POTERI

Essi Vivono. Niki alle primarie

O del suicidio della sinistra del centrosinistra.

Una cosa vera Monti l’ha detta, parlando agli stati generali dei manager: «le leadership sono soltanto la crosta, quello che conta è cosa si farà con il potere grande che un governo e un parlamento hanno». Cioè, il contenuto dell’agenda Monti, non il nome del leader: Monti stesso o Bersani, ancor meno Renzi e Vendola buoni per acchiappare citrulli alla primarie. Il frastuono mediatico sulle primarie è stata la solita arma di distrazione di massa dai problemi reali con impiego neppure sopraffino di retorica –i quattro milioni sbandierati sui giornali un po’ in eccesso sui 3.100.000 ufficialmente dichiarati dagli organizzatori e largamente al di sotto delle precedenti primarie-referendum per Prodi. Lo stesso Vendola è rimasto al di sotto del risultato allora conseguito da Bertinotti –risultato che non portò d’altronde troppa fortuna né a lui né al suo partito.

Non che le primarie di coalizione non abbiano offerto motivi di interesse – soprattutto sullo stato di salute vacillante del Pd e sui gorgoglii della sua pancia, visto il voto massiccio delle regioni “rosse” per Renzi. Quale che sia stata la generosità degli scrutatori volontari e la pazienza dei incolonnati votanti, resta il fatto che la scelta si è ristretta a un attestamento burocratico-lavorista (l’usato-sicuro di Bersani e del suo sponsor Camusso) e a un’opzione ancor peggiore, il neoliberismo camuffato da nuovismo, in sostanza una riedizione renziana della vocazione maggioritaria di Veltroni, un Lingotto 2.0.

Gli alieni se ne stanno al loro posto e cercano con discorsi melliflui di confondere gli ingenui e magari di abbindolare ai gazebo anche qualcuno (non molti, in verità) di coloro che già sono scesi in piazza adottando forme democratiche più sostanziali e radicali. Ci sono poi, come nel film, quelli che sembrano umani e solo alla fine si rivelano alieni infiltrati per sabotare la ribellione. C’è chi, Vendola, non solo legittima le primarie per l’agenda Monti proclamando beninteso che Monti non lo vuole e che farà tutto l’opposto della Carta d’intenti accettata all’atto della candidatura, ma addirittura va a negoziare l’appoggio (decisivo) nello spareggio finale fra Bersani e Renzi. Come in ogni trattativa, dichiara preliminarmente che l’appoggio non è scontato. Esige che il segretario Pd “dica” cose di sinistra e vuol sentire nientemeno che “profumo di sinistra”, nonché “parole chiare” su differenze di genere, crisi ambientale, lavoro, Europa e per gli studenti in piazza. “Parole” ne sentirà, figuriamoci, magari anche più di sinistra di quell’infelice sortita sulla violenza che “opacizzava” il 14n, vero Niki? Negoziati segreti non ce ne sono, proclama (ma va!) il fiero oppure-Vendola, «calunnie da bar dello sport». Resta il fatto che «Renzi è un innovatore da una parte (sic), ma nella sostanza riproduce gli slogan conservatori della società liberista», mentre «quello che serve è un nuovo modello di sviluppo» –grandissima innovazione concettuale nel linguaggio sinistrese. E guai se non si osservassero le promesse della Carta d’intenti –peccato che collimi con l’agenda Monti…

Di corsa Bersani risponde, con complementare cortesia, che «non stiamo aprendo tavoli o tavolini ma è chiaro, nelle cose che dico, che ci sono evidenti punti di assonanza e convergenza» come sulla «centralità del lavoro e la precarietà». Del resto, «Vendola non ha bisogno di fare apprendistato, ha già dimostrato di saper governare». Sul prezzo si ragionerà una volta incassato il risultato. Perché ci interessa questa trattativa privata, che probabilmente finirà, al di là della coalizione e secondo le vicende della legge elettorale, in una confluenza organica di Sel (ci auguriamo solo di una sua parte) nel Pd? Perché riproduce un meccanismo già sperimentato dopo Genova 2001, la captazione paralizzante di un’ondata di movimento in un partito, di quel partito in una coalizione a guida riformista (a essere buoni), fino alla catastrofe finale del movimento e del riformismo. Certo, ci sono differenze non di poco conto. L’esperienza fatta sulla pelle dei movimenti, il collasso dell’intero sistema partitico che negli anni 0 sembrava ancora respirare, sia pur rantolando, il declino irreversibile del sistema rappresentativo sotto i colpi della crisi e della governance tecnica che erode e destituisce ogni forma di democrazia, l’estensione e profondità in tutta Europa dei processi di impoverimento e aggressione ai redditi e al Welfare.

Tutto ciò rende improbabile e fallimentare l’assorbimento della protesta crescente nel dispositivo del fiscal compact e dell’austerità, ma getta una luce ancor più torbida sulle manovre di chi si stacca dalle masse indignate e cerca di rinchiuderle nei recinti di partiti screditati. Agitare dopo il 14 e il 24 novembre la bandiera di una svolta a sinistra del Pd (che Bersani spera semplicemente di compattare per trattare meglio con Monti) fa di Vendola una mosca cocchiera un po’ patetica e sviante rispetto alla ribellione che ora finalmente ha contagiato l’Italia e l’ha resa europea a tutti gli effetti. Per carità, non parliamo di nemici. Piuttosto un diversivo, sedotto dagli alieni e ad essi purtroppo assimilato.

They live. In loden, con le maniche rimboccate, in camicia bianca sbottonata, sudati con orecchino. Abbiamo imparato a riconoscerli.

Essi vivono fra noi, sono simili a noi ma a guardarli con gli occhiali giusti si rivelano alieni maligni, scesi quaggiù per ingannarci, sfruttarci e farci del male. I messaggi subliminali che si nascondono dietro le loro accattivanti parole d’ordine vanno decrittati e convertiti: austerità=povertà, sviluppo=recessione, equità=diseguaglianza. They live. Intanto smascheriamoli. Leggi tutte le puntate.