ROMA

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Il racket del mattone contro il Piano casa

Il diritto all’abitare è al centro dei riflettori della stampa italiana, il tanto atteso Piano casa volto a trovare soluzioni per il disagio abitativo a Roma mette i bastoni tra i piani di palazzinari e imprenditori che invocano il diritto alla proprietà e alla libera iniziativa imprenditoriale. Chat di confronto tra amministrazione e parti sociali si trasformano in cospirazioni, ma chi attende una casa da anni e chi si batte affinché il diritto a un alloggio sia garantito a tutte e tutti non si lascia scoraggiare

Ieri davanti all’assessorato alla Casa del Comune di Roma si è tenuta una conferenza stampa indetta dal coordinamento delle lotte per l’abitare, una replica per chi in questi giorni è stato al centro di affermazioni diffamatorie e per rivendicare ancora una volta l’importanza di un piano casa che sembra sia scomodo a più di qualcuno, ma che non intende per questo arrestarsi.

Dopo anni di inerzia finalmente l’amministrazione intende affrontare con un piano strutturale il problema della casa, ma l’attacco che è partito contro l’iniziativa, prima ancora che prendesse forma, dimostra come la questione abitativa rappresenti un grosso affare per l’economia della città e deve rimanere così come è sempre stata, un’emergenza da tenere viva per consentire speculazioni e lauti profitti per gli investitori. È dagli anni ’60 che trionfa la speculazione selvaggia e la crescita della città è determinata dalla volontà dei proprietari immobiliari. L’ultima realizzazione di edilizia pubblica risale alla fine degli anni ’70 quando l’amministrazione Petroselli vara e realizza un imponente piano che consente di dare la casa alle migliaia di persone che vivevano nelle baracche. Dopo di allora non è stato fatto più nulla.

Le case per chi è povero non ci sono, il mercato dell’affitto è inaccessibile, gli enti previdenziali hanno venduto il loro patrimonio, trasformando una piccola parte degli inquilini in proprietari e lasciando tutti gli altri in mezzo alla strada. Le occupazioni di immobili, pubblici o privati, lasciati per anni vuoti, hanno consentito a molte famiglie di avere un tetto sulla testa, ma la soluzione non può rimanere questa. Servono case pubbliche ed è quello che il piano predisposto intende fare. Comprare le case che gli enti dismettono, quelle che i proprietari privati hanno realizzato e sono ancora vuote, recuperare gli immobili inutilizzati, evitando di consumare altro suolo e aggiungere altro cemento in una città che ne è stata divorata.

Per ottenere questo i movimenti si battono da anni, lo hanno fatto non sulle chat, ma nelle piazze, nei tavoli di discussione, incontrando tutti i rappresentanti delle istituzioni, ribadendo ogni volta che la questione della casa non è un problema di ordine pubblico, ma la raffigurazione dell’ingiustizia sociale all’interno del fenomeno urbano.  Come lo è la questione della residenza negata a chi occupa e che la direttiva del sindaco Gualtieri imponeva di superare. Delle difficoltà riscontrate nell’applicazione ci racconta Luca Fagiano: «Rispetto alla direttiva di Gualtieri sul tema delle residenze sembra che lentamente gli uffici preposti dei municipi stiano cominciando a raccogliere le domande e a dare delle risposte positive dopo aver lavorato le pratiche, rimangono dei problemi con alcuni municipi, soprattutto nel secondo e non si capisce quali siano gli ostacoli, dato che la direttiva è molto chiara». Anche di questo si parlerà negli incontri con gli amministratori.

Dalle testimonianze degli abitanti delle occupazioni, che si sono succedute al microfono durante la conferenza stampa, è emerso un quadro drammatico delle tante persone in difficoltà, ma anche la grande solidarietà nei confronti di Luca Fagiano vittima di una campagna diffamatoria, che ha portato a mettere in secondo piano la questione vera su cui discutere, quella della casa e del piano che sta per essere approvato.  Si sono evidenziate le novità importanti introdotte, ma anche alcune mancanze. «Per questo è necessario non fermare il confronto che abbiamo avuto in questi mesi – dice Alberto Campailla di Nonna Roma – il piano è solo un programma, bisogna verificare che le cose siano realmente fatte. Io vorrei discutere delle risorse stanziate, della configurazione dell’agenzia della casa, del contributo all’affitto e dell’ostruzionismo alla direttiva sull’articolo 5. Stiamo parlando di una questione democratica, che dobbiamo difendere».

I LADRI DI CASE

Queste ultime settimane al centro dei dibattiti degli scoop italiani, in particolare della capitale sono finiti Tobia Zevi, assessore al patrimonio e alle politiche abitative, Yuri Trombetti presidente della commissione casa e Luca Fagiano militante per il diritto all’abitare. Termini come “abusivi”, “criminali”, “ladri di case”, “chat segreta”, “reato”, “racket delle occupazioni” sono spuntati sui canali d’informazione e su Rete 4 nel programma “Fuori dal Coro” condotto da Mario Giordano.

Il soggetto incriminato è una chat, promossa dall’assessore Zevi tra amministrazione e esponenti dei movimenti sociali per il diritto all’abitare al fine di confrontarsi per realizzare un Piano straordinario casa volto a rispondere al disagio abitativo romano. Giornalisti e esponenti politici di Fratelli d’Italia, Lega, Udc-Forza Italia e M5S hanno colto l’occasione per sguainare la spada della giustizia sociale chiedendo le dimissioni di Zevi e additando Luca Fagiano come criminale. Non riporteremo ancora una volta i dettagli della chat, è già stato spiegato come sia stata manipolata e come gli screen shot siano stati estrapolati da conversazioni più articolate, senza togliere che gli stessi stralci riportati dalla trasmissione televisiva non dimostravano nessun atteggiamento perseguibile.

Luca Fagiano durante la conferenza stampa di ieri pomeriggi ribadisce: «La chat è stato uno strumento immaginato dall’Assessore Zevi per facilitare l’incontro con le parti sociali. I messaggi che sono usciti sono stati manipolati con tagli ad arte. È evidente, che in quella chat non sono avvenute né minacce, né ricatti, né niente di questo tipo. Semplicemente opinioni nel merito di quelle che sono le politiche per la casa che vengono messe in campo a Roma – continua –Abbiamo dialogato con Sindaci, Ministri, Presidenti di Regione e costruito soluzioni, lì dove si volevano costruire dal lato delle istituzioni. Se l’amministrazione non si confronta con le parti sociali, con i movimenti (questo è il sale della democrazia), vuol dire che manca qualcosa».

Il tema dell’abitare è finalmente arrivato tra i dibattiti politici italiani, triste è pensare che non sia stata l’esigenza di garantire un diritto tanto basilare come la casa ad accendere i riflettori su un problema che riguarda milioni di persone da decenni, quanto la necessità di trovare una scusa al fine di interrompere e rendere vano il tentativo di redigere e portare all’approvazione un documento che si occupa della questione abitativa in maniera strutturata e non emergenziale. «È chiaro che dopo anni di assenza di politiche abitative è difficile pensare che questo piano possa risolvere tutto. Per noi [coordinamento per il diritto all’abitare – ndr] è anche insufficiente, perché Roma non può farcela da sola, c’è bisogno anche della Regione e del Governo, però la cosa che ho capito in questi giorni complicati è che probabilmente qualcosa contenuto in questo piano dà fastidio. È la prima volta dopo tanti anni che si mettono risorse importanti sull’edilizia popolare e che si prevedono progetti coraggiosi di recupero, di auto recupero, l’idea che non si costruiscono ulteriori case popolare in periferia (anche se qualcosa sarà comunque necessario farlo), ma che si punti sul patrimonio esistente con progetti intelligenti che costruiscano anche un’idea nuova di città: case, ma anche cultura, salute, educazione insieme. Questo messaggio importante probabilmente recapitato su qualche immobile che fa gola a qualcuno dei signori del mattone e della rendita ha fatto sì che questi poteri forti si scatenassero conto di noi, ma noi siamo con le spalle grandi e non molliamo», racconta Fagiano.

In un articolo di Ylenia Sina si legge: «ad attendere una casa popolare oggi in Italia sono, secondo dati raccolti dal ministero delle Infrastrutture (ma incompleti) 320mila famiglie», inoltre riporta i dati di uno studio di Nomisma per Federcasa del 2020: «su circa 786mila alloggi presenti in Italia, quelli occupati abusivamente sono 30.670, poco meno del 4,5 per cento. Gli alloggi che restano vuoti perché in cattivo stato o per lentezze burocratiche sono 58.100». Evidentemente è necessario portare questi dati agli occhi di politici e cittadinə che alzano la voce contro chi si spende per garantire un alloggio a tutte e tutti, contro chi occupa una casa per necessità e per rivendicare l’inutilizzo degli immobili e per comprendere insieme chi sono “abusivi”, “criminali” e “ladri di case”, chi fa profitto con il cemento a discapito di chi è in lista d’attesa per un alloggio popolare, chi vive per strada o rischia di finirci tutti i giorni.

MECCANISMI RISARCITORI

Sabato 25 marzo a Metropoliz – Maam, il museo abitato che si trova in via Prenestina a Roma si è festeggiato il 14esimo compleanno dell’occupazione che dà casa a 55 famiglie e accoglie artisti internazionali. Salini, proprietario dell’Ex fabbrica Fiorucci dal 2003 (acquistata per il valore di 6.85 milioni di euro) ha voluto partecipare ai festeggiamenti. Nel 2018 Salini che aveva raggiunto l’accordo per il pagamento di 27,9 milioni di euro dal tribunale civile di Roma, oggi è riuscito a farsi riconoscere altri 6,3 milioni (più un maxi conguaglio di 58mila euro al mese a partire da luglio 2022) per il mancato sgombero, ovvero «per la lesione del «diritto di proprietà e libera iniziativa imprenditoriale», racconta Margherita dei Blocchi precari metropolitani. Iniziativa imprenditoriale di un progetto che prevedeva l’intera demolizione della fabbrica (all’interno della quale a oggi oltre agli alloggi autocostruiti esiste un museo) e la costruzione di circa duecento quaranta due appartamenti più qualche infrastruttura, che probabilmente non sarebbero stati accessibili economicamente agli abitanti di Tor Sapienza, quartiere in cui si colloca Metropoliz. «Questa questione dei meccanismi risarcitori non è nuova, si era data anche rispetto le occupazioni di Caravaggio, Torrevecchia e viale delle Provincie dove sostanzialmente questi sgomberi diventavano delle priorità in virtù di questi meccanismi che passavano attraverso i tribunali civili, addirittura il proprietario di Torrevecchia aveva dichiarato alla Corte europea dei diritti dell’uomo dicendo che era stato violato il suo diritto umano alla proprietà», ricorda Margherita.

Nel Piano casa al centro dei riflettori mediatici di queste ultime settimane  c’è anche l’intenzione di vagliare l’ipotesi di acquisto da parte del Comune di Spin Time e di Metropoliz, entrambe storiche occupazioni abitative che hanno tessuto relazioni con il territorio aprendo i loro spazi, «ma, come tutti i passaggi del piano verrà poi messo a verifica di un’intenzione reale, è evidente che anche questi passi dentro la città dànno fastidio perché significa rimettere in discussione l’idea che la rendita può tutto e che c’è un diritto alla proprietà privata e lasciare interi pezzi di città vuoti in disuso, abbandonati vale al di sopra di ogni cosa», conclude Margherita.

Immagine di copertina da di Wikimedia Commons di Tomas Castelazo