Il Medico e l’Ingegnere: quale idea di abitare?

Nel salotto di Formigli le impalpabili proposte di Marino e Marchini.

Ti candidi a d essere Sindaco di Roma, spieghi le tue motivazioni, presenti il tuo programma.

Di fronte hai la città che, se pure ti vanti di conoscere, ti accorgi, e questo avviene molto presto, ti si presenta diversa. Nei luoghi dove i “tuoi” ti dicono che è necessario andare per prendere voti; dove tu vai per la prima volta. In quelli dove “ti senti più o meno di casa” ma dove, questa volta , sceso dalla macchina, ti vengono raccontate storie di sofferenze, di esclusione, di privazioni.

Ascolti; sei costretto a farlo. Ovunque, e sempre, senti la stessa parola “casa”. Le case che non riescono ad essere abitate, da cui si viene cacciati, che sono state occupate, che stanno lì costruite da tempo e sono serrate e murate. Ti parlano di affitti insostenibili ora che il lavoro manca o sei in cassa integrazione, di interi pezzi di città misurati non più per stanze ma per “posti letto”. Di appartamenti dove stiparli. Che, attrezzati per offrire (sic!) questa forma di alloggio a studenti, precari, migranti, diventano veri e propri accumulatori seriali di indegne forme di rendita da sfruttamento.

Questa è oggi la Roma che ti viene incontro. Tu vai a Corviale perché nel tuo immaginario pensi (o qualcuno ti ha detto) che lì, o a Tor Bella Monaca (dove sarai subito dopo), ci sono le case popolari, i grandi interventi ossessivi, lì c’è emarginazione. Che, nella periferia, ti informa il tuo “staff” si vince la partita. E’stato così per le “giunte rosse” e, l’ultima volta, sono state proprio le periferie a premiare Alemanno, senza domandarsi troppo se fosse fascista o post fascista.

Devi andare così lontano, ma presto, solo dopo qualche giro, ti sei certo posto la domanda: “lontano da dove?”. Perché Roma, paradossalmente, te ne sei accorto?, è enorme e piccolissima al tempo stesso. Enorme come estensione territoriale. Tu, poi, ti ci addentri. Vedi case tutte identiche formare un continuo di amebe edilizie che si soprappongono fino a cancellare la stessa geografia. Fanno Roma tutta uguale, quindi, piccolissima.

Vedi infatti ovunque, e questo forse non lo avevi messo in conto, case che si aggrappano le une alle altre senza nessun servizio. Cerchi, invano, uno spazio urbano. Ti confondi perché quelle scatole che hai visto a Ponte di Nona le ritrovi a… Talenti. Gli stessi balconi prefabbricati cingono corpi tozzi e informi ovunque. Sei precipitato e senza troppi complimenti all’interno della città diffusa. Di quella melassa che giorno dopo giorno da ragione ad un punto del tuo programma “combattere il consumo di suolo”.

Ti dici così, e ti convinci, d’aver ragione, che i tuoi “consigliori” (bravi) questo punto lo hanno azzeccato.

Non ti accorgi, capita le prime volte è l’effetto straniante del meraviglioso urbano, che molte di quelle finestre, gli occhi delle case, sono chiuse e gli occhi spenti perché il patrimonio abitativo lasciato inoccupato (non abitato) rispetto l’edificato complessivo è passato dai 110mila alloggi del 2011 (9,6%) ai 250 mila di oggi (14,70%). I dati forse li conosci, ma vederli tradotti in mattoni e cemento…

Non te ne accorgi, ma ci troviamo all’interno di una vera e propria mutazione territoriale e tu ci sei dentro.

Da Medico sai bene che le arterie della città, per funzionare, devono far circolare al proprio interno il sangue rappresentato dall’abitare.

Da Ingegnere ti hanno insegnato che la città è la costruzione collettiva per eccellenza.

Da Sindaco, quello che tu ora vuoi essere, sai che al governo del territorio è affidata l’opera di mediazione tra interesse pubblico e privato. Tu dici che vuoi far ritornare Roma orgogliosa di sé. Tu che, visto che di case hai una certa “tradizione” di famiglia, sei pronto, in sei mesi, a risolvere il problema dell’emergenza abitativa.

Solo che il Medico si dimentica di diagnosticare la patologia dell’emergenza abitativa e l’Ingegnere che quelle masse di cemento inabitate non sono pezzi dimenticati, ma sono enormi massi scagliati da quella sorta di catapulta orientata, nella scelta del luogo dell’atterraggio, dal potere finanziario e con alla manovra, quello immobiliare.

L’emergenza abitativa è determinata (anche con il piano regolatore di Veltroni e i deliri urbanistici di Alemanno) e inverata dalla città diffusa. Proprio da quegli spazi indefiniti, in cui vaghi nei pomeriggi assolati con santini, striscioni, camper elettorali; dove incontri comitati e persone che ti dicono e mostrano insopportabili forme di privatizzazione nel territorio di ogni risorsa naturale; dove ti accorgi che siamo costretti a vivere in spazi dove tutto il territorio è merce (anche ognuno di noi) per assicurare ai pochi di poter continuare ad accaparrarsi immediatamente rendita e profitto.

Che tutto questo produce, anche il tenere vuote le case, denaro; che per farne ancora di più è stato deciso di farla finita con la città pubblica. Che non basta opporsi alla svendita della città. Occorre metterne in discussione la vendita.

Il Medico tira fuori il proprio ricettario e verga con calligrafia comprensibile la prescrizione di 700 euro a ogni famiglia sfrattata per “partecipare” all’affitto di una casa per vivere “in appartamenti dignitosi” e farla finita con i residence. Troppo e troppo poco.

Troppo per chi ha sottratto all’abitare per tanto tempo parte del proprio patrimonio. Un contributo non calmiera infatti il mercato degli affitti, ma, anzi, produce l’effetto di spingerlo, sommando al contributo comunale il proprio, verso l’alto. Troppo poco perché non vede che la città è attraversata da una forte ondata di pignoramenti di case per non aver “ onorato” il mutuo e di sfratti. Il bonus è il rimedio di un medico pietoso che cerca si aiutare il malato, che lui sa gravissimo, solo a trovare un altro letto in un ospedale privato che, accogliendolo, ingrasserà le proprie rette oggi in sofferenza.

L’Ingegnere, che di finanza certo se ne intende, vuole mettere tutti d’accordo, eliminare ogni forma di conflittualità. Le scorribande finanziarie mondiali (leggi quelle che ci hanno ridotto alla miseria , quelle che ovunque hanno dispensato disperazione che lui chiama “ i mercati”) hanno prodotto un surplus di denaro – dice nella sua ennesima partecipazione televisiva- che è pronto a intervenire su Roma. Questo permette di “far incontrare domanda con offerta”. Chi cerca casa sarà aiutato dal Comune “con l’esenzione totale di Imu e Tares e – continua- faremo degli accordi per cui anche acqua, e luce siano più bassi in modo che ci possa essere la possibilità di avere accesso alla casa perché è un diritto di tutti”.

Insomma i costruttori -che ricordiamo fissano il prezzo di vendita del bene sommando al quello di costruzione il valore del terreno spesso da loro acquisito come agricolo- vedrebbero assicurate ancora, con pochi sacrifici, le loro operazioni di rendita, conferendo ai fondi immobiliari il loro patrimonio. Il fondo per garantire gli investitori – che ricordiamo sono quelli che spacchettano le case facendo di porte, muri, finestre, solai, stanze asettiche, cedolari che hanno come obiettivo la loro riscossione- tarerebbe il mercato delle vendite e degli affitti secondo i tassi d’interesse. Noi dovremmo continuare a fare quello che la finanza ha deciso per noi: indebitarci a vita per assicurare a loro rendita e profitto.

Non è un caso che Medico e Ingegnere, ieri sera vedendo lo sgombero del palazzo di Tor Teste, abbiate taciuto sull’altro abitare possibile scelto dai movimenti: l’occupazione di quel patrimonio che ha distrutto l’abitare di tutti noi . Non avete detto no agli sgomberi ma certo non avete fornito indicazioni possibili per non continuare che questo avvenga.

Resistere non serve a nulla.