ROMA

Finalmente a Roma si vara un piano per garantire il diritto alla casa

Mentre continuano gli sfratti e ogni giorno qualcuno viene lasciato in mezzo alla strada e mentre 27 immobili occupati sono sotto la minaccia dello sgombero, l’Amministrazione prepara un piano strutturale per affrontare il problema della mancanza di case per la fascia di popolazione che non può pagare i folli canoni di affitto che offre il mercato. Si pensa anche a come garantire il futuro di Spin Time e MAAM Metropoliz. Giovedì a San Basilio alle ore 17 è stato chiamato un corteo dal coordinamento per il diritto all’abitare

Succede a via Carlo Erba nel quartiere di Tor Bella Monaca. Un dispiegamento di carabinieri si materializza all’alba fra quelle case di due o tre piani per eseguire lo sfratto di una famiglia con una bambina di tre anni. Per non finire in mezzo alla strada alla famiglia viene proposto di separarsi: la madre con la bimba potranno andare in una casa famiglia, il padre no. Per ora hanno piantato una tenda nell’aula consiliare del VI municipio, con l’aiuto degli attivisti del picchetto antisfratto che erano intervenuti la mattina.

Succede anche a San Basilio, quartiere a nord-est di Roma. Famiglie che occupano alloggi Ater vengono sgomberate, anche se hanno fatto domanda per regolarizzare la loro posizione secondo quanto prevede la legge di sanatoria del 2020 della Regione Lazio. Sono 200 nuclei familiari che hanno i requisiti per l’assegnazione di un alloggio popolare, ma il ministro Piantedosi e il Prefetto di Roma Bruno Frattasi hanno deciso che quelle case vanno sgomberate, nonostante fosse prevista dalla legge, per queste categorie, la sospensione dei procedimenti di sgombero per 24 mesi. Una delegazione di inquilini delle case popolari di San Basilio, supportati dal sindacato Asia-Usb, pochi giorni fa è andata nella sede centrale dell’Ater per sapere cosa stava succedendo e la risposta è stata netta: il piano sgomberi non si ferma. Giorgia Meloni lo aveva annunciato in uno dei suoi video. «Procederemo allo sgombero delle case occupate ­– aveva detto –  e abbiamo già cominciato a fare quello che doveva essere fatto prima». Sulla stampa si racconta di «clan che occupano e sottraggono le case a indifesi cittadini», accomunando situazioni di malavita e spaccio con l’emergenza che vivono molte famiglie.

Non succede solo agli abitanti degli alloggi Ater. Gli sfratti esecutivi colpiscono ogni giorno famiglie in difficoltà, senza che vengano offerte loro soluzioni abitative alternative.

Così a Centocelle una donna sola con due bambini è stata svegliata dalle forze di polizia e lo sfratto è stato eseguito, a via Margutta gli ultimi due artisti anziani rimasti sono stati buttati fuori dall’immobile in cui vivevano di proprietà di un ex-Opera Pia e come loro tanti altri. Sono state più di 5mila le esecuzioni di sfratto a Roma nell’ultimo anno e il numero è destinato ad aumentare per la decisione sciagurata del governo di togliere i fondi per i contributi che venivano erogati alle famiglie in difficoltà. Il 90% delle sentenze di sfratto sono dovute a morosità incolpevole.

E poi ci sono gli immobili occupati elencati in una lista predisposta dalla Prefettura sui quali grava una minaccia di sgombero. Sono ventisette e per i primi cinque dell’elenco ci sono state sentenze della magistratura che riconosce il “giusto rimborso” ai proprietari per il danno subito per il mancato sgombero. Il primo stabile è l’ex fabbrica Fiorucci a via Prenestina di proprietà della società Caporlingua e Salini (Ca.sa srl), alla quale è stato riconosciuto dal tribunale Civile di Roma un risarcimento di 28 milioni di euro. Lo spazio ospita famiglie provenienti da tanti paesi e un museo.

Il secondo posto è per l’occupazione di via del Policlinico 137 dove dal 2009 vivono più di cento persone. L’edificio vuoto era inserito nel fondo “Patrimonio 1” gestito da Bnp Paribas Real Estate per la sua valorizzazione immobiliare, dal 2011 è di proprietà della Cammeo Azzurro srl. la cui ragione sociale è «affittacamere per brevi soggiorni, case e appartamenti per vacanze, bed and breakfast, residence».

Nell’elenco segue l’immobile di via Lucio Calpurnio Bibulo dove vivono dal 2006 circa 400 persone divise in 98 appartamenti. La proprietà iniziale era della società Araba Fenice, che l’ha ceduta alla Dierreci Costruzioni. Dopo diverse vicende penali che hanno coinvolto quelle società, portandole al fallimento, lo stabile è stato acquisito all’asta per 13 milioni di euro dalla società immobiliare Loanka Srl. che ha chiesto a titolo di rimborso per il mancato godimento del bene quasi tre milioni di euro.

L’elenco continua ed è lungo, sono migliaia le persone che vivono ogni giorno con la paura di essere buttate fuori dalle loro case. Mancano però le soluzioni alternative per loro e dunque gli sgomberi non si possono fare. È stato deciso nel corso di una riunione con il prefetto Bruno Frattasi e gli assessori competenti del Comune di Roma, perché la “soluzione Caravaggio” cioè la possibilità di garantire agli aventi diritto il passaggio da casa a casa senza uso della forza pubblica per liberare gli stabili occupati sembra oramai una procedura acquisita, ma senza la disponibilità di alloggi non è realizzabile.

Le case però non ci sono e i movimenti ribadiscono da anni che va approvato e finanziato subito un piano straordinario che affronti l’emergenza casa. Sembra che adesso finalmente la Giunta Gualtieri abbia deciso di mettere mano a questo piano.

Lo stanziamento iniziale dovrebbe essere di 200 milioni per essere poi incrementato di 500 milioni nei cinque anni successivi. Non si tratta di costruire nuove case, ma di acquistare case disponibili sul mercato e di operare attraverso il recupero e l’autorecupero di stabili inutilizzati.

Non si parla più di dismettere il patrimonio pubblico, ma di acquistare quasi 2mila alloggi disponibili sul mercato, iniziando da quelli degli enti, delle fondazioni, delle casse che sono tra i principali possessori di case in fase di dismissione. E poi c’è il tanto patrimonio immobiliare invenduto di operatori privati. Roma è da sempre una città di persone senza casa e di case lasciate colpevolmente vuote.

Come le occupazioni hanno insegnato, la città è disseminata di edifici lasciati inutilizzati per anni, che possono essere riconvertiti a uso abitativo. Queste esperienze sono state capaci di rigenerare pezzi di città e trasformare ruderi urbani in comunità solidali per l’abitare di tanti e tante. Per questo è una bella notizia quella che indica la volontà da parte dell’Amministrazione di presentare un’offerta per l’acquisto degli immobili di via Santa Croce in Gerusalemme “Spin Time” e di via Prenestina 913 “Metropoliz – MAAM” e garantire così a due esperienze di grande valore di continuare a rendere migliore la nostra città. Quello che è già avvenuto per l’occupazione di Porto Fluviale per la quale, dopo l’acquisto, è in programma la ristrutturazione utilizzando i fondi del bando europeo Pinqua.

La comunità di Spin Time scrive nel suo comunicato: «Le notizie che arrivano dal Campidoglio ci infondono speranza, ma non bastano. Servono risposte chiare, scritte nero su bianco. Serve discutere e approvare il Piano Casa in tempi rapidi, più rapidi di chi dice di voler mettere fine a questa esperienza nel nome della legalità». E continua: «acquistare e regolarizzare Spin Time significherebbe restituire a tutta la cittadinanza ciò che gli spetta di diritto. Riconoscere formalmente la funzione pubblica che svolge da anni. Dare finalmente a centinaia di famiglie e individui in emergenza abitativa una soluzione sicura, senza sradicarli da quello che ormai da dieci anni è il loro luogo di vita».

«Ovviamente siamo contenti se il Metropoliz e il suo museo abitato rientreranno nel piano casa del comune di Roma», afferma Giorgio De Finis, che dall’inizio ha contribuito a costruire questa esperienza e aggiunge: «Lo siamo sia sul fronte della questione abitativa sia perché è un riconoscimento dello straordinario processo artistico e culturale che ha visto lavorare insieme famiglie, movimenti e artisti affinché apparisse uno spazio utopico e molto reale in città».

Anche Paolo Di Vetta riconosce che aver considerato la possibilità che Metropoliz possa essere acquisito e recuperato senza stravolgere il ruolo che ha svolto nella città per anni è in importante segnale. «La bozza del piano casa – aggiunge – è però ancora solo una dichiarazione di intenti. Dobbiamo capire cosa si intenda fare e con quali tempi per garantire un alloggio a chi subisce sfratti, sgomberi e a chi ne ha diritto per le proprie condizioni economiche».

Per ora il piano è solo un documento su cui si aprirà la discussione in maggioranza. Speriamo che presto arrivi al voto del Consiglio Comunale e che questa volta il tema della casa sia affrontato e risolto veramente.

Immagine di copertina di Marta D’Avanzo