ROMA

Il caso Cospito e il diritto penale del nemico

Dal 20 ottobre scorso Alfredo Cospito è in sciopero della fame nel carcere di Sassari: ha già perso un terzo del suo peso corporeo e inizia ad avere problemi con il funzionamento dei muscoli involontari. «Ma il morale è alto», ha riferito alcuni giorni fa la sua dottoressa a Radio Onda d’Urto. Il prigioniero anarchico contesta il regime di 41 bis e la possibilità che la sua lunga pena sia tramutata in ergastolo ostativo.

Dallo scorso anno, infatti, il ministero della Giustizia guidato da Marta Cartabia ha deciso di sottoporlo al regime carcerario più duro, introdotto nell’ordinamento penitenziario per interrompere i contatti tra i boss mafiosi e le loro organizzazioni di riferimento. Prevede isolamento, limitazione di ore d’aria e visite, divieto di leggere libri e giornali. Significa deprivazione sensoriale, psichica e fisica.Inoltre, la Cassazione ha riformulato l’imputazione per le bombe alla caserma dei carabinieri di Fossano del 2006 da «strage comune» a «strage politica».

Il reato più grave dell’ordinamento italiano, non utilizzato nemmeno nelle stragi di mafia, come quelle di Capaci o via d’Amelio, o in quelle fasciste, da piazza Fontana alla stazione di Bologna. Stragi vere, con morti e feriti che a Fossano non ci sono stati.

Sarà la Consulta a decidere se, come richiesto dai legali della difesa, la Corte d’Assise d’Appello di Torino potrà utilizzare, nonostante la recidiva, l’attenuante della «particolare tenuità del fatto» che permetterebbe una condanna diversa dall’ergastolo ostativo. Il quale esclude anche per il futuro i benefici previsti dalla legge.Il caso Cospito si inserisce in una dinamica di «sempre più diffusa e disinvolta sottrazione delle garanzie processuali» agli imputati anarchici. Lo hanno denunciato a ottobre scorso una ventina di avvocati di diverse città italiane con una lettera in cui avvertono che è in corso una «deriva giustizialista» in cui si fa strada un diritto penale del nemico «riservato ai soggetti ritenuti pericolosi, destinatari di provvedimenti e misure rigidissimi, nonché di circuiti di differenziazione penitenziaria».

In un paese in cui il paradigma garantista viene utilizzato dalle destre per garantire l’impunità a chi commette reati economici e ambientali, chi pratica il conflitto sociale subisce un’offensiva penale e amministrativa fatta di carcere, multe, sorveglianza speciale, criminalizzazione. Su questa strada gli anarchici rischiano di fare da apripista.Nelle strutture penitenziarie italiane, intanto, il 2022 è stato un anno da record: 203 morti e 84 suicidi. Nel chiuso di quei luoghi, nelle celle, dietro le sbarre, poi, si moltiplicano le inchieste per tortura a carico dello Stato: dalla prigione di Ivrea a quella di Reggio Calabria, passando per Santa Maria Capua Vetere.

Della vicenda di Alfredo Cospito, di diritto penale del nemico e sistema carcerario italiano discutiamo domenica 15 gennaio alle 17.30 con:

🔸Flavio Rossi Albertini, difensore di Alfredo Cospito
🔸Ludovica Formoso, avvocata di imputati anarchici
🔸Luigi Manconi, sociologo ed ex senatore
🔸Lorenzo Tardella, avvocato e responsabile di Antigone Lazio

a Esc Atelier, Via dei Volsci 159, Roma