EUROPA

Grecia – L’opposizione sociale nel cortile di ERT

Il governo Samaràs tira dritto e vira a destra.

*attivista del Network for Political and Social Rights (Diktyo), ha scritto questo articolo appositmente per DinamoPress e AteneCalling, la traduzione è a cura di AteneCalling

Il governo Samaràs, abbassando l’interruttore della radio e della televisione pubblica e oscurando gli schermi televisivi, ha dato una prova di forza e ha preso una connotazione di estrema destra. Un gesto che, tranne che per il governo e per Alba Dorata (che lo ha sostenuto), era semplicemente inconcepibile per tutti e tutte in questo paese. Lo shock subito dalla società ha generato una grande ondata di solidarietà nelle persone che da diciassette giorni continuano a riunirsi davanti alla sede dell’ERT, mentre i lavoratori e le lavoratrici hanno occupato l’edificio dal primo giorno e trasmettono 24 ore su 24 i loro programmi radiotelevisivi in autogestione. I dirigenti del Primo Ministro non avevano calcolato che esistono ancora riflessi di democrazia e di difesa dei beni pubblici nella società che hanno steso sul letto di Procuste, per farla a pezzi, sin dal 2009. Non avevano previsto che le calunnie proclamate sui canali televisivi dagli zelanti impresari che hanno sostenuto il potere in tutti questi anni, ogni volta che alcuni lavoratori intraprendevano una battaglia, questa volta non avrebbero funzionato. Non avevano previsto che il movimento greco di resistenza, che da cinque anni lotta nelle strade, nelle piazze, nelle occupazioni, nelle azioni di solidarietà, si sarebbe potuto dimostrare così resistente e caparbio. Nonostante la lotta di classe del movimento sindacale organizzato non sia all’altezza della situazione, sono stati trovati metodi di auto-organizzazione e di autogestione che alla fine costringono anche i sindacalisti a sostenere alcune mobilitazioni.

La ERT è diventata una battaglia importante e ha già “mangiato” il governo (il partito DIMAR ha lasciato la maggioranza), esattamente come il movimento delle piazze aveva “mangiato” il governo di allora, quello del Pasok. Al di là dell’idea che si sono fatti la maggior parte dei pezzi del movimento sui giornalisti (non tutti) e sul loro ruolo, questa battaglia è al di sopra di ogni critica. Da un lato della trincea sta il governo e ciò che rappresenta: i creditori, il saccheggio dei beni comuni, l’estrema destra, il cinismo, la subcultura, le pratiche fasciste, la repressione e la sfrontatezza. Dall’altro ci sono le persone che lavorano, i disoccupati/e, i movimenti, i semplici cittadini democratici, le forze organizzate della sinistra e gli antiautoritari, la cultura, la difesa di una vita dignitosa… di una vita e non della sopravvivenza! Samaràs è riuscito nell’impossibile: è riuscito a unire tutti quelli che lottano dal basso contro di lui. Qualsiasi cosa accadrà, il risultato di questa battaglia non sarà immediatamente visibile. Anche se la polizia entrerà nel palazzo della radio, la situazione non sarà mai più la stessa, perché tutto ciò che è successo in questi giorni alla ERT e in ogni edificio ERT in tutta la Grecia ha sconvolto le cose: quello che è accaduto ha cambiato strutturalmente le persone. L’acqua dei fiumi non può tornare indietro!

Il fatto che questa volta ci sia un mezzo, la radiotelevisione, che trasmette “illegalmente” da molti siti, blog e stazioni radio è molto importante per la completa generalizzazione di questa lotta, nonostante i quasi 3.000 lavoratori di ERT, pur potendo, non si sono ancora collegati come dovrebbero con le altre lotte della società greca: la Metro, gli insegnanti, gli abitanti della Calcidica, gli ospedali, la Vio.Me., le migliaia di licenziati/e. Neanche il collegamento dell’edificio, cioè dei lavoratori, con la gente che era nel cortile del palazzo è stato un successo completo, ma questo è un altro tema di discussione.

La ERT non è solo un mezzo di informazione e intrattenimento (con tre stazioni televisive e ventotto stazioni radiofoniche in tutta la nazione), è un bene comune perché non lo paga lo Stato, ma i cittadini con la bolletta della corrente. È un bene politico perché ha stazioni radiofoniche che trasmettono musica che nessuno ascolterà mai su una radio commerciale, perché ospita artisti che non verrebbero mai invitati da nessun canale privato, perché dispone di orchestre e bande musicali sorprendenti e del più grande pezzo di storia della nazione: l’archivio storico (digitalizzato) di inestimabile valore. È quindi anche una memoria collettiva. Non è nemmeno da discutere quanto varrà in denaro a chi ne otterrà il possesso.

Tutto questo e molto altro spiega anche la reazione di massa del popolo, nonostante la ERT sia sempre stata duramente criticata perché le amministrazioni e i dirigenti hanno guidato (facilmente) i lavoratori a trasmettere propaganda pro-governativa.

Sicuramente l’avversario non è debole e non è solo, per questo mantiene ancora gli schermi oscurati, nonostante le sentenze dei giudici secondo cui la radiotelevisione pubblica deve andare subito in onda. L’avversario ha il capitalismo dalla sua parte e questo basta: ha lo stato e la polizia, il denaro e i mezzi d’informazione, gli imprenditori e i padroni di ogni tipo. La prima reazione del governo dopo il colpo ricevuto è stata l’irrigidimento della politica che vuole la povertà, il saccheggio, la totale vittoria della barbarie del profitto e la completa sottomissione alle direttive dell’U.E. e della signora Merkel. Tutto ciò si è riflesso nel rimpasto dei ministri e nel nuovo governo, che è composto da neoliberali duri, amanti della catastrofe sociale, favorevoli ai creditori e agli appaltatori, insieme a chiari fantocci di estrema destra di cui non si sa se ridere o piangere. Come ha detto un importante attore greco al neo ministro della salute, simpatizzante di estrema destra, citando una frase dell’Antigone di Sofocle: “la sfrontatezza genera tiranni!”.

Ma una cosa è certa: abbiamo molta strada davanti a noi e non possiamo dimenticare in nessun momento quanto aiuta la solidarietà internazionale e quanto è utile sintonizzare le nostre lotte con le lotte internazionali. Ogni giorno che passa diventa sempre più chiaro che non è solo la Grecia che si trova ad affrontare queste situazioni, ma tutta l’Europa.