ITALIA

In Emilia-Romagna nessun ritorno dei partiti

Scampato il pericolo di un’affermazione delle destre, il risultato elettorale in Emilia-Romagna segna più la sconfitta della politica salviniana e i successi della mobilitazione della società civile che il rinnovato protagonismo dei partiti. Netta rimane la faglia che divide i centri urbani dalle aree rurali e montane

Piazza Grande, cuore di Modena e patrimonio mondiale dell’umanità, comincia a riempirsi già dalle 19.00. Numerose sono le bandiere, ci sono quelle del PD, un nucleo ben compatto di vessilli dei Verdi, ci sono le bandiere di Volt e di Emilia Romagna Coraggiosa. Spiccano alcune bandiere d’epoca, una verosimilmente del PCI, una del Partito Repubblicano, un’altra sembra quella dello storico Fronte popolare. Le bandiere rendono il freddo meno pungente e la piazza più evocativa, sotto tanti punti di vista, soprattutto quando Muzzarelli, sindaco di Modena, a proposito di passato e in nome della continuità, ricorda tra gli applausi che nel 1950 la sua città era tra le 10 più povere d’Italia.

Oltre al sindaco di Modena, sul palco leggono un intervento le Sardine ma gran parte dello spazio disponibile è tutto per il protagonista assoluto di queste elezioni regionali, Stefano Bonaccini, che dal palco bianco e verde rivendica il successo ottenuto ed elargisce ringraziamenti ai suoi sostenitori. Sono presenti sullo sfondo e nel retropalco i principali sindaci a targa PD e civici di tutta l’Emilia-Romagna. È la prova di un’organizzazione che pure in difficoltà di fronte a una campagna elettorale insolita per questa regione – e a causa del vento oscuro che continua ad agitare la politica nazionale – ha dimostrato sul territorio di essere ancora una volta performante. Presenti a Modena per festeggiare anche alcune figure di livello nazionale tra cui Nicola Zingaretti, ma sul palco il segretario Dem ha avuto meno spazio del capitano del Modena Volley, Ivan Zaytsev, talismano del presidente, sceso in piazza con le Sardine e attivo sui social.

La piazza è piena ma l’impressione è che tra la gente si respiri un’aria da scampato pericolo. I sondaggi dell’ultim’ora tenevano il risultato in bilico, le chat sono state bollenti per tutta la domenica e la mobilitazione a sostegno di Bonaccini è stata davvero importante, tanto da finire per determinare un aumento dell’affluenza rispetto alle elezioni regionali del 2014 di un consistente e decisivo 30%. Si è molto discusso della ripartizione dei voti del Movimento 5 stelle. Gran parte di questi voti sono confluiti nelle liste di Bonaccini, ma è ragionevole pensare che si sia trattato anche questa volta di un voto “contro”, questa volta contro Salvini.

Per il resto i dati lasciano poco spazio all’immaginazione. Il Movimento 5 Stelle, bandiera del Vaffanculo e dell’antipartitismo sembra certificare la sua sparizione dalla regione, ma attenti a credere che siano tornati in voga i partiti, soprattutto quello democratico: a riprova di questo registriamo la presenza di Nicola Zingaretti discreta e molto silenziosa, sia durante la campagna elettorale che dopo il sollievo della vittoria.

Se a destra la Lega quasi triplica il numero di voti raccolti nelle elezioni 2014, in linea con il trend nazionale grazie al lavoro della Bestia, si registra la sconfitta della politica salviniana dei citofoni e delle dirette social, una politica che raccoglie ancora consensi in tutto il Paese ma che in Emilia-Romagna non riesce ancora a essere determinante. Indubbiamente la dinamica messa in moto dal leader della Lega, sia nelle proposte che nella propaganda, è stata percepita come un tentativo poco gradito, anzi osteggiato, di “venetizzazione” dell’Emilia-Romagna, talmente controproducente da essere criticato anche dai suoi alleati.

Nelle liste di Bonaccini la più votata è stata Elly Schlein, della civica Emilia Romagna Coraggiosa. Ex europarlamentare, ex PD, in qualche modo figura in grado di intercettare consensi tra le Sardine ma anche tra la vecchia guardia del ceto politico emiliano-romagnolo. Proprio questo schema si è rivelato vincente di fronte al volgare protagonismo salviniano: la ricomposizione delle forze storiche e di alcune figure che da sempre sono centrali nella politica emiliana; la figura di un presidente pragmatico; la novità di un movimento estremamente funzionale alla causa, quello delle Sardine, in grado di intercettare il voto delle nuove generazioni; per tutti questi motivi e grazie a questa sinergia si è riusciti a fare la differenza, consentendo a Bonaccini di portare a casa il risultato e dare un po’ di ossigeno anche ai piani alti. Un’organizzazione che, a dirla tutta, ha avuto buon gioco per le gaffes della Borgonzoni e per il suo senso di inadeguatezza mostrato per lunghi tratti della campagna elettorale, in cui non è mai stata protagonista.

L’aspetto forse più interessante di queste elezioni resta quello della distribuzione del voto, nettissima la differenza tra città e campagna, soprattutto tra le aree urbanizzate e l’Appennino. Mentre nei centri urbani l’affermazione delle forze di centro sinistra è stata netta, al contrario è stato consistente il bottino della Lega nelle aree rurali e soprattutto montane. Sarà inevitabile da parte di tutti i protagonisti una riflessione sulla rappresentazione del potere nel centro e nelle periferie, in particolare nelle zone dell’Appennino dove, per motivi geografici legati alla distribuzione della popolazione e alla morfologia del territorio, il problema dei tagli – qualità dei servizi soprattutto nella sanità – appare macroscopico e la narrazione della buona amministrazione, con una coperta troppo corta, diventa inevitabilmente poco convincente.

Se quanto detto finora fa i conti con una realtà urbana e sociale con caratteristiche uniche rispetto al resto d’Italia, rimangono inalterate alcune tendenze: la Lega continua ad aumentare i consensi e cresce anche Fratelli d’Italia, mentre nel campo del centro sinistra si ha l’impressione di essere in un cantiere che ha funzionato per la fiducia di cui ancora gode nei territori lungo la via Emilia, ma soprattutto per l’intelligenza di chi ha gestito la macchina elettorale di Bonaccini, che ha tenuto alla giusta distanza dal carrozzone alcune figure ingombranti.

Le prossime sfide saranno determinanti, resta l’impressione che in Emilia-Romagna la narrazione locale del “facciamo il meglio con quello che abbiamo” presto non sarà più sufficiente. Il problema delle risorse, centrale nelle amministrazioni, è destinato a diventare decisivo anche nell’elettorato, già sensibilmente attratto dalle sirene del populismo e della narrazione della paura. Insomma, il rischio di una vittoria di Pirro è dietro l’angolo, soprattutto per chi pensa che le forze politiche del centro sinistra possano replicare con successo lo schema realizzato in Emilia-Romagna dalla squadra di Bonaccini. Sul piano nazionale, infatti, la narrazione della buona amministrazione è spesso impossibile, maggiori sono le aree rurali e i piccoli centri dove i cittadini sono paradossalmente più esposti al problema dei tagli e dei bilanci e dove c’è poco spazio per esperienze come quella delle Sardine. Senza dimenticare il Sud, che vede crescere ancora il divario col Nord in termini di reddito e crescita economica, dove l’emigrazione giovanile aumenta insieme ai consensi della Lega, mentre in Calabria un partito in crisi come Forza Italia riesce ancora a esprimere la leadership della Regione.

 

 

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