EUROPA

Freed from desire! Per una primavera di sciopero sociale

La primavera 2018 in Francia si è aperta con una nuova sequenza di mobilitazione sociale potenzialmente decisiva per il numero di settori sociali interessati, per la posizione strategica che alcuni di questi occupano nelle catene del valore e per le poste in gioco che essa pone a livello continentale a fronte dell’attuale configurazione dei rapporti di forza europei. Dopo le prime grandi manifestazioni di massa dei ferrovieri e l’intensificazione delle dinamiche di resistenza sindacale, altri settori sociali e lavorativi si sono aggiunti alla mobilitazione. Contemporaneamente, le principali università del paese si sono mobilitate contro la nuova legge approvata a marzo (la Loi ORE) che restringe l’accesso all’università sulla base di una logica fortemente “meritocratica”. Attualmente si registrano atenei bloccati e occupati in tutto il paese, con l’imposizione dello slittamento o del voto politico per gli esami previsti nel semestre primaverile. Solo nella giornata di ieri (giovedì 12 aprile) quasi tutte le università parigine si trovano in stato di intensa agitazione, mentre l’occupazione della sede storica della Sorbona – dichiarata in seguito al divieto di tenere nella corte un’assemblea interfacoltà – viene sgomberata con la forza dai CRS. Mentre scriviamo, migliaia di persone si sono radunate per difendere la Comune Libera di Tolbiac, occupata da due settimane, vero e proprio bastione della mobilitazione universitaria. Da qualche giorno sono inoltre in corso le operazioni militari di sgombero della ZAD di Notre-Dame-des-Landes, una vendetta programmata dal governo a seguito della vittoria di una lotta che in questi anni, mentre respingeva il progetto di una grande opera devastatrice di un territorio, ha sperimentato e consolidato un nuovo modo di vivere insieme.

Con questo testo vogliamo proporre qualche pista di analisi sul quadro generale della situazione.

 

 

Congiuntura attuale

Alla sconfitta della lotta contro la Loi Travail dell’estate 2016 non ha fatto seguito il tradizionale “riflusso” del movimento. Il consolidamento dei nodi e delle forme di auto-organizzazione sociale non si è mai del tutto esaurito. Nel mentre, le centrali sindacali francesi hanno continuato a perseguire una strategia improntata alla difesa delle garanzie e dei diritti sociali ancora esistenti. La mobilitazione dello scorso autunno contro la seconda Loi Travail promossa attraverso le ordonnances dal governo Macron ha fatto emergere una serie di limiti interni alla strategia sindacale e di movimento. Da un lato, una certa incertezza tattica, in particolare di fronte al tentativo di canalizzare quel ciclo di lotte all’interno del progetto politico diretto da Mélenchon. Dall’altro, le difficoltà nelle dinamiche di conflitto espresse dal cortège de tête, all’interno del quale una certa ritualizzazione dello scontro sembra aver prevalso rispetto all’efficacia dello scontro stesso, in particolare a seguito della parziale riconfigurazione del dispositivo repressivo poliziesco.

In questo quadro, il governo ha pensato di avere le mani completamente libere: dopo le ordonnances, le aggressioni si sono moltiplicate senza sosta assumendo la forma di una vera e propria offensiva generale. La Loi Travail 1 (approfondendo la precarietà del lavoro e concentrando gli attacchi contro i sindacati e il salario diretto) e la Loi Travail 2 (smantellando i diritti sociali ed estendendo l’attacco al salario indiretto) hanno così preparato il terreno a una vasta serie di operazioni mirate, che si iscrivono complessivamente nella logica neoliberale: vasto piano di liberalizzazione e di privatizzazione del settore pubblico, riforma del BAC (maturità) e dell’accesso all’università,  legge sull’immigrazione e sul diritto di asilo, inasprimento dei controlli sui sussidi di disoccupazione, ricalcolo delle pensioni, riduzione degli APL (contributi pubblici per gli affitti).

Un programma che nasce dalle aspirazioni di Macron alla leadership europea e che, allo stesso tempo, soddisfa le aspettative e le compatibilità della governance neoliberale. La Francia è infatti “in ritardo” rispetto a molti suoi vicini in termini di liberalizzazione del mercato del lavoro e di riduzione delle garanzie sociali. Sconfiggere i ferrovieri, uno degli ultimi residui del movimento operaio tradizionale, e i residui di welfare ereditati dallo Stato keynesiano consentirebbe effettivamente a Macron: 1) di affermare la sua esperienza di governo come nuovo modello politico su sala europea; 2) di accelerare la destrutturazione delle organizzazioni sindacali in settori ancora relativamente protetti.

La battaglia di Macron contro i ferrovieri sembra in questo senso un vero e proprio all-in, che non può che ricordare i conflitti degli anni Ottanta tra l’amministrazione Reagan e i piloti aerei o quelli tra la Thatcher e i minatori. La partita che si sta giocando intorno allo statuto degli cheminots (ferrovieri) e più in generale intorno al futuro della SNCF (la società di trasporto pubblico ferroviario francese) è in questo senso uno vero e proprio spartiacque: il risultato, qualunque esso sia, comporterà un cambiamento importante dei rapporti di forza su scala europea; la sconfitta di queste lotte è decisiva per la tenuta del progetto neoliberale, mentre la vittoria del movimento potrebbe porre le basi per un nuovo ciclo di mobilitazione continentale.

 

 

Prospettive di lotta

Il clima di effervescenza sociale che si è protratto in maniera intermittente, dopo l’approvazione della Loi Travail nel giugno 2016, ha contribuito alla costruzione delle condizioni materiali e organizzative del movimento che si sta esprimendo, con un’intensità crescente e una progressiva disseminazione, in particolare da qualche settimana a questa parte. In questo movimento si stanno coniugando due dinamiche complementari: sul breve periodo, quella dell’opposizione immediata al governo e alle leggi attualmente in approvazione; sul medio termine, quella della costruzione di terreni di autonomia (nella società, nei luoghi di lavoro e della formazione), di luoghi cioè capaci di sperimentare delle contro-istituzioni non sovrane e anticapitaliste.

Su queste basi, la mobilitazione è allora riuscita nelle ultime settimane ad affrontare due ostacoli: gli attacchi delle milizie fasciste contro le occupazioni universitarie e le strumentalizzazioni mediatiche e politiche di quest’ultime. La persistenza del conflitto attraverso la sua auto-organizzazione ha permesso di superare tali ostacoli grazie alla produzione di un détournement dell’informazione, che lavora a una narrazione potenzialmente egemonica, attraverso il ricorso a immagini e dichiarazioni anonime – talvolta in stile situazionista. Pensiamo, ad esempio, alle auto-conférences con le quale gli studenti della Comune libera di Tolbiac si sono rivolti al paese intero e alle altre componenti della mobilitazione. Si registra perciò una rottura rispetto alla presenza di leader e portavoce emersi durante i movimenti precedenti.

La necessità di agire per la proliferazione e la connessione dinamica di foyers di lotta – piuttosto che per un’astratta “convergenza” dei vari conflitti sociali in corso – è ormai evidente. La sfida che stanno affrontando le mobilitazioni oggi è quindi piuttosto quella di far crescere ciascuno di questi foyers articolandoli a partire dalle loro esigenze specifiche. A questa sfida le mobilitazioni sembrano rispondere attraverso la pratica informale dell’inchiesta politica – una forma di conricerca diffusa – come testimoniano le recenti congiunzioni tra studenti, ferrovieri, personale ospedaliero e lavoratori della logistica. Momenti di confronto regolari tra questi settori in lotta si stanno svolgendo nella Comune Libera di Tolbiac così come nelle altre università e in tutte le assemblee generali delle stazioni ferroviarie.

La mobilitazione dei ferrovieri – dato il suo impatto economico e le sue ripercussioni generali – innesca una dinamica che va oltre i suoi limiti corporativi, coinvolgendo altri foyers nei posti di lavoro come nelle università. Il tessuto del movimento, così composto, ci ricorda che le differenti misure governative discendono da una medesima strategia di governance: non ci può essere distruzione completa dei diritti sociali senza una riforma meritocratica dell’educazione nazionale, né una flessibilizzazione effettiva del mondo del lavoro senza una precisa gestione delle frontiere e, di conseguenza, della forza-lavoro migrante. In questo contesto, la pratica dell’inchiesta militante – che ha scavalcato le frontiere tra l’Italia e la Francia – conferma dunque uno dei suoi punti di forza: la capacità di intensificare la produzione di conoscenze situate in grado di rafforzare l’organizzazione delle lotte e il loro coordinamento orizzontale, al fine di rovesciare i rapporti di forza sociali vigenti. I lavoratori delle ferrovie, ad esempio, conoscono il funzionamento della rete ferroviaria e sanno quando, dove e come interromperne i flussi per bloccare o destabilizzare l’intero sistema di trasporto ferroviario. Si tratta quindi di sviluppare conoscenze pratiche al loro fianco, conoscenze che potrebbero diventare fonte di iniziative e di azioni. Quanto alle occupazioni universitarie, esse stanno già fornendo un sostegno materiale ai vari scioperi e blocchi, contribuendo così a rompere la strategia del governo volta a isolare i lavoratori e a frammentare gli ambiti della negoziazione sindacale.

 

 

Verso lo sciopero sociale

La combinazione delle dinamiche fino a qui evocate disegna per le prossime settimane un orizzonte di socializzazione dello sciopero. Si impone la necessità di uno sciopero sociale, che si componga di una pluralità di soggetti in sciopero (studenti, precari, lavoratori dipendenti e autonomi, migranti e sans papiers, disoccupati) e di una molteplicità di pratiche di lotta. In questo contesto, la logistica (vale a dire il settore della circolazione delle merci e delle persone) appare determinante. I ferrovieri sono senz’altro il principale bersaglio del governo, nonché la soggettività più forte e organizzata nella lotta. Ma la logistica va ben oltre le sole linee ferroviarie: si estende nelle ramificazioni della metropoli produttiva, attraverso i suoi viali, le sue reti autostradali, passa attraverso i porti, gli aeroporti e i magazzini della grande distribuzione. Il divenire sociale dello sciopero potrebbe perciò declinarsi nella generalizzazione della pratica del blocco, nell’amplificazione delle assemblee di base nelle stazioni, nell’interruzione dei flussi commerciali e delle merci: in altre parole, come uno sciopero logistico, da combinarsi con le pratiche affermative di auto-organizzazione immediata cui stanno dando vita le occupazioni universitarie.

Lungi dal difendere lo status quo, infatti, il movimento universitario è cosciente che il principio della selezione è già strutturalmente integrato al funzionamento dell’intero comparto della formazione. Questo ultimo, com’è noto, funziona in Francia a “velocità variabile”, secondo una rigida stratificazione interna funzionale alla riproduzione della totalità della forza lavoro. La critica all’insegnamento impartito nelle università, così come la vasta partecipazione a questa lotta della schiera dei precari che in essa sono impiegati per garantire le funzioni didattiche e di ricerca, mostra il carattere non puramente difensivo del movimento. Lo spazio pubblico di molte università è investito infatti da una progettualità diversa (attraverso seminari di autoformazione, momenti di dibattito, assemblee) che trasforma nell’immediato l’esperienza quotidiana di questi luoghi. Le università occupate e autogestite diventano dunque poli di affermazione di nuove forme di vita in comune, e sono destinate, in questa prospettiva, a costituirsi come centri di accumulazione di forza e punti di partenza per le azioni di blocco. In sintesi, si tratta di luoghi di concentrazione diffusiva della mobilitazione. Lo sciopero sociale è qui accompagnato da una lotta affermativa che si esprime nella sperimentazione concreta di una rottura e di un’alternativa. Il sabotaggio dell’applicazione tecnica della selezione (attraverso la piattaforma Parcoursup) discusso nelle assemblee degli studenti e dei precari della ricerca si riferisce anche alla possibilità concreta del passaggio dall’opposizione alla riforma alla pratica di un’altra università, aperta e critica: un’università del comune, al di là di del pubblico e del privato. Se i blocchi e le occupazioni costituiscono oggi delle fortezze che corrono il rischio di essere assediate, i lavoratori della logistica cercano il sostegno degli occupanti. Si tratta ora di far straripare i blocchi e le occupazioni, di produrne il débordement, all’interno delle metropoli e delle sue reti, per sabotare tutte le forme di selezione in uno stesso movimento di positività e affermazione.