta di una storia che appartiene a tuttə ed è fondamentale trasmettere condividendo gli strumenti per tenerla viva».

 

(foto di Nicolò Arpinati)

 

In maniera quasi speculare alla faccia di Valerio nel murales di Jorit, dunque, le ultime immagini che chiudono la manifestazione sono quelle del volto della madre. I e le manifestanti svoltano proprio nella strada in cui è presente la sede di Astra e sulla parete dell’edificio di via Capraia, 19, viene proiettato un documentario che commemora la vicenda con una testimonianza inedita di Carla Verbano (scomparsa nove anni fa): «Ci vuole un cambiamento radicale: diventiamo tutti più buoni», dice sul finire del suo intervento nel video.

Dal tetto del palazzo, intanto, vengono sparati fuochi d’artificio.

 

Immagine di copertina di Francesco Brusa