ITALIA

La scuola in piazza. Mobilitazioni studentesche in tutta Italia

In numerose città studenti ancora in piazza contro l’alternanza scuola-lavoro e contro la repressione istituzionale. Al ricordo di Lorenzo Parelli si aggiunge quello di Giuseppe Lenoci

Il video-racconto della Lupa

(riprese e montaggio di Francesco Brusa e Patrizia Montesanti)

Le fotografie da Roma

(foto di Ilaria Turini)

(Renato Ferrantini)

(Lorenzo Boffa)

La cronaca da Torino

Venerdì, 18 febbraio 2022, è stata la giornata delle manifestazioni studentesche. A Torino, migliaia di persone si sono radunate in Piazza XVIII Dicembre, di fronte la stazione di Porta Susa. Studenti, insegnanti e rappresentanti dei sindacati hanno dato vita a un corteo entusiasta e appassionato, per dire basta all’alternanza scuola-lavoro e agli stage non pagati; per contrastare le logiche di sfruttamento e oppressione che il sistema scolastico agisce, trascurando il suo ruolo fondamentale: difendere il diritto all’istruzione e ampliare le possibilità di accesso a un’educazione adeguata.

Dopo Lorenzo Parelli, morto a 18 anni, un altro studente, Giuseppe Lenoci, ha perso la vita all’età di 16 anni. Quali sono i valori su cui si basa la scuola? Che cos’è la scuola oggi?

Le manifestazioni di oggi sono una chiara espressione di un bisogno collettivo: restituire alla scuola dignità. E per farlo è necessario un atto di ribellione intellettuale e di disobbedienza civile, che rendano la scuola un luogo di confronto argomentativo; una palestra di dibattito in cui poter allenare il proprio pensiero critico. «Dopo un primo giro di occupazioni e proteste romane, la rabbia ha dilagato. Anche qui, a Torino, ci sono state misure repressive durissime», racconta Ada, una giovane rappresentante di Opposizione Studentesca d’Alternativa. «Da questo, la necessità di stabilire una data nazionale che andasse a rompere quel modello di scuola contro cui stiamo protestando: una scuola non più riformabile ma che va rivoluzionata, senza compromessi».

Gli effetti della pandemia, nel lungo periodo, hanno confermato la necessità di mettere in atto una vera e propria rivoluzione economica, politica e culturale. In un momento iniziale, infatti, non pochi ottimisti – un po’ ingenui – hanno creduto che il Covid-19 potesse rappresentare l’occasione per rimettere l’istruzione, l’ambiente e la sanità al centro delle discussioni politiche. Evidentemente – sembrano dirci ragazzi e ragazze in corteo – così non è stato.

Al contrario, questi temi sono stati trasformati in variabili dipendenti del sistema capitalistico. «Precarietà, miseria e lutto: pagherete caro, pagherete tutto», è uno dei motti gridati al megafono dai giovanissimi manifestanti.

Al fianco degli studenti, nel corteo sfilano anche rappresentanti di collettivi universitari e associazioni ambientaliste, come Friday For Future. «Abbiamo deciso di unirci alle proteste perché i problemi che si vivono a scuola sono gli stessi che si vivono all’università», spiega Barbara Mezzalama, una portavoce del Collettivo Universitario Autonomo. «La pandemia non ha fatto altro che togliere spazi: aule studio riscaldate e mense chiuse ci hanno costretti fuori. In più, i rettori delegano agli insegnanti la responsabilità di decidere se fare lezione in aula o online, e questo crea molta confusione. A volte, capita di avere una lezione a distanza e la successiva in presenza e, considerando che le biblioteche sono chiuse, diventa molto difficile gestire tutto».

In questi mesi, la didattica a distanza ha messo in luce tutte le sue zone d’ombra. Se, da un lato, ha arginato la diffusione del virus tra i corridoi di scuole e università, dall’altro ha certamente rallentato i processi di socializzazione ed emancipazione colletiva; ostacolato l’attraversamento costruttivo delle insicurezze tipiche dell’età adolescenziale, trasformandole in paure; acuito le disparità economiche; e ampliato i disagi insiti in ogni società individualista, in cui hai valore solo se produci.

«Poi, c’è il discorso del lavoro e dello sfruttamento”, continua Barbara. «Noi studenti universitari facciamo dei tirocini gratuiti e questo ci avvicina molto agli studenti medi. La scuola-lavoro non ha alcun senso. Molti progetti sono in aziende inquinanti, cosa che nel 2022 è inaccettabile considerata la consapevolezza diffusa sulla crisi climatica… Se vogliamo parlare di transizione ecologica, non possiamo permetterci di formare studenti e studentesse che lavorano in fabbriche inquinanti. Friday For Future ha deciso di partecipare alla manifestazione perché crediamo che la scuola debba prendere tutt’altra direzione; è inaccettabile che, in alcuni istituti, i progetti di educazione civica e ambientale siano in mano a Eni».

Ripensare la scuola significa riportare al centro il piacere del ragionamento e della creatività, per far emergere nuovi problemi e trovare nuove soluzioni. Sviluppare il proprio pensiero critico e, soprattutto, la sicurezza in se stessi necessaria per esprimerlo, è un compito complesso. L’educazione ai sentimenti e all’affettività gioca un ruolo fondamentale in questo processo; è necessario superare la concezione rigida dell’insegnamento frontale e trovare il coraggio di scoprire la bellezza della condivisione.

È sempre più urgente il bisogno di sostituire l’immagine statica e passiva delle “teste vuote da riempire”, con la meraviglia dell’apprendimento. «Gli studenti hanno diritto a un’istruzione seria, a degli spazi, a una scuola inclusiva e sicura», racconta la Professoressa Paola Gandini, dell’istituto di grafica Albe Steiner. «Loro hanno voglia di stare insieme, di tornare a scuola, in presenza. C’è chi la vuole destrutturare, darla in mano alle multinazionali… Noi non vogliamo questo. La scuola deve essere statale, gratuita e di alto livello. Non possiamo mandiamo i ragazzi a lavorare nei cantieri… così, si torna indietro di duecento anni».

Ripensare la scuola significa dunque riportare al centro le persone; non in una dinamica gerarchica, ma orizzontale, in grado di ripristinare le istanze progressiste e i valori di solidarietà e uguaglianza su cui si basa la democrazia.

Mettere ciascun individuo nelle condizioni di esprimere le sue potenzialità, senza creare disparità al punto di partenza o discriminazioni all’arrivo. Rendere la tecnologia uno strumento accessibile a tutti e non un’arma alienante e selettiva. Formare persone libere di scegliere, capaci di manifestare e ribellarsi. Ripensare la scuola significa rivoluzionarla. E così, salvarla.

(Benedetta Pisani)

Immagine di copertina di Renato Ferrantini