POTERI

Essi vivono…ma non sono tornati a votare!

Adottate un Alemanno randagio pare che sindaco uscente abbia stanziato all’uopo dei fondi in polemica con il vivisettore Marino.

Le dimensioni della disfatta romana di Alemanno e della sua banda sono date non solo dal voto comunale ma di quello nei municipi. Più ancora delle scontate vittorie nei ballottaggi a Garbatella, San Lorenzo o Montesacro e quella meno scontata nell’Aurelio, colpisce il successo di stretta misura dello schieramento di sinistra nel XV municipio, storica roccaforte nera. Adesso non è più colpa del derby, ma della «disaffezione dalla politica». Che rosicone…L’importante è che ce lo siamo tolti dai piedi, senza nutrire eccessive illusioni sulla nuova amministrazione che occorre mantenere sotto pressione dei movimenti, in primo luogo per le scelte abitative, fiscali e culturali.

Sul piano nazionale il successo dei candidati di centro-sinistra è schiacciante o meglio è clamorosa la disfatta di quelli di centro-destra dentro un impressionante trend di crescita dell’astensione, che testimonia l’approfondimento della crisi della rappresentanza, malgrado tutte le favole di D’Alimonte sull’astensionismo benefico, indice che in gara restano i più motivati, ecc. Una ben strana concezione della partecipazione politica, che appare piuttosto una scusante autoconsolatoria dell’influenza declinante dei partiti.

Anche in questo caso fanno testo i casi più imprevisti: il tonfo dello sceriffo Gentilini a Treviso, la perdita pidiellino-leghista di Brescia, sede del contrastato comizio di un Berlusconi che non porta troppa fortuna (vedi anche il flop sotto l’Arco di Costantino), i risultati inediti di Viterbo e Imperia, la sudatissima vittoria Pd a Siena. Il sorpasso in retromarcia è perfettamente riuscito al Pd e ora le scommesse vertono su un punto: come farà di nuovo quel partito a sputtanare il successo e a perdere il dopo-elezioni? Arduo, ma vedrete che ci riuscirà e le scaramucce intorno al congresso sono un bel segnale.

Lo smottamento del centro-destra in Sicilia –dove le maggiori città in gara vanno al Pd e vicini e, tranne Ragusa, si dissolve il M5s– è il dato più sintomatico per definire una tendenza che potrebbe pesare a livello nazionale e anche per le scadenze politiche: il granaio siciliano è infestato dai topi. Altrove non va meglio e Berlusconi si è infuriato con Alemanno, il cui disastro completa la scomparsa di An e affini, e medita un terremoto dentro il PdL, che a sua volta spera che il Capo sia troppo occupato dei suoi guai giudiziari per arrivare a una resa dei conti traumatica con colonnelli, falchi, colombe e oche. Il M5s restituisce all’astensione (e in parte al Pd) buona parte dei voti da poco acquisiti, nel Continente come in Sicilia, e fa un po’ ridere Grillo che vanta una marcia «lenta ma inesorabile» per la conquista delle roccheforti di Pomezia e Assemini.

In complesso, un voto paradossale che sconfessa le larghe intese promosse da Napolitano (Marino al Senato non le aveva neppure votate) ma rende più difficile a Berlusconi minacciare di interromperle a suo piacimento, dunque rafforza indirettamente la tenuta dell’immeritevole governo in carica. Si affievolisce l’alternativa delle elezioni anticipate, il cui esito si fa opaco per tutti, ma non per questo il governo riceve slancio. Conclusione: una generale paralisi dell’azione, tanto più grave nel momento in cui la crisi precipita, il regresso del Pil si accentua e produzione industriale ed export continuano a restringersi di mese in mese. Enrico Letta si regge sulla paura che qualcosa si muova e che debba andare a un’altra verifica popolare su una platea dimidiata dall’astensione. Ma così la crisi dilaga senza controlli e crescono sfiducia e astensione: il cane si morde la coda. Sel (con grande apprensione del Corsera) scuote l’albero esultando, ma gli eventuali frutti li raccoglierebbe Renzi. Alla prossima puntata.