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Davide, ucciso dallo Stato e dall’odio di classe

L’uccisione di un ragazzino di diciassette anni da parte di un pistolero [..]

dal grilletto facile, è sempre una cosa che scatena una gran rabbia

Questa rabbia è poi accresciuta dal senso d’impotenza che ti pervade quando il pistolero è un membro delle forze dell’ordine che, come al solito, sarà protetto a spada tratta non solo dai suoi colleghi, ma anche da giudici, magistrati e dallo scrittore di turno che, per non perdere mai l’occasione di stare zitto, se ne esce sempre con qualche analisi fuorviante (ogni riferimento a persone esistenti è puramente casuale). Il senso d’impotenza si acuisce poi con l’aggiunta di una punta di sbigottimento quando si nota come i media mainstream trattano la vicenda: senza controllare le fonti, senza appurare i fatti e diffondendo solo la versione della questura.

Nonostante però la crudeltà e lo schifo che suscita quanto accaduto, non è stato tutto questo che mi ha sconvolto. Girando per il web e leggendo articoli e analisi più o meno decenti, capita anche molto spesso di imbattersi nei commenti di qualche utente, che di decente solitamente hanno ben poco. Ciò che di spaventoso emerge, infatti, è come l’opinione pubblica percepisca questa vicenda. Molte sono state le perle individuate, ma quella che riassume più di tutte la percezione di tantissime persone di fronte a questo fatto è la seguente: “Chi giudica queste situazioni con codicini alla mano (ovvero non si spara per una infrazione del genere) farebbe bene a rendersi conto che non ci troviamo in una situazione normale ma in un territorio totalmente sottratto alla legalità dove i primi a non ritener applicabili i tanto sbandierati codicini sono i suoi abitanti! ..sono questi che vogliono vivere nel far west …compresa la famiglia che lascia andare un minorenne, fino a prova contraria ancora sotto la tutela della famiglia, in giro in piena notte in tre in un motorino senza casco e in compagnia di un latitante …allora che si applichino le leggi del far west!”.

La cosa aberrante è che la morte di Davide si giustifica per il fatto che è successo a Napoli, nel Rione Traiano, in uno dei quartieri dove la vita è più difficile e dove è percepito come normale che si possa essere uccisi per non essersi fermati a un posto di blocco della polizia. Se vai in tre sul motorino senza casco a Napoli, non sei visto per quello che sei: un ragazzino come tanti, con gli stessi comportamenti di un adolescente dei quartieri alti magari. No. Sei di una città percepita come territorio di guerra, e per di più di un quartiere povero. Automaticamente, diventi il nemico.

Mi viene alla mente una lezione di Alessandro Portelli sugli Stati Uniti. Noi studenti gli chiedemmo se, dopo l’elezione di Barack Obama soprattutto, il razzismo stesse diventando un lontano ricordo in America. Si mise a ridere e ci raccontò dell’uccisione di un ragazzo in Florida da parte di una guardia, qualche tempo fa, nel 2012. Un ragazzo di diciassette anni, della stessa età di Davide, che camminava in un quartiere bene di Sanford, dove abitava la sua ragazza. Che aveva fatto? Era un nero afro – americano con un cappuccio sulla testa che stava in una zona ricca. Automaticamente, non più un adolescente, bensì una minaccia. Si chiamava Trayvon Martin. La guardia che lo uccise a sangue freddo, George Zimmerman, fu assolta perché una corte decise che era normale sentirsi in pericolo incontrando un ragazzino nero incappucciato.

Davide Bifolco non è stato ucciso solo dallo Stato. Davide è stato ucciso anche da una mentalità gretta che vede i napoletani come cittadini di serie B, come un fastidio nella propria penisola ipocrita e felice. Davide è stato ucciso anche da chi pensa che sia normale correre appresso a un ragazzino con le armi spianate, solo perché si è a Napoli. Davide è stato ucciso da tutti voi, razzisti mascherati da gente perbene, che v’indignate perché non ci si ferma a uno stop e ignorate il dramma di un ragazzino ammazzato non solo dallo Stato, ma anche dal vostro odio di classe.