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Istanbul scende in piazza per il Pride

Dal 2003, il Pride è un appuntamento importante per la comunità LGBTQ+ turca. Negli ultimi anni, però, la manifestazione è stata oggetto di divieti e limitazioni in nome della “sicurezza”. Anche quest’anno, a Istanbul cani anti-droga, uso di lacrimogeni e proiettili di gomma

A una settimana dall’elezione del nuovo sindaco Ekrem İmamoğlu, la comunità LGBTQ+ d’Istanbul, insieme a diversi attivisti e supporter, rivendica il diritto di celebrare il Pride nelle strade dell’antica capitale ottomana.

Celebrato in Turchia dal 2003, quando parteciparono una ventina di persone scarse, il Pride è diventato negli anni un evento partecipato da migliaia di persone per celebrare la presenza di una comunità, quella degli omosessuali, legalmente ammessa ma discriminata in diversi settori della vita pubblica e sociale.

Dal 2014, però, il clima è mutato, il Pride è diventato sinonimo di scontri, per essere poi proibito per “ragioni di pubblica sicurezza” e quest’anno non è stato diverso. Inizialmente il permesso di celebrare l’evento a Taksim, storica piazza simbolo del laicismo del Paese, non è stato concesso, così com’è stato vietato anche a Bakırköy, quartiere dell’altra parte europea della città che negli ultimi anni è diventata l’alternativa “ufficiale” a Taksim, in una sorta di politica di decentramento geografico delle manifestazioni. L’estensione del divieto ha riguardato, inoltre, anche altre città, come la più liberale Izmir e presso l’Università Tecnica del Medio Oriente nella capitale, Ankara.

Ma il problema della sicurezza, in realtà, riguarda la vita quotidiana dei rappresentanti delle comunità discriminate e, in particolare, quelle dei transgender. Risale all’agosto 2016 la morte dell’attivista Hande Kader, il cui corpo brutalmente martoriato e bruciato fu ritrovato nelle strade di Zekeriyaköy, nel distretto abitato da persone di classe medio-alta di Sarıyer.

 

Foto di Valeria Ferraro

 

L’episodio della morte di Hande è ancora fresco nella memoria delle lavoratrici sessuali transgender di una piccola zona non distante da Taksim. Come spiega una trans di origini bulgare, si sentono poco protette. Lo stesso Pride è un evento a cui lei stessa non può parteciipare: essendo “orario di lavoro”, il suo capo non le consente di andare.

Stando alle statistiche, il fenomeno dell’assassinio delle lavoratrici transgender, secondo un articolo di Independent, è tra i più alti in Europa, così come l’alto tasso di suicidi. I rifugiati denunciano situazioni simili a quelli dei paesi di provenienza, come l’Iran.

Uno dei receptionist di un albergo della zona testimonia come, soprattutto di notte, non c’è un’effettiva protezione, un controllo su clienti che entrano anche con coltelli. Le lavoratrici si rinchiudono, quindi, in quel mondo parallelo, trovando un momento di normalità e conversazione al tavolo di uno degli alberghi vicini o qualche bar. Ma il loro mondo e quello dei turisti, spesso con bimbi e famiglie, presenti sull’arteria principale sembra sfiorarsi.

È quindi significativo lo sforzo delle maggiori associazioni presenti sul territorio, come Lambda Istanbul, uno dei primi gruppi a organizzare il Pride turco, per l’intera settimana incontri sui diritti della comunità LGBTQ+, conferenze sulla storia degli omosessuali e delle trans, atelier e laboratori per bambini, con la collaborazione dell’associazione per le famiglie arcobaleno. Tra gli eventi ci sono anche quelli che parlano apertamente della condizione di sfruttamento delle lavoratrici sessuali e azioni di volontariato di gruppi come Cinsel Şiddetle Mücadele Derneği (Associazione per la Lotta contro la Violenza Sessuale). Si aggiungono al calendario gli atelier per drag queen e drag king, tenuti da giovani realtà come il collettivo di artisti Dramaqueer.

 

Foto di Valeria Ferraro

 

L’evento della domenica diventa quindi il momento conclusivo, un incontro tra rappresentanti delle comunità discriminate e attivisti. Quest’anno, come già lo scorso anno, l’evento si è avuto nella piccola Mis Sokak, vicino alla principale arteria commerciale, dove intanto c’era uno strano misto di agenti antisommossa, polizia e turisti.

Iniziato tranquillamente, assembramento con clima di festa, mutato quando un gruppo ha tentato la sortita verso la strada principale, poco dopo la lettura del comunicato stampa. Non è mancata la reazione degli agenti, presenti anche con cani anti-droga: uso di lacrimogeni e proiettili di gomma, per incentivare l’assembramento e lasciare libera la strada.

Eppure, nonostante la conclusione solita, quest’anno qualcosa di diverso è iniziato ad apparire: intanto, dal mattino, i post di solidarietà delle municipalità governate dal Partito Repubblicano del Popolo (CHP), lo stesso del nuovo sindaco d’Istanbul. Poi la dichiarazione di quest’ultimo, a seguito di un’intervista, che riconosce ai cittadini la libertà di manifestare, in modo pacifico, e rilancia l’impegno di parlare con le autorità competenti per rendere possibile, dal prossimo anno, un Pride libero e una reale tutela delle persone.

 

L’immagine di copertina è di Valeria Ferraro