ITALIA

Decreto sicurezza bis: Salvini ringrazia la Beata Vergine Maria

Una misura che colpisce la solidarietà verso i migranti, ma anche le possibilità di opposizione alle politiche del governo e gli appassionati di sport

Anche questa volta, a colpi di fiducia, è stato approvato il testo licenziato dalla Camera per il ddl di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica, meglio conosciuto come “Decreto Sicurezza bis”.

Nonostante le numerose critiche mosse contro il provvedimento da parte della società civile, del mondo religioso e perfino dell’ONU, il governo ha reso definitiva – riuscendo persino a peggiorarla – una legge che definire disumana è poco. Lo scorso 5 agosto il Parlamento ha perso un’altra occasione per bloccare questa deriva razzista, repressiva, autoritaria.

L’asticella è stata spostata un altro po’ più in là, quel tanto che basta per far pensare che il decreto sicurezza (il primo) non fosse poi così repressivo, visto che è stato necessario promulgare una legge persino peggiore, e per farci assuefare a un livello di violenza istituzionalizzata che vuole eliminare qualsiasi coscienza critica e umanità e tratta la solidarietà come reato.

Ieri sera è stata approvata una legge che ha tutto l’aspetto di una vendetta, o forse di una punizione. Vendetta per aver violato le direttive emanate ad hoc dal Viminale per bloccare l’accesso alle acque territoriali italiane, per aver disobbedito ai comandi illegittimi, demoliti puntualmente dalla magistratura competente.

«Quello che non riesco ad ottenere sbraitando davanti (o dietro) a uno schermo ora lo ottengo imponendolo grazie alla fiducia di un governo farlocco» potrebbe dire qualcuno, brandendo un rosario. Questa legge è, ad oggi, la massima espressione italiana del diritto inteso come ripicca verso chi non si conforma, chi non si piega, ma rispetta il diritto del mare, anzi, il diritto dell’uomo.

Le parole di Gaspare Giarratano, armatore del peschereccio che il 25 luglio scorso ha tratto in salvo una cinquantina di persone, sono emblematiche della differenza di intenti e vedute: «Noi non siamo ricchi, siamo dignitosamente pescatori e sottolineo dignitosamente. Non lasceremo mai nessuno alla deriva. Lo facciamo perché siamo uomini. Mi chiedo se uno solo dei nostri politici abbia mai sentito nel buio della notte, nell’enormità del mare levarsi delle grida d’aiuto disperate. Noi sì. E nessuno di noi sarebbe mai tornato a casa senza essere certo di aver salvato quelle vite».

Negli scorsi mesi, quando ancora vi poteva essere una speranza di bloccare il decreto, l’Alto Commissariato per i Diritti Umani aveva espresso preoccupazione relativamente al contenuto della normativa, facendo recapitare una lettera al nostro ministro degli affari esteri, preoccupazione rinnovata con una nota dello scorso mese, nella quale – fra le altre cose – il gruppo di esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite scrive «Il diritto alla vita e il principio di non respingimento dovrebbero sempre prevalere sulla legislazione nazionale o su altre misure presumibilmente adottate in nome della sicurezza nazionale. (…) Esortiamo le autorità a smettere di mettere in pericolo la vita dei migranti, compresi i richiedenti asilo e le vittime della tratta delle persone, invocando la lotta contro i trafficanti».

La risposta è stata delle migliori: non ci facciamo dare lezioni di rispetto dei diritti umani da chi ha al suo interno la Turchia e la Corea del Nord. Quindi, forte del consenso del suo operato, il governo ha preparato questo bel pacchetto di norme – divise per materie – mantenendo inalterato il binomio immigrazione/sicurezza: immigrazione, ordine pubblico, manifestazioni sportive, nuove risorse alle forze dell’ordine e assunzioni per l’esecuzione delle condanne.

Articolo per articolo snocciola tutta una serie di abomini ai quali nell’ultimo anno il ministro dell’interno ci ha ben abituato.

Primi fra tutti (sono le norme di apertura) quelli riguardanti i migranti e chiunque operi salvataggi in mare. La vicenda della Sea-Watch deve aver così tanto scosso i piani alti del Viminale che l’ammenda prevista per il capitano o per l’armatore (in solido, qualora il primo non possa pagare) che violi il divieto di ingresso in acque territoriali imposto dal ministro dell’Interno (di concerto con Difesa e Trasporti) può ora arrivare fino ad 1 milione di euro (ammenda che nel testo iniziale arrivava fino a 50mila euro).

Persiste quindi l’intento criminalizzante nei confronti delle Ong, unico barlume di umanità in questo momento nel Mar Mediterraneo, tentando di calpestare lo Stato di diritto, la presunzione di innocenza e di evitare che le fantomatiche “toghe rosse” continuino a smontare ogni architettura diffamatoria diffusa dal ministro dell’interno e dai suoi scagnozzi, una sorta di anticipazione della condanna, il sequestro cautelare immediato del mezzo (oltre la confisca). Prevede, inoltre, la possibilità di affidare le imbarcazioni poste sotto sequestro agli organi della Polizia di Stato, alle Capitanerie di Porto o alla Marina Militare, affinché ne facciano uso per le proprie attività istituzionali. Inserisce l’arresto obbligatorio in flagranza nei confronti del comandante nei casi di resistenza o violenza contro nave da guerra ai sensi dell’art. 1100 del codice della navigazione.

Si prevede lo stanziamento di 500mila euro per il 2019, un milione di euro per il 2020 e un milione e mezzo per il 2021 per il contrasto al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e operazioni di polizia sotto copertura. Si prevede anche lo stanziamento di più fondi per il rimpatrio degli irregolari: due milioni di euro per il 2019 che potranno aumentare fino a un massimo di cinquanta milioni di euro.

Ma come abbiamo già potuto appurare, i “nemici” di questo governo sono solo apparentemente i migranti e le Ong, sui quali si cerca di focalizzare l’opinione pubblica.

Infatti, proseguendo nella lettura della normativa, nella sezione “Ordine pubblico” vengono attaccati i dissidenti, chi protesta, chi manifesta liberamente il proprio pensiero. Proprio mentre l’Associazione contro gli abusi in divisa (Acad) porta avanti insieme ad altre una campagna volta all’ottenimento del codice identificativo delle forze dell’ordine nelle manifestazioni di piazza e non solo, il governo, oltre che deridere le richieste della società civile, rincara la dose, sanzionando specificatamente chi protesta, chi indossa caschi protettivi o utilizza qualsiasi altro mezzo per difendere la propria incolumità nel corso delle manifestazioni.

Già col decreto sicurezza avevamo visto come fosse stata sensibilmente limitata la possibilità di organizzare manifestazioni di piazza (si pensi al blocco stradale), come fosse stata introdotta anche per i manifestanti (come già previsto per i tifosi) la possibilità dell’arresto in differita, come fossero in aumento i vari arresti preventivi in vista di manifestazioni ritenute “pericolose”.

Ebbene, la nuova legge, da un lato, prevede l’introduzione di un reato inedito, punito con la reclusione da 1 a 4 anni, per chi nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegittimamente, in modo da creare un concreto pericolo per l’incolumità delle persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere. Dall’altro, prevede nuove aggravanti e limitazioni per tutta una serie di reati, se commessi nel corso di manifestazioni, nonché un inasprimento delle pene per chi verrà condannato per i reati di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale.

Ma quello che davvero lascia basiti da un punto di vista giuridico sono le novità introdotte nel capo relativo al “controllo della violenza in occasione di manifestazioni sportive”. Come già abbiamo visto nel corso degli anni, gli “esperimenti” repressivi vengono spesso fatti sui tifosi (accennavamo sopra al concetto di flagranza differita, ma anche lo stesso Daspo, nato come misura atta ad allontanare i tifosi dallo stadio ed ora utilizzata nelle città), e il decreto sicurezza bis non si smentisce.

La presunzione di innocenza viene accartocciata e gettata in un angolo. Le misure che verranno adottate con la nuova legge, seppur di carattere amministrativo, incidono sensibilmente sulla libertà di movimento dei destinatari e sono comminate senza alcun previo vaglio da parte della magistratura. Viene introdotto il Daspo per:

– coloro che risultino anche solo “denunciati” per aver preso parte a episodi di violenza o che abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza. Non condannati o con un processo nei loro confronti: no, solo denunciati!

– coloro che, sulla base di “elementi di fatto”, risultino avere tenuto, anche all’estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico. Anche in questo caso, non una condanna, non un provvedimento definitivo di un magistrato, ma solo elementi di fatto, definizione quanto mai aleatoria.

È introdotto, poi, l’istituto del Daspo rafforzato per chi sia stato già destinatario del provvedimento in questione. Un allontanamento che va da un minimo di 5 ad un massimo di 10.

Come ultima parte, è previsto lo stanziamento di nuove risorse per forze dell’ordine, vigili del fuoco e personale del ministero dell’interno e della giustizia, quest’ultimo allo scopo di velocizzare le pratiche per l’esecuzione delle condanne rimaste in arretrato.

Di questo passo ci ritroveremo presto in uno stato di polizia più che in uno stato di diritto, dove sicurezza significherà sempre più repressione e non già creare gli strumenti idonei ad assicurare per tutti una vita degna. Intanto il Pd non perde tempo e rincorre la Lega contendendole il campo, come dimostrano le ruspe lanciate ieri a Bologna contro Xm24. Buongiorno notte.