ROMA

«Equipaggi di terra, contro genocidio ed economia di guerra»: assemblea a Roma

Giovedì 30 ottobre ci sarà una assemblea pubblica a Roma per immaginare come proseguire la grande mobilitazione contro la guerra e il genocidio. Uscire da perimetri identitari, praticare convergenze, essere marea, bloccare tutto diventano parole d’ordine per riuscire a costruire uno sciopero generalizzato contro la finanziaria di guerra

Riportiamo qui il testo di convocazione di una assemblea lanciata da diverse soggettività sociali per giovedì 30 ottobre a Roma, con l’obiettivo di dare continuità alla potente mobilitazione contro il genocidio e contro l’economia di guerra che si è manifestata durante il viaggio della Global Sumud Flottilla. Agire una azione di convergenza contro ogni perimetrazione e steccato identitario diventano necessari verso un nuovo sciopero unitaro. Il passaggio è fondamentale all’interno di uno scenario mondiale preoccupante e di un contesto nazionale grave, con la corsa ai riarmo che devasta quanto è rimasto di welfare e di tutele sociali.

Tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre una gigantesca marea umana ha bloccato il Paese chiedendo a gran voce la libertà della Palestina e la fine del Genocidio. Un “equipaggio di terra”, cosciente e determinato, che ha virtualmente accompagnato la Global Sumud Flotilla fino alle acque territoriali di Gaza, tramutando in forza dal basso il senso di impotenza collettivo davanti al genocidio in corso e la sfiducia verso il diritto internazionale e le sue istituzioni, gli Stati inerti o addirittura complici del massacro di innocenti. Una marea che ha riempito nuovamente di senso la parola “sciopero”, bloccando città e infrastrutture logistiche, animando uno spazio pubblico di convergenza mai visto prima: unitario, plurale e radicale. Uno sciopero generale e sociale a tutti gli effetti, dal quale è difficile pensare di tornare indietro.

La fragilissima tregua, che la propaganda chiama “pace”, non sta fermando le uccisioni quotidiane di Gazawi, mentre continuano le aggressioni dei coloni in Cisgiordania. Una “pace” che intende suggellare un piano coloniale e suprematista, che premia Israele per la sua efficienza nel genocidio. Ci vogliono far credere che tutto sia cambiato ma la verità è sotto i nostri occhi.

In questo scenario, vogliamo continuare a mobilitarci per la Palestina e contro “l’economia di guerra” che sigla accordi commerciali con aziende israeliane, riconverte l’industria a scopi bellici, garantisce profitti miliardari alle grandi aziende del comparto tecnologico (Leonardo è solo la punta dell’iceberg) e nel frattempo taglia il welfare e non alza i salari, definanzia scuola, sanità, ricerca, comprime gli spazi di libertà e il diritto di scegliere ed autodeterminare il proprio corpo e la propria vita.

Il governo Meloni continua infatti a essere uno dei più fedeli alleati di Israele e di Trump, mentre l’Europa balbetta parole di circostanza, continuando a sostenere nei fatti l’economia del Genocidio in Palestina. Un’Europa che ha scelto la corsa al riarmo, contribuendo a un “regime di guerra” che incide direttamente sulle nostre vite e sui nostri diritti, favorendo ancora una volta gli interessi privati e l’industria bellica. Riteniamo perciò fondamentale contestare la prossima legge di bilancio, o meglio, la “finanziaria di guerra”, che verrà approvata il prossimo dicembre.

Vogliamo rivolgere un appello a tutte le forze sindacali, alle realtà organizzate e ai movimenti sociali per la costruzione di un nuovo sciopero sociale e generale, sulla scia di quelli del 22 settembre e del 3 ottobre, che hanno dimostrato la forza dei movimenti sociali e sindacali e ci hanno insegnato come sia possibile ridisegnare traiettorie comuni.

L’energia accumulata negli scioperi e nelle manifestazioni deve ora tradursi nella messa in discussione collettiva dei rapporti di potere nell’Italia governata da Meloni. In questa fase è fondamentale evitare la frammentazione sociale e sindacale, così come le derive identitarie, e lavorare insieme per costruire uno spazio di convergenza ampio e solidale, capace ancora una volta di far risuonare il grido: “Blocchiamo tutto!”

Le piazze di queste settimane ci hanno mostrato la direzione: mettere da parte identità e perimetri, convergere per permettere a tutte le lavoratrici e i lavoratori, le precarie e i precari, le studenti, le soggettività che non accettano passivamente questo presente di miseria, di scioperare con parole d’ordine e pratiche radicali, esercitando concretamente quel blocco che diventa rifiuto e costruzione di una reale alternativa, inceppando la macchina economica che sostiene il Genocidio, la guerra e lo sfruttamento. Sappiamo bene che queste righe non saranno sufficienti, che abbiamo bisogno di incontrarci, confrontarci e organizzarci. Immaginare pratiche con cui tutte e tutti possano sentirsi partecipi.

Fare un passo avanti collettivo per costruire nuove possibilità dal basso, come abbiamo provato a fare attraversando i cortei, i blocchi, gli scioperi di inizio ottobre con quello che abbiamo definito “spezzone sociale” dietro lo striscione “Equipaggi di terra contro l’economia di guerra”, un punto di riferimento che ha riunito tante persone alla ricerca di uno spazio per vivere insieme quelle giornate straordinarie.

Invitiamo tutte le persone, le realtà, i collettivi e gli spazi che hanno attraversato con questa attitudine le maree per la Palestina e contro il Genocidio a incontrarsi, perché questa nuova fase merita approfondimento, studio, confronto serrato: cos’è davvero “l’economia di guerra”? Cosa vuol dire provare a sabotarla collettivamente? Quali interessi ci sono in Italia intorno alla guerra e al genocidio in Palestina? Come riprendiamo in mano lo sciopero generale e sociale per esercitare pressione dal basso?

Equipaggi di terra contro il genocidio e il regime di guerra: ci vediamo giovedì 30 ottobre, alle 18.00, a Esc, via dei Volsci 159.

L’immagine di copertina è di Marta D’Avanzo

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