editoriale

Fioriere Lives Matter

A Firenze, il giorno dopo le elezioni, un italiano, bianco, esce per strada e uccide un uomo senegalese. I connazionali scendono per le vie per protestare, rovesciano delle fioriere. Il sindaco del PD, Nardella, chiarisce che l’omicidio non è a sfondo razziale e condanna la violenza sulle fioriere. Qualcosa non torna

Il giorno dopo le elezioni politiche più razziste e xenofobe degli ultimi anni, un uomo senegalese di 54 anni di nome Idy Diane è stato ucciso mentre camminava per la strada, raggiunto da vari colpi di pistola sparati da Alberto Pirrone, italiano, bianco, di circa sessant’anni.

Succede a Firenze, a mezzogiorno, sul Ponte Amerigo Vespucci, in pieno centro. Pare che Pirrone volesse suicidarsi da tempo per via di gravi problemi economici, ma non trovando la forza, ha deciso di uscire di casa armato in cerca di qualcuno da ammazzare per assicurarsi una lunga permanenza in carcere, così da non gravare più sulla sua famiglia. Così, una volta giunto in centro ha scelto la sua vittima. Pare che abbia evitato di sparare a una coppia e a una mamma con un bambino, ma una volta che ha avvistato Idy Diane non ha esitato ad aprire il fuoco. Infine è stato subito arrestato e portato in questura. All’istante le autorità cittadine si sono affrettate a negare che l’omicidio fosse a sfondo razziale, dicendo che era un folle, uno squilibrato, un disperato, assolutamente sganciato da organizzazioni politiche di destra.

Subito, la notizia dell’omicidio si è diffusa in tutta la città e la comunità senegalese di Firenze si è data appuntamento sul luogo del delitto per poi partire in corteo alla volta del Comune, dove è salita una delegazione guidata da Papa Diaw per parlare con il sindaco Dario Nardella, che inizialmente non si è fatto trovare e in più non è mai sceso dal suo castello per portare solidarietà e vicinanza alla moglie di Diane e alla comunità tutta. Ovviamente questa decisione poco lungimirante ha trasformato in rabbia la semplice domanda di spiegazioni sull’assassinio di un connazionale, infatti il corteo è ripartito alla volta della Stazione dei treni e lì è stato fermato e come se non bastasse quasi caricato dalla Polizia. Durante il brevissimo tragitto sono state rovesciate alcune fioriere e buttate giù alcune recinzioni dell’eterno cantiere della tranvia.

Tragedia. Improvvisamente tutte le testate giornalistiche della città, prima fra tutte La Nazione, i commenti sui social e l’indignazione fiorentina si sono lanciati in fiere condanne della violenza, dando il via a un circo mediatico in cui il corpo nero di Diane è stato sacrificato nel nome delle povere sei fioriere colpite e lasciate a terra nell’indifferenza di tutti. A rinfocolare la polemica ci si è messo anche Nardella condannando l’omicidio delle fioriere e ripetendo che invece l’omicidio di Diane non era a sfondo razziale, ma Pirrone era semplicemente uno squilibrato, semmai solo appassionato di armi. Qualcosa non torna.

È d’obbligo ricordare che Firenze è già stata colpita da un episodio analogo il 13 dicembre 2011, quando un fascista di CasaPound uccise due senegalesi e ne ferì altri tre a Piazza Dalmazia. Da quel giorno, però, sembra sia cambiato qualcosa, nella rossa Firenze oggi profondamente sbiadita in un rosa-verde inquietante. Domenica scorsa la Lega Nord ha raggiunto il 17 per cento in Toscana e negli ultimi anni si sono moltiplicate le aggressioni fasciste e razziste a Firenze e in molte città della regione, ai danni di migranti e di studenti medi.

Forse non ci sono le camicie nere con gli anfibi e le teste rasate, forse questa volta l’assassino non aveva tatuaggi esplicitamente fascisti come Traini, magari neanche si sarebbe dichiarato fascista; certo è che in mezzo a tante persone incontrate, tutte bianche, ha sparato all’unico volto nero che gli si è palesato dinnanzi. Forse esistono vite meno vivibili di altre, perché appaiono inutili e solitarie, o sostituibili con altre, infondo Diane faceva il venditore ambulante, come tantissimi altri, quindi a chi poteva mancare? Era nero e apparentemente solo come tanti altri e dunque assolutamente sacrificabile. Senza voler fare un’approfondita igiene dell’assassino, quel che più salta all’occhio è la risposta dell’amministrazione cittadina, più attenta a condannare le violenze subite dalle fioriere anti-terrorismo islamico che l’omicidio di una persona per mano di un fiorentino.

Non basta, la scorsa domenica Firenze era rimasta sotto shock per un’altra morte improvvisa, questa volta naturale ma soprattutto bianca e giovane, si trattava infatti del capitano della Fiorentina Davide Astori, un evento per cui Nardella non ha esitato a proclamare il lutto cittadino con drappo nero su Palazzo Vecchio. Qualcosa non torna. Sembra quasi che ogni volta che c’è un episodio chiaramente razzista, questa volta forse inconsapevole, le autorità italiane, spesso di parte PD, si affrettino subito a derubricare gli accaduti sotto la categoria di “episodio folle” per neutralizzarlo, per evitare di  prendere una posizione chiara. Forse qualcuno dovrebbe avvisare Nardella che la campagna elettorale è finita e che il suo partito è andato anche parecchio male, come si dice a Firenze. Non solo, ogni volta che c’è una risposta giudicata dal comportamento troppo veemente questa viene condannata come “violenta” e messa sullo stesso piano della violenza ben più grave che l’ha provocata.

Oggi dunque i violenti sarebbero le decine di senegalesi che hanno attraversato le strade di Firenze per urlare la loro rabbia e che, quasi in modo animalesco e bestiale, come risulta dalle descrizioni giornalistiche, hanno preso di mira i simboli del decoro urbano di Nardella.

Così il migrante nero, secondo il fiorentino e  l’italiano medio, deve solo ringraziare di essere stato salvato da Mamma Italia che l’ha accolto, ripulito e arricchito, e non può manifestare in modo radicale il proprio dissenso, anzi deve stare al suo posto, meglio se invisibile. Non può alzare la testa e non può uscire da quella condizione di minorità a cui sembra destinato e che viene ben descritta da SkyTG24 che parlando della protesta fiorentina afferma che «è sembrato che i senegalesi prendessero le decisioni in modo autonomo».

Viene da chiedersi cosa vuol dire decoro se in due balletti dai giornali e dalle parole dei politici scompare la morte di una persona, sacrificata sull’altare del feticismo per delle fioriere di marmo, un feticismo simile, a mio parere, a quello per la divisa, per cui qualche giorno fa un’insegnante troppo poco materna è stata sospesa dal suo lavoro per aver dedicato frasi troppo rabbiose alle forze dell’ordine, schierate in difesa di CasaPound a Torino. Qualcosa non torna.

Firenze non è la città dello sballo, così il renziano Nardella commentò gli stupri subiti da due studentesse americane da parte di due carabinieri, bianchi e italiani. Era così impegnato a cancellare la macchia della violenza maschilista dalla sua amata città da non accorgersi che così facendo l’avrebbe solo rafforzata, colpevolizzando le ragazze di aver bevuto troppo e dunque di essersela andata a cercare. La Firenze di Renzi e del suo pappagallino Nardella, di Eataly al posto delle librerie storiche e indipendenti in Piazza Duomo, dei mercati dell’usato chiusi, la città dei ponti affittati per cene di lusso di grandi nomi della moda, delle praterie aperte a AirBnB e al turismo di massa, sta producendo mostri, bianchi, razzisti e fieramente italiani.

Troppo nero, troppo rabbiosa, troppo sbronza. Questa eccedenza caro PD ti andrà presto di traverso.