MONDO

Ecuador, in piazza contro i tagli all’università in piena pandemia

Una cronaca dalla grande manifestazione a Quito contro i tagli all’istruzione pubblica che il governo di Lenín Moreno vorrebbe approvare in tempi di pandemia

La mattina del 5 maggio numerosi studenti e studentesse universitarie e liceali, docenti, lavoratori dell’educazione, genitori e solidali si sono dati appuntamento di fronte all’Università Centrale dell’Ecuador per manifestare contro i tagli di oltre cento milioni di dollari all’educazione pubblica superiore, manovra che fa parte dell’agenda neoliberale dell’attuale governo di Lenín Moreno nel pieno della crisi sanitaria di Covid-19. I manifestanti sono arrivati al concentramento in modi differenti: a piedi, in bicicletta, in gruppo; dal sud, dal nord, dai quartieri popolari, dalle trincee e dalle barricate permanenti di quelli che vengono dal basso.

Il punto di incontro era di fronte alla piscina dell’Università Centrale dell’Ecuador a Quito, dove con mascherine, guanti, cartelli, pentole e megafoni i partecipanti hanno cominciato a scandire slogan come “no ai tagli”, “il confinamento non ci fa stare zitti”, “l’educazione pubblica non si vende, si difende” e altre espressioni di protesta popolare che hanno riempito quel silenzio a cui ci hanno condannati.

 

 

Il presidio è stato possibile grazie ai diversi spazi universitari che si sono autoconvocati: il rispetto delle norme di biosicurezza, basate sulla cura mutua e reciproca, è stato al centro dell’attenzione per rendere possibile questa mobilitazione. A fronte della congiuntura della crisi sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19, era indispensabile l’uso di mascherine e guanti, la distanza di tre metri tra ogni manifestante, l’applicazione di alcool in gel più volte nel corso del presidio. Nonostante queste misure rendano impossibile abbracciarsi, che è un aspetto importante della vita dei movimenti sociali, non hanno però reso impossibile continuare a lottare, gridare, occupare lo spazio pubblico, metterci con i nostri corpi a fronteggiare quelle misure che ci tolgono diritti, favorendo le elite imprenditoriali e gli organismi finanziari internazionali.

La numerosa affluenza di manifestanti al concentramento ha fatto si che la manifestazione si muovesse per le vie Pérez Guerrero y Patria. La presenza della polizia non si è fatta attendere fin dal concentramento fino al corteo, con la costante minaccia di reprimere la protesta. Proprio quella stessa istituzione che ha ricevuto un aumento di 50 milioni di dollari, quando il governo neoliberista di Lenín Moreno ha preferito investire in armi, munizioni e veicoli per la polizia nazionale, quella che si è presa in carico la repressione delle giornate di ottobre, invece di investire per migliorare le condizioni del precario sistema di salute e dell’istruzione pubblica che oggi fa pagare i costi ai settori popolari.

 

 

La manifestazione per le strade del centro di Quito si è riempita di colori, grida e rabbia acumulata. Alcune parole scritte su un muro («Ci hanno tolto finanche la paura») sono diventate una scritta sovversiva e sono diventate la scusa per l’allerta della polizia.

 

Le tante persone che non sono potute scendere in piazza per vari motivi hanno accompagnato la mobilitazione dalle proprie case, dalle finestre e dalle terrazze, appendendo striscioni fuori dalle case per ricordare al governo che l’«isolamento non ci farà stare zitti», mentre altri sulle reti sociali hanno fatto rimbalzare le voci della piazza, rompendo così il silenzio mediatico mainstream.

 

In questo giorno è stato dimostrato in tutti gli ambiti che la rabbia era organizzata e diffusa. Intanto, il presidio veniva circondato dalla polizia motorizzata, ma nemmeno questo ha fermato la manifestazione né gli ha impedito di attraversare le strade, così come la minaccia della Covid-19 non ha reso impossibile l’occupazione dello spazio pubblico come protesta contro un governo neoliberale che precarizza la vita dei settori popolari, sottraendogli il diritto a una istruzione pubblica, dignitosa e di qualità che permetta la riflessione, l’organizzazione e il pensiero critico.

Non si tratta dei primi tagli che colpiscono l’istruzione pubblica: nel 2018 e nel 2019 sono state implementate manovre economiche basate sui tagli alle Università pubbliche e in entrambe le occasioni ci sono state proteste e resistenze da parte di studenti e docenti.

 

 

Oggi il potere esecutivo pretende realizzare tagli complessivi di 100 milioni di dollari a 32 università e politecnici pubblici, pensando che non ci sarà resistenza studentesca e popolare a queste misure a causa della pandemia, e dello stato di eccezione che rende difficile la mobilitazione nelle piazze in tutto il paese.

 

Ma la lotta dei popoli è fatta di dignità, è ampia ed è plurale e le resistenze popolari trovano sempre nuove forme per adattarsi alle condizioni storiche specifiche.

La mobilitazione del 5 maggio 2020 ha visto infatti la partecipazione di diversi attori sociali: gli studenti in lotta per una educazione gratuita e di qualità, i liceali che rivendicano un’educazione dignitosa e libero accesso alle università, i professori che rivendicano che il proprio lavoro venga riconosciuto e sia capace di aprire processi di liberazione, i lavoratori delle università che protestano contro la precarizzazione delle condizioni di lavoro e la disoccupazione e infine tutti quanti lottiamo contro la diseguaglianza e la morte che oggi entra in scena nelle strade. Contro l’oblio a cui ci condannano e contro la precarizzazione della vita come formula statale e come piano di governo, le nostre lotte sono plurali.

La manifestazione è terminata nei pressi dell’Università Centrale con applausi e slogan: salutarsi a fine manifestazione è stato difficile, è dura, in condizioni di stato di eccezione, l’impossibilità di stringersi la mano e abbracciarsi prima di tornare a casa. Mentre oguno prendeva una diversa direzione per il ritorno, come disse Tupac, ci siamo detti «Torneremo e saremo milioni».

Desde el Margen è un collettivo universitario di Quito.

La foto di copertina è del collettivo Desde el Margen. Le foto pubblicate nell’articolo sono di Ksuskaya Hidalgo Cordero.