ROMA

«Delia già incontro ti vola»

Ricordo personale, e pure un po’ collettivo, di Delia Vaccarello: giornalista, scrittrice, lesbica, attivista. Morta lo scorso 27 settembre, dopo aver combattuto per anni, senza sosta, il male che non fa sconti

È primavera, la scorsa; per la prima volta leggo Tristia, uno dei capolavori di Mandel’štam. «Io so la scienza dei commiati», inizia il poeta inquieto, che non sopporta lacci. E poi si chiede: «Chi, alla parola ‘commiato’, sa quale | distacco giungerà per noi fra poco […]?». Già il cuore batte, ma gli occhi insistono nella lettura: «E amo il filato, amo la tessitura: | il fuso ronza, va su e giù la spola. | Guarda: scalza, leggera come fosse peluria | di cigno, Delia già incontro ti vola». Delia, lei che viene da Delo. Ci penso, e penso a Delia Vaccarello, che non vedo da qualche tempo. Le scrivo, le ricordo Tristia, lei la ricorda bene, è felice e mi dice che ha un dono per me.

Con Delia ho condiviso la psicoanalisi (ovvero Cristiana), che alla fin fine è uno «spazio transizionale». Come l’inconscio: è di molti, sta tra molti – di oggi, di ieri, di domani. Ci conoscevamo poco, con Delia, ma era come conoscersi da una vita. Così ci venne a trovare a Esc, perché Commissario Tronca, Dipartimento Patrimonio, Corte dei Conti e chi più ne ha più ne metta avevano iniziato la grande offensiva della proprietà privata e il mercato immobiliare contro i centri sociali autogestiti – di questo si tratta, il resto sono chiacchiere. Allora lei venne a Esc, con il suo cagnolino che abbaia sempre, Lacan (magari è il nome che lo ha reso irascibile, chi lo sa?). Delia conosce Chiara, Claudia, Marina, e conosce Alessandro, e poi è pieno di gente: lavoratori precari che si organizzano con le CLAP e combattono per i loro diritti, avvocati che difendono migranti e richiedenti asilo, il femminismo e la nuova onda che cresce, DINAMO, i seminari della LUM ecc. Delia è entusiasta, a volte commossa. Pagine di appunti, qualche giorno per scrivere, dopo poco un racconto per la sua rubrica dell’Unità. Sì, l’Unità, il giornale fondato da Antonio Gramsci nel 1924 e chiuso da Matteo Renzi nel 2017: «Orrore! Orrore! Orrore!», chioserebbe lo scrittore.

L’articolo è bellissimo, partigiano. Carico della stessa commozione del nostro primo incontro. Poi Delia a Esc ci torna, per conoscere, per capire. Cosa la incuriosisce, al di sopra di tutto? Soprattutto Delia si chiede, e ci chiede: come fa un’istituzione autonoma, non statale, a resistere nel tempo? Effettivamente non c’è una domanda migliore, per la nostra epoca. Una delle poche che merita davvero risposta. Passano gli anni, e i governi, ma la proprietà privata insiste sempre sullo stesso punto: desertificare la vita comune; turisticizzare lo spazio urbano, con Airbnb; brutalizzare l’esperienza estetica e conviviale. La proprietà privata, con le sue armi pubbliche e giudiziarie, vuole una vita metropolitana di merda, semplice. Le istituzioni autonome, con ciò che possono, praticano una vita degna: che crea, condivide solidale, combatte. Un’alternativa di civiltà, semplice.

È giugno, Delia viene a Esc a trovarmi. Mi porta il suo ultimo libro, una raccolta di racconti dal titolo Desiderio. Pensiamo subito a una presentazione: a settembre, è già troppo caldo per presentare un libro al chiuso. A settembre. Così ci abbracciamo e Delia va in Svizzera. A settembre, pensavo di risentirla. E invece non ho fatto in tempo e del desiderio non potremo parlare, come si fa Esc, come abbiamo pure immaginato. Delia ha combattuto come combattono le donne quel male infame che colpisce senza tregua, feroce. E il commiato non voluto è dei più tristi, per me, per Esc, per chi un pezzo anche piccolo di desiderio – un po’ di placenta (ápeiron, direbbero i filosofi) che ci portiamo dietro tutta la vita, niente di più, niente di meno – con Delia ha condiviso.