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Filippine: la guerra contro la droga è fumo negli occhi

Nel 2016 le Filippine avevano la speranza di un miglioramento nelle negoziazioni di pace con il Fronte Nazionale Democratico delle Filippine riapertesi nell’agosto 2016 a Oslo. Eppure, si parla di 25.000 morti negli ultimi due anni, in quella che il governo ha definito “guerra contro la droga”. Julia Marcelo, coordinatrice per l’America Latina della Lega Internazionale dei Popoli in Lotta [ILPS – International League of People’s Struggle – ndt) ha rilasciato un’intervista a Colombia Informa durante un suo soggiorno a Bogotá

Le Filippine sono un paese costituito da 7000 isole. È stata prima colonia spagnola e poi statunitense, fino all’indipendenza formale ottenuta nel 1946. Il paese ha attraversato diverse guerre di liberazione dei vari popoli indigeni, delle minoranze etniche e di settori sociali, tra i quali si colloca il Fronte Nazionale Democratico delle Filippine (FDNF [Filippines’ Democratic National Front – ndt]) che include il Nuovo Esercito Popolare (NPA [New People’s Army secondo la dicitura in inglese – ndt]), una formazione di guerriglia nata nel 1968 e molto forte nella regione.

Da un altro punto di vista, le Filippine hanno attraversato diversi processi di pace i cui accordi sono stati carenti di implementazioni soddisfacenti. L’ultimo esempio è il Fronte di Liberazione Islamico Moro (FMLI [Frente Islámico de Liberación Mora – ndt), sbocciato nel 2015 con la nascita di una nuova guerriglia dopo il mancato compimento dell’accordo di pace del 2014. Attualmente il paese si trova sotto l’influenza degli Stati Uniti che hanno forti interessi militari nella regione, principalmente nel Mar della Cina.

 

Come descriveresti il movimento sociale nelle Filippine?

Abbiamo un movimento abbastanza sviluppato fin dagli anni ’60, con un processo che coinvolge diverse lotte. Innanzitutto il movimento contadino: il 75% dei 110 milioni di persone che costituiscono la popolazione delle Filippine sono contadini, in maggioranza senza terra, quindi quella per la terra è una delle lotte principali. Le lotte dei lavoratori per il proprio diritto a sindacalizzarsi sono molto importanti, mentre quella dei professori, degli studenti, degli insegnanti e della piccola borghesia gioca un ruolo molto importante grazie al lavoro ideologico e di sensibilizzazione della cittadinanza in generale. Abbiamo anche lotte di altri settori della società: dai piccoli commercianti agli avvocati per i diritti umani, dai difensori dei diritti umani, religiosi, indigeni e delle donne a quasi tutti i settori della popolazione filippina.

 

L’elezione a presidente di Duterte nel 2016 aveva generato delle speranze, ma le denunce degli ultimi anni contrastano fortemente con le aspettative. Cos’è successo?

Quando i filippini lo elessero nel 2016, Duterte si era dichiarato progressista di sinistra, era studente del professore in esilio Jose Maria Sison [fondatore del Partito Comunista delle Filippine – ndt] e appoggiava i movimenti di sinistra. All’inizio del suo mandato aprì degli spazi democratici nominando nel proprio gabinetto tre persone provenienti da settori della sinistra. Però si è immediatamente trasformato in un dittatore e ha imposto la legge marziale a Mindanao, nel sud delle Filippine, dov’è presente una lotta indigena molto forte contro le imprese minerarie.

Tra luglio del 2016 e marzo 2018, sotto il governo Duterte ci sono stati 141 omicidi extragiudiziali e questa guerra contro la droga ha già fatto 25.000 vittime. Non parliamo dei capi dei cartelli ma di piccoli consumatori, vittime del sistema stesso. In realtà, ci si sta rendendo conto di come questa “guerra contro la droga” sia una cortina di fumo che nasconde gli interessi di Duterte stesso nel mercato della droga: persino suo figlio è coinvolto in questi traffici.

Duterte è diventato, o lo è sempre stato, un presidente eclettico e dalle dichiarazioni incoerenti. Non si pone alcuno scrupolo ad esprimere la volontà di uccidere: ad esempio, ha dichiarato pubblicamente che, così come Hitler ha ucciso 3 milioni di ebrei, lui non si porrebbe il problema di uccidere 3 milioni di drogati. «Voglio sparare nelle vagine delle donne armate della guerriglia di sinistra», ha dichiarato pubblicamente in tale maniera volgare. Questo è il Presidente. Il movimento della sinistra non si fa nessuna illusione sulla possibilità che succeda qualcosa di positivo con questo presidente.

 

I dialoghi di pace ricominciati nell’agosto del 2016 riprendevano gli accordi incompiuti degli anni ’90 in materia di Diritti Umani e davano il via ad una discussione sugli accordi economici. Tuttavia sembrano essersi bloccati. A che punto siamo?

La sinistra nutre ancora speranza che Duterte riapra i dialoghi di pace ma lui ha già fermato tutto, anche se non ufficialmente, cancellando sistematicamente ogni incontro. Nonostante questo il Fronte Nazionale Democratico delle Filippine, formazione più ampia che include anche il Partito Comunista delle Filippine, le forze clandestine del Nuovo Esercito Popolare (NPA) e tutte le organizzazioni rivoluzionare rappresentate dal fronte conservano la speranza che torni a sedersi al tavolo delle trattative di pace.

Gli accordi economici sono una priorità, perché la priorità è combattere la povertà e risolvere i problemi del popolo, poi viene la politica. Abbiamo appena iniziato e si rifiutano di firmare questo accordo. Ci sono molte commissioni che lavorano per queste trattative, bisogna discutere, sottoscrivere e portare a termine le questioni economiche e sociali. Dobbiamo comprendere che i dialoghi di pace sono soltanto uno degli strumenti del movimento nelle Filippine.

 

Quali sono queste lotte con le quali possiamo unirci?

Ho già parlato delle lotte di Mindanao nel sud del paese. A Kidapawan non sono musulmani ma popolazioni indigene chiamate Lumad. I Lumad vengono cacciati dalle proprie terre da aziende minerarie che dispongono di gruppi paramilitari che, insieme all’esercito, minacciano e uccidono i leader delle organizzazioni contadine. È una lotta molto dura che ha bisogno dell’appoggio e della solidarietà delle organizzazioni di tutto il mondo. Duterte attua sempre nuove strategie per abbattere questo movimento.

Abbiamo bisogno della solidarietà internazionale per smascherare il piano di Duterte e Trump che appoggia questa guerra alla droga. Ci sono molti video su YouTube che mostrano la realtà di queste 25.000 morti, che fanno vedere come non si tratti dei capi dei cartelli ma di corrieri e di piccoli spacciatori, di poveri, tutti vittime di questa guerra.

Sono molto felice della creazione della Lega Internazionale dei Popoli in Lotta anche in Colombia. È molto importante che tutto il mondo venga a conoscenza di quello che sta succedendo qui e di cosa è successo con la firma degli accordi di pace. Possiamo ascoltare i mezzi di comunicazione però vogliamo sentir parlare del popolo, delle organizzazioni di base che ci raccontano la storia vera, la stessa che vogliamo sentire dagli altri continenti.

 

Articolo apparso sul sito Colombia Informa

Traduzione per DINAMOpress a cura di Michele Fazioli