ROMA

Il Museo sorvegliato speciale: il dissenso dal palazzo al posto di lavoro

Sono circa 40 le e i dipendenti della Galleria Nazionale di Arte moderna allontanati per tre giorni dal loro luogo di lavoro per “prevenire” eventuali loro contestazioni a un evento dedicato al settore militare e non aperto al pubblico

Cosa succede se il dissenso viene represso non solo tramite parole ed eventi di chi detiene il potere ma anche tramite misure sul posto di lavoro? Succede quello che sta avvenendo in queste ore ai dipendenti e alle dipendenti della Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea (GNAMC). I e le dipendenti sono stati allontanati dal posto di lavoro per via del Forum Incontri sul Processo di Aqaba, iniziato ieri, si tiene da lunedì 13 ottobre 2025 a mercoledì 15, giorno in cui è prevista la presenza della presidente del consiglio Giorgia Meloni, oltre a tante altre importanti eminenze del settore militare e politico, come il Re di Giordania Abd Allāh II, ideatore del Forum.

Il personale in questione – “assentato” dal posto di lavoro – vive così una vicenda analoga e conseguente a quella avvenuta nell’ottobre dello scorso anno, quando alla GNAMC è avvenuta la presentazione del libro Perché l’Italia è di destra – Contro le bugie della sinistra, edito da Solferino, dell’ex-deputato Italo Bocchino, attuale direttore del giornale “Il Secolo d’Italia” edito dalla fondazione di Alleanza Nazionale, insieme al presidente del Senato Ignazio La Russa. Quell’ottobre, prima dell’evento, alcune e alcuni dipendenti del museo scrissero una lettera indirizzata alla direttrice, Renata Cristina Mazzantini, chiedendo che l’evento venisse annullato, in quanto “inopportuno” per via della sua natura propagandistica e per l’uso politico degli spazi della Galleria.

La lettera, sottoscritta da 40 dipendenti dell’istituzione museale, chiedeva chiaramente di annullare la presentazione.

Nella lettera veniva sostenuto infatti che «Il personale della Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea esprime il proprio fermo dissenso per l’utilizzo degli spazi del Museo a finalità di propaganda, e chiede pertanto di cancellare l’inopportuna presentazione nel rispetto della nostra istituzione culturale, della sua storia e della sua reputazione. Confidando in un suo sollecito riscontro, siamo disponibili a eventuali confronti e chiarimenti. In caso contrario potremmo ricorrere a forme di protesta atte a contestare l’utilizzo di un luogo pubblico a fini di parte e a difendere il ruolo democratico che un museo dello Stato non dovrebbe ipotecare per nessun motivo».

In risposta, la direttrice segnalò al Ministero della Cultura (e ad altre autorità competenti) i nomi dei lavoratori che avevano firmato la lettera di dissenso. L’evento si svolse nonostante tutto. Bocchino replicò: «scatta il razzismo ideologico e politico per cui io sarei un cittadino di serie B, un figlio di un dio minore». Ma insieme scattò subito la solidarietà e il sostegno ai e alle dipendenti coinvolti, soprattutto da parte dei sindacati vicini al museo e delle principali forze politiche di opposizione, come PD, M5S e realtà sociali e associative.

In seguito alla vicenda, tre membri su quattro del comitato scientifico si licenziarono: Augusto Roca, Stefania Zuliani e Federica Muzzarelli. L’Unione Sindacale di Base – USB – riportò in una nota la preoccupazione riguardo l’accaduto esprimendo il proprio sostegno ai lavoratori e alle lavoratrici che si ritrovarono a far parte di una situazione anomala e propagandistica.

Ora, a distanza di un anno, i lavoratori e le lavoratrici della GNAMC, in vista del Forum militare che vedrà la presenza di alti funzionari dello Stato e delle istituzioni, sono stati allontanati dal luogo di lavoro per svolgere un corso di formazione – non lavorativamente fondamentale – per ben tre giorni, presso la sede del Ministero della Cultura del Collegio Romano, proprio quanto il tempo di durata del grande evento.

Sono inoltre stati avvisati solo tre giorni fa, proprio a ridosso dell’evento che sta militarizzando in questi giorni l’intera zona della Galleria, anche se il contenuto dettagliato del Forum resta un segreto. Infatti chi lavora in Galleria fino all’ultimo momento non ha avuto informazioni su quali fossero i dettagli dell’evento per cui c’è stato il bisogno di allontanare i dipendenti. Sappiamo che saranno probabilmente presenti capi di Stato e che il dibattito riguarderà l’area militare, il terrorismo e le limitazioni della pirateria in Africa Occidentale. Insomma, un congresso sull’antiterrorismo in pieno centro a Roma.

Non tutti i e le dipendenti del Museo sono stati allontanati per seguire un corso di formazione: alcuni sì e altri no. Anche questo non è mai accaduto. Tra coloro i quali sono stati allontanati, ci sono gli stessi che lo scorso anno sono stati coinvolti dalla vicenda Bocchino, quando vennero segnalati al MIC dalla direttrice del Museo, circa il 60% dei dipendenti. Una situazione complicata, ora, per molti di loro, in quanto tanti lavoratori e lavoratrici del Museo sono turnisti, con tanti doppi turni e riposi programmati, che ora, per via dell’accaduto, dovranno essere rimodulati nella totalità. Inoltre, la dislocazione in questi tre giorni dal museo per i precettati appare come obbligatoria: chi ha chiesto di poter lavorare nella propria sede, presso lo GNAMC, ha avuto esito pienamente negativo, con la conseguenza di dover passare tre giorni con la negata possibilità di lavorare, venendo di fatto esclusi per un motivo difficile da considerare valido. Quello che emerge è un clima a tratti intimidatorio, indifferente alle richieste di confronto sindacale e democratico, che trascende la missione istituzionale dell’ente. Nonostante questo, la Galleria sembra smentire quanto accaduto.

Il cardine del problema va ben oltre la vicenda e riguarda l’uso degli spazi. Se si entra sul sito di biglietteria online Ticket One, i biglietti al Museo non sono disponibili.

Il Forum ospite in queste ore della GNAMC ha generato la chiusura di un sito della cultura per ben tre giorni: un caso con pochi precedenti, soprattutto dopo il Decreto Franceschini, o cosiddetto Decreto Colosseo (chiamato così per via di alcune chiusure di luoghi iconici, come il Colosseo, relativamente ad assemblee sindacali, suscitando critiche per il disservizio verso il pubblico e i turisti).

Il Decreto infatti – voluto dall’ex-Ministro della Cultura Dario Franceschini – introdusse nel 2015, tra le altre cose, l’essenzialità dei beni museali per tutela ma anche per fruizione. Così, i luoghi della cultura (siano essi statali, comunali, pubblici o privati) divennero beni pubblici essenziali, con conseguenze sulle prestazioni dei lavoratori e delle lavoratrici del settore, diventati a loro volta essenziali. Infatti, dopo il decreto, la chiusura, si configura un vero e proprio disservizio verso il cittadino, l’utente o il turista.

Il servizio essenziale alla fruizione dei luoghi di cultura ha così quasi superato anche il diritto allo sciopero, nonostante le limitazioni di alcuni casi. Ma non nel caso – come dimostrano oggi i fatti – del Forum militare! Insomma, i dipendenti in caso di sciopero – che siano, come accaduto, anche solo due ore di assemblea al Colosseo – possono essere precettati al lavoro, ma in caso di congressi con la presenza della Presidente del Consiglio, al contrario, vengono allontanati.

La Galleria Nazionale di Roma viene spesso affittata per eventi privati, ma solo e necessariamente quando non è aperta al pubblico: non è mai successo che chiudesse per vari giorni nella sua fruizione con, inoltre, una percentuale di dipendenti trasferiti obbligatoriamente in altra sede.

Il Museo ha sempre garantito le aperture, anche in condizioni difficili, e a oggi invece non si possono neanche fare i biglietti. Il potere negoziale è stato così ipotecato. Mentre arrivano i primi venti di solidarietà e note sottoscritte anche dai sindacati vicini alle e ai dipendenti del Museo, come CGIL, USB e UIL, ci si chiede fino a dove si può spingere la legittimazione della chiara deriva autoritaria del Governo. Il Governo e le istituzioni hanno chiesto di usare lo spazio della Galleria Nazionale D’Arte Moderna e Contemporanea, ma questo spazio – come le istituzioni stesse hanno sostenuto negli anni – non è uno spazio come gli altri, bensì un bene pubblico. Allora, quando il pubblico ha il diritto inderogabile di accedere ai beni pubblici? Quale è il limite delle eccezioni? I musei sono o non sono servizi essenziali per la fruizione? Alcune di queste riflessioni vanno chiaramente ben oltre il Museo. Un fatto grave, se confermato nella sua totalità. Presto dovranno arrivare le risposte a queste domande, in un modo o nell’altro, se si vorrà sventare un clima di tensione ulteriore nell’industria culturale. L’arbitrarietà dei diritti e delle regole al tempo del Governo Meloni è in piena fase di attrito sociale.

La copertina è di Helix 84 (Wikimedia)

SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS

Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno