EUROPA

Il movimento antiautoritario sul referendum greco

La posizione del movimento antiautoritario greco (AK) a proposito del referendum ed il loro sostegno al No. Referendum su una questione superata, di fronte ad una chiara responsabilità! English version

La nostra società è chiamata oggi a fronteggiare una situazione eccezionale e critica. Le istituzioni del governo non hanno più soluzioni da proporre di fronte a una crisi che,come un cancro, sta distruggendo le reti sociali, mentre diventa via via sempre più chiaro che la sopravvivenza del sistema può essere raggiunta soltanto tramite il sacrificio della società stessa. La situazione creata dal capitale finanziario internazionale e dalle istituzioni dello stato che lo rinforzano, ci sta conducendo con un ritmo accelerato verso l’imposizione di un erdurante totalitarismo, mentre lo stato di eccezione è diventato la condizione normale della nuova governance.

La Grecia è senza dubbio inclusa in questo esperimento. Seguendo le sprezzanti offerte delle istituzioni, il governo di Syriza ha deciso di condurre un referendum “come modo di continuare il negoziato attraverso altri mezzi”. Questo prova senza dubbio il fallimento del tentativo di raggiungere un “onorevole compromesso” che è stato proposto sino ad ora, con rumorosa insistenza, come la migliore soluzione. Come passo conseguente al Thatcheriano “There is no Alternative” questa imposizione del termine “realismo” conduce alla passività sociale ed è un tentativo di asservire la vita stessa. Il “realismo” dell’impoverimento continuo, della disoccupazione, dell’assenza di speranza, dell’abbandono definitivo di qualunque possibilità di raggiungere la felicità, della guerra e della repressione è molto lontano dal nostro senso comune e dalla nostra logica. La società necessità non soltanto di vedere cosa sta dietro le porte chiuse delle camere dei decisori politici ed economici, ma anche di muoversi per romperle.

La dissoluzione delle promesse capitaliste, l’impossibilità di creare una narrazione che dia qualche prospettiva al sistema, la guerra civile che comincia con divertente facilità e ridisegna i confini e gli accordi delle convenzioni internazionali del dopoguerra, conducono alla stessa conclusione: la Stato non può più determinare le regole che governano le nostre vite. E’ questo stato quello che Syriza vuole governare oggi. Syriza, tuttavia, vuole farlo, usando tutte quelle idee dominanti che hanno condotto al collasso del sistema che le ha nutrite. Syriza non sta cercando di distruggere l’ideologia del progresso, preserva interamente l’idea della crescita, continua a parlare di ricostruzione della produttività del paese, conducendo ad una situazione in cui è lecito dubitare fortemente che saranno ottenuti dei risultati. Il referendum proposto da Syriza non ha relazioni con il principio di democrazia diretta, poichè Syriza intende utilizzarlo come uno strumento per applicare pressioni nei confronti del direttorato Europeo. Il referendum proposto non prevede scambio di opinioni, discussioni e argomentazioni con la partecipazione della società, invece, essendo promulgato dal governo al potere, pone la domanda secondo la mentalità dello stesso governo, cercando un nuovo accordo sui cui contenuti la società non ha nessuna voce in capitolo.

Abbiamo bisogno oggi rinnovare il nostro riferimento al significato di una differente politica, orientata alla costruzione della società attraverso la democrazia diretta, l’autogestione, la costruzione costante di nostre proprie istituzioni, per distruggere il concetto per cui: “There is no alternative” e si deve obbedire ciecamente ad una teoria economica scriteriata. Una nuova ricostruzione produttiva non può essere basata sull’idea della crescita ma bensì sull’autogestione, la realizzazione di strutture cooperative, la possibilità per le persone di determinare la propria vita. Preferiamo pensare alla moneta nella sua normale dimensione di strumento per lo scambio la cui principale funzione sia riferita ai bisogni sociali.

Da quando siamo parte di un movimento per la rottura sociale della dittatura finanziaria internazionale (che nega qualunque idea di politica con l’obiettivo di mettere al suo posto la gestione della moneta come principale relazione sociale) dobbiamo a noi stessi di partecipare nella ricerca di strade che ci conducano a questa rottura. Oggi, alla luce delle attuali condizioni, non possiamo rimanere indifferenti di fronte alla polarizzazione che caratterizza la società di fronte a questo referendum.

Da una parte il voto “SI” significa esattamente accettare la trappola delle regole e dei regolamenti del direttorato, sancendo una servitù di lungo periodo per una società spaventata e sconfitta, a cui presto sarà chiesto di portare il peso della propria umiliazione, sancita come la nuova norma. Dall’altra parte,il significato di un voto NO è limitato in ogni modo dal governo che lo riconduce alla necessità di ottenere un nuovo accordo, di cui si può trovare un esempio nel documento di 47 pagine, e per giunta riferito ad un facilmente digeribile e abusato sentimento patriottico.

Questa polarizzazione, tuttavia, ha già superato i calcoli e le intenzioni del governo e, conseguentemente, la questione stessa del referendum. Questo attacco totale del direttorato estero e da parte del sistema che utilizza i media come una artiglieria, ha cambiato i termini della questione, trasformando il Si e il No in una contrapposizione più radicale, riferita all’UE e all’Euro. Tutte le azioni che ci hanno condotto all’asfissia economica sono state assunte utilizzando minacce, ultimatum e aggiustamenti economici.

Lo sforzo del governo di Syriza di combinare i bisogni sociali con la forza prepotente del denaro ha raggiunto il suo limite, mostrando chiaramente che “due angurie non possono stare sotto la stessa ascella”, come diciamo in Grecia. Uno non può stare in due barche differenti, come Syriza usava fare quando era all’opposizione.

Domenica, non importa quale sarà il risultato, il voto No non sarà facilmente gestibile da parte di coloro che lo hanno sostenuto e sarà possibile che i calcoli e le intenzioni del governo siano facilmente stravolti e superati. I movimenti che sono stati soffocati sino ad ora o si sono ritirati di fronte alla dinamica della rappresentanza, della delega, della speranza. Questa è l’opportunità che ci si presenta ora di prendere parte ad una battaglia che non è soltanto simbolica, ma sostanziale, portando autonomamente e senza leadership il peso e la responsabilità di una guerra contro il totalitarismo della moneta che per i potenti non rappresenta soltanto un valore commerciale, ma è considerata come l’equivalente delle stesse relazioni umane.

Non possiamo rimanere neutrali di fronte a questa possibilità che si pone di fronte ai movimenti e che dervia dalla polarizzazione che è avvenuta, noi siamo e saremo in tempo reale dove ciò che è libero, pubblico, sociale va contro il mercato e lo stato.

Di seguito il testo tradotto in italiano da www.cantiere.org