ITALIA

La vertenza della ex-Gkn è pronta a resistere di fronte alla minaccia di sgombero
Dopo la sentenza del Tribunale fallimentare di fine giugno, che ordina l’abbandono di alcuni punti della fabbrica, il presidio corre il rischio di venire cancellato. Un nuovo appuntamento di lotta per l’11 e il 12 luglio chiama a Firenze le e i solidali per difendere la mobilitazione
Venerdì 11 e sabato 12 luglio non prendete impegni, il collettivo di fabbrica dell’ex-Gkn ha bisogno di noi, tutte e tutti, a piazza Poggi a Firenze. L’evento ospiterà la sera del primo giorno un concerto, mentre il secondo giorno sarà dedicato alla terza assemblea popolare dell’azionariato popolare e della solidarietà, e sarà anche l’occasione per condividere con le e i solidali idee e progetti di resistenza. “Resistere per Ri-esistere” è infatti il motto di questo appuntamento, il momento di inizio di un’estate di lotta per difendere un’esperienza che ha già rivoluzionato il panorama dei movimenti in Italia e in Europa.
Il rischio che il presidio dello stabilimento di Campi Bisenzio venga cancellato dall’intervento delle forze dell’ordine è ormai concreto.
A fine giugno il Tribunale fallimentare competente ha emesso una sentenza che ordina lo sgombero di alcuni dei punti centrali in cui si è sviluppato la lotta nella fabbrica, come per esempio la reception, la tensostruttura e la palazzina nord.
Per la vertenza, questa ingiunzione di sgombero è a tutti gli effetti un attacco alla lotta, anche se da un punto di vista più “tecnico” viene presentata come una possibile soluzione alla questione della chiusura della fabbrica e al licenziamento di lavoratrici e lavoratori.
Ma andiamo per ordine.
La mobilitazione è iniziata il 9 luglio 2021, dopo che l’allora direttore della fabbrica aveva annunciato con una mail la chiusura dello stabilimento. Immediatamente ha preso vita l’assemblea permanente che ancora oggi porta avanti la lotta per la rilocalizzazione della produzione e la realizzazione di un piano industriale a trazione popolare per la transizione ecologica dal basso nel territorio. Da non dimenticare che a novembre del 2023 proprio Campi Bisenzio, una delle zone più industrializzate e cementificate della Toscana, è stata colpita da una forte alluvione, che ha ucciso 7 persone.
Al momento della chiusura, la fabbrica era di proprietà del fondo finanziario Melrose, che a fine 2021 ha venduto lo stabile a Francesco Borgomeo, imprenditore e già advisor di Melrose. A sua volta, Borgomeo ha creato una nuova società, la QF, che si è sostituita al fondo Melrose come controparte delle lavoratrici e dei lavoratori in lotta. Se inizialmente il discorso portato avanti da Borgomeo, il quale aveva promesso, senza mai farlo, di presentare un nuovo piano industriale, sembrava andare incontro alle richieste e le rivendicazioni del collettivo, dall’autunno del 2022 i suoi attacchi nei confronti della mobilitazione sono diventati sempre più frequenti. In particolare il nuovo proprietario si è concentrato nel dipingere il presidio operaio come una “occupazione”, un atto illegale, che gli impediva di usufruire pienamente dell’immobile da lui comprato.
È importante precisare che, sebbene lo stabilimento fosse chiuso, le operaie e gli operai della ex-Gkn, diventata di proprietà della società QF, ricordiamo, erano ancora formalmente assunte e assunti e avevano diritto di recepire lo stipendio. Ma i soldi non si sono fatti vedere, o comunque molti meno di quelli che dovevano essere legalmente versati, trasformando nel tempo, con sentenze del Tribunale, le operaie e gli operai in creditrici e creditori nei confronti di QF. Nel frattempo, ad aprile 2025, tutte le operaie e tutti gli operai sono state licenziate e licenziati.
Nel corso del tempo, secondo quanto è stato anche riportato da un articolo pubblicato da “La Nazione” pochi giorni fa, la proprietà dello stabilimento è stata a sua volta rivenduta da QF a due altre società, la Tuscany Industry srl e la Sviluppo Immobiliare Toscana srl, che sono, però, collegate a QF stessa. È quella che è stata chiamata una «vendita infragruppo». Una compravendita che ha come effetto di rendere ancora meno chiare le responsabilità della proprietà nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori in lotta.
La sentenza che è stata emessa a fine giugno è infatti volta a “garantire” alle società proprietarie dell’immobile la possibilità di disporre del bene per poterlo vendere, con l’intenzione, almeno formalmente, di risarcire i creditori, ovvero le operaie e gli operai.
Questa narrazione non ha però convinto in nessun modo il collettivo di fabbrica, che non crede più alle promesse fatte da QF e dai giudici fallimentari, soprattutto perché procedere con lo sgombero e la vendita dell’immobile significherebbe cancellare il progetto di creare una fabbrica socialmente integrata nel territorio, che dia lavoro e che contribuisca, dal basso, alla riconversione in chiave ecologica della produzione. L’unico piano industriale in campo è, ed è sempre stato, quello redatto dalle operaie e dagli operai e dalle ricercatrici e dai ricercatori solidali. Un piano di reale alternativa economica e di transizione ecologica dal basso, volto alle esigenze del territorio e del movimento climatico – italiano ed europeo.
I tentativi da parte delle varie scatole cinesi delle proprietà di neutralizzare le rivendicazioni portate avanti in questi anni dalla mobilitazione hanno infatti reso impossibile alla vertenza di riconoscere una qualsiasi buona volontà da parte della controparte di voler riattivare la produzione. E l’ultima sentenza di sgombero emessa dal Tribunale fallimentare, che in passato si era anche pronunciato contro la proposta del collettivo di rendere il comune di Campi Bisenzio ente tutelare della fabbrica, non può far altro che accentuare i timori di una volontà di eliminazione della vertenza.
Per questo è importante essere a Firenze questo fine settimana. Perché lottare per un futuro diverso, dove a comandare non sia la logica del profitto e la cinica legge del più forte, è ancora possibile. Ed è ancora possibile vincere.
L’immagine di copertina è di Jacopo Clemenzi
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