EUROPA

Dallo sciopero delle donne all’internazionale femminista. Voci dalla Polonia.

Un’analisi approfondita del movimento femminista polacco: dalla fine dell’Unione Sovietica alle recenti mobilitazioni di massa. «C’è bisogno di un’internazionale femminista: il femminismo è già la più importante forza politica antifascista, in Polonia e a livello globale»

Nel mondo contemporaneo la parità di genere è spesso data per scontata, mentre viene allo stesso tempo ripudiata e strenuamente avversata. La Polonia non è diversa in questo senso. Le donne polacche hanno ottenuto il diritto di voto relativamente presto (nel 1918) e il periodo del socialismo statale (1945-1989) ha portato cambiamenti positivi, inclusi l’aumento del livello di scolarizzazione delle donne, l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro e l’assicurazione dei diritti riproduttivi di base, compresa la legalizzazione dell’aborto nel 1956. Ad ogni modo, le disparità di genere hanno resistito e il nocciolo del contratto di genere patriarcale non solo è stato preservato, ma persino rafforzato dopo il 1989.

Nella Polonia contemporanea le occupazioni e i guadagni delle donne seguono tuttora la stereotipica divisione del lavoro. Noi rimaniamo responsabili della maggior parte del lavoro domestico non pagato, dell’educazione dei figli e del lavoro affettivo. Nonostante le professioniste della classe media godano di una posizione piuttosto forte rispetto al resto d’Europa (per esempio, c’è una differenza salariale relativamente bassa, la più bassa nella UE), le donne siano direttrici di importanti istituzioni culturali, la proporzione tra professori uomini e donne sia relativamente pari, quasi il 50% de* candidat* alle elezioni per il Parlamento Europeo 2019 fossero donne, etc., dobbiamo ancora lottare per i diritti riproduttivi di base.

L’accesso limitato all’aborto (dal 1993 è legale solamente nei casi di stupro, minaccia alla vita della donna o grave malformazione del feto) e ai contraccettivi moderni, come la mancanza di educazione sessuale nelle scuole, sono diventati i punti focali del movimento delle donne negli ultimi decenni. Mentre la mancanza di diritti riproduttivi colpisce tutte le donne, c’è una crescente consapevolezza che gli attacchi all’autodeterminazione dei corpi riguardano sproporzionatamente le donne delle aree rurali e/o economicamente svantaggiate. Non conta solo il genere, ma anche la classe, la sessualità, l’etnia e la (dis)abilità. Negli ultimi anni il movimento delle donne polacche si è diretto verso nuovi modi di costruire le proprie rivendicazioni e identità. Come diremo, nella sua eterogeneità e tendenza a trasgredire i confini tra forme di organizzazione formali e informali, tra le sfere politica e privata, il movimento contemporaneo delle donne in Polonia sembra abbracciare l’idea di trasversalità, caratteristica di molti movimenti femministi locali e autonomi.

Dopo il 1989, l’attivismo femminista in Polonia e in altri Paesi post-socialisti è stato incanalato per lo più in organizzazioni non governative, supportate da donatori occidentali e più tardi da fondi dell’Unione Europea. Nella letteratura dei movimenti delle donne, il femminismo dell’Est Europa veniva spesso dipinto come specificamente incline a essere co-optato dal neoliberalismo a causa del processo di ONGizzazione e della presunta debolezza del movimento locale delle donne, come della forte connessione tra il progetto di trasformazione democratica e il modello economico del libero mercato.

È certamente vero che la trasformazione post-1989 e il processo di europeizzazione hanno favorito questioni come la legge anti-discriminazione sul mercato del lavoro, compatibile con la governance neoliberale, ma non tutto il movimento delle donne ha dato priorità alla cooperazione con lo Stato e il mercato. Molti gruppi locali, studiose femministe e reti si sono opposti al neoliberalismo promuovendo critiche femministe al capitalismo avanzato, organizzando l’opposizione contro i tagli alle spese di welfare, e stringendo alleanze con i sindacati e i gruppi economicamente svantaggiati, come le madri single in lotta per i servizi di assistenza all’infanzia.

Un’occhiata più ravvicinata a queste battaglie rivela la trasversalità del movimento femminista polacco, intesa come l’abilità di attraversare l’opposizione binaria tra “riformismo” e “rivoluzione”, per stringere connessioni tra le femministe occupate nelle istituzioni e quelle attive nei gruppi dal basso, per connettere le persone che lavorano all’università, nel mondo dell’arte e impegnate nell’attivismo femminista. Mentre nel primo decennio successivo al 1989 il movimento delle donne si è concentrato principalmente sulla discriminazione sul posto di lavoro, la rappresentanza delle donne in politica, la violenza domestica e i diritti riproduttivi, durante l’ultimo decennio la questione della (dis)parità economica è entrata a pieno titolo nell’agenda femminista. Questo processo ha a che fare con tre importanti fenomeni: l’emergere del “Movimento delle madri single per il fondo alimentare” intorno al 2004, che erano supportate da gruppi femministi locali; la nascita di alleanze tra gruppi femministi autonomi e persone colpite da sfratti e condizioni di vita precarie nelle maggiori città polacche; infine, la protesta delle infermiere nel 2007, supportata da gruppi femministi e intellettuali con base a Varsavia.

L’ultimo esempio è emblematico dei modi in cui la trasversalità è diventata il maggior paradigma nell’organizzazione femminista contemporanea in Polonia. Nel giugno 2007 il sindacato nazionale delle infermiere e delle ostetriche ha iniziato una protesta contro i bassi salari, le condizioni lavorative deteriorate e la crescente precarietà. Centinaia di donne impiegate nel settore medico hanno viaggiato verso Varsavia e hanno costruito un campo, chiamato “la Città Bianca”, di fronte all’ufficio del Primo ministro. Hanno continuato le loro proteste e hanno vissuto in tenda per varie settimane, supportate dalle femministe e da gruppi di sinistra, come anche da laici che distribuivano cibo e acqua, invitando le infermiere nelle loro case per fare una doccia e diffondendo informazioni sullo sciopero nei social media e nei media tradizionali.

La “Città Bianca” ha portato solo a un minimo aumento dello stipendio e la situazione delle infermiere rimane tragica, ma le proteste hanno aiutato nel connettere donne impiegate nel settore della cura, femministe dei centri urbani e ex attivist* di Solidarność, fornendo terreno per l’ulteriore espansione dell’agenda femminista riguardo il lavoro e in questo modo aprendo un dialogo con le donne di vari strati sociali, inclusa la classe operaia. Mentre molte Ong femminili sono rimaste focalizzate su diritti riproduttivi, violenza di genere e mercato del lavoro, alcuni gruppi hanno continuato a mettere in evidenza le ingiustizie del capitalismo avanzato e della “democrazia del libero mercato”. Un esempio è l’Alleanza delle donne dell’8 marzo, nata nel 2001 come protesta contro le politiche sull’aborto e, dalla metà dei 2000, concentrata soprattutto sull’ingiustizia sociale. L’Alleanza ha organizzato e organizza le più grosse manifestazioni femministe, tenute ogni anno intorno all’8 marzo, dando sempre più voce a slogan anti-capitalisti e collaborando con donne della classe operaia appresentate nei sindacati. Nel 2005 e nel 2010 le manifestazioni erano esplicitamente incentrate sulla crisi del lavoro ed economica. I membri dei sindacati rappresentanti insegnanti, infermier* e lavorator* dei supermercati si sono uniti alla marcia. Il movimento femminista non è diventato un movimento di massa, ma si è aperto a diverse tipologie di critiche e di voci.

La situazione è cambiata nel 2016, quando delle organizzazioni ultraconservatrici hanno avanzato una proposta di iniziativa popolare che includeva un totale divieto dell’aborto nel Paese. Ancora oggi, l’accesso all’aborto legale è rigidamente limitato, la cifra ufficiale degli aborti legalmente praticati in Polonia è estremamente bassa (intorno ai 200-600 casi all’anno, che in un Paese con 38milioni di abitanti è ridicolo) e le organizzazioni femministe stimano che ci siano almeno 100mila aborti illegali l’anno. Dopo che la proposta di legge era stata ufficialmente presentata nei media, donne e uomini hanno iniziato a organizzarsi e mettersi in connessione per opporsi al divieto. Già il primo aprile 2016 un gruppo di 100mila donne e alleati si era riunito in un gruppo sui social media per resistere a questa legge repressiva e gruppi locali si erano formati (il gruppo principale, Dziewuchy-Dziewuchom, rimane uno degli strumenti centrali per discutere di questo tema e organizzare le proteste). Anche le organizzazioni e le reti femministe già esistenti hanno intensificato le loro attività. Inizialmente è stata formata la coalizione Ridateci la scelta!, e subito dopo vari gruppi hanno redatto un progetto di legge alternativo, per liberalizzare la legge sull’aborto. La proposta Salvate le donne! è stata sostenuta con 240mila firme e a settembre è stata sottoposta al parlamento.

La prima ondata di manifestazioni è avvenuta nell’aprile 2016, con una cinquantina di eventi in programma in città grandi e piccole in tutta la Polonia e nelle città con grosse comunità polacche all’estero. In settembre le due proposte sono state discusse al parlamento polacco, che ha deciso di bocciare la proposta di legge Salvate le donne! e di continuare a discutere il divieto all’aborto. I polacchi hanno risposto con mobilitazioni di massa e si è formato lo Sciopero delle donne polacche, una rete informale che raccoglie principalmente donne senza precedenti esperienze di attivismo. Il 3 ottobre 2016 è stato organizzato lo Sciopero delle donne, in cui più di 150mila donne in quasi 100 città e paesi sono scese per strada. Le proteste soprannominate “Lunedì nero” hanno portato al successo politico: il parlamento finalmente ha fermato le procedure per il divieto dell’aborto. Si sono verificati anche importanti cambiamenti nella narrazione. Insieme alla narrazione liberale incentrata sulla scelta, la questione della (in)giustizia economica era molto presente nel dibattito pubblico, sottolineando che il divieto di aborto è uno strumento di oppressione soprattutto per le donne povere e della classe operaia. Nelle società moderne le donne della classe media hanno molti modi di evitare le restrizioni all’assistenza sanitaria riproduttiva, così il divieto di aborto colpisce direttamente i segmenti più poveri della società, divenendo un altro strumento capitalista per diffondere ingiustizia e disparità.

Ispirato dallo sciopero nazionale delle donne in Islanda nel 1975, lo sciopero polacco ha incoraggiato le donne in altri Paesi. Già nell’ottobre di quell’anno in Corea del Sud le donne hanno tenuto manifestazioni a Seoul contestando le leggi restrittive sull’aborto nel loro Paese con il titolo “Proteste nere”. Anche attivist* da Italia, Messico e Argentina hanno cominciato a organizzare proteste di massa intorno allo stesso periodo, concentrandosi principalmente sulla lotta alla violenza contro le donne e al femminicidio. In risposta a sfide diverse, l’ondata femminista si stava alzando a livello internazionale. Femministe da più di 50 Paesi hanno cominciato a cooperare e l’8 marzo 2017, il primo Sciopero internazionale delle donne è stato organizzato in almeno 60 Paesi in tutto il mondo, incluse alcune città in Polonia.

Quali sono le conseguenze delle proteste per il futuro del femminismo in Polonia? Oggi ci sono decisamente molte più donne della classe operaia che si uniscono al movimento e si identificano con le rivendicazioni femministe. Ad ogni modo, se la composizione di classe del movimento sia molto cambiata rimane una domanda aperta. Il potenziale di mobilitazione del movimento è cresciuto: molti gruppi e organizzazioni femministe hanno manifestato l’8 marzo 2018 e 2019 e abbiamo avuto anche un’enorme protesta il 23 marzo 2018, quando un’altra legge anti-abortista era stata proposta in Parlamento, con 90mila donne e alleati che hanno manifestato a Varsavia e proteste molto più piccole in tutto il Paese e all’estero. Sicuramente più donne provenienti da piccoli centri sono ora coinvolte nel movimento femminista e c’è più attenzione alle problematiche economiche e politiche, come alla dimensione economica dei diritti riproduttivi. Ciononostante, la narrazione liberal-individualista incentrata sulla scelta e sui diritti individuali rimane egemone. Anche se lo sciopero era stato scelto nel 2016 come tattica principale, quando l* insegnanti polacch* iniziarono a protestare contro la legge salariale nel 2019, non furono supportat* massicciamente.

Le recenti proteste delle donne sono decisamente riuscite a fermare il divieto di aborto e a cambiare la visione della popolazione polacca in generale: nel 2016 solo il 37% dei rispondenti erano dell’opinione che la legge vigente dovesse essere liberalizzata, ma nel 2018 più del 50% dei rispondenti ha dichiarato che l’aborto dovrebbe essere disponibile “a richiesta”. Siccome questa è stata l’unica chiara vittoria della resistenza dal basso contro il governo in carica, l’influenza sulla situazione delle donne nel Paese è ovviamente enorme, rendendo difficile sostenere che le donne non siano importanti attrici politiche. L’enorme portata della mobilitazione ha rafforzato le voci delle donne nei dibattiti pubblici: tavole rotonde senza donne sono pubblicamente ridicolizzate, ci sono varie azioni sul #metoo, il 47% de*candidat* al Parlamento europeo erano donne (mentre per esempio in Germania erano il 35%) e ci sono più donne leader, commentatrici e intellettuali pubbliche. Ad ogni modo, le donne soffrono ancora di discriminazione sul posto di lavoro e nelle cure mediche, ci sono enormi disparità nel lavoro domestico e la violenza domestica colpisce ancora circa il 30% delle donne polacche su base giornaliera.

Riguardo la possibile collaborazione con i sindacati – l’unico che ha supportato senza condizioni lo sciopero delle donne e il piano femminista è stato Inicjatywa Pracownicza (Iniziativa dei lavoratori), un sindacato radicale organizzato dal basso, che lotta efficacemente per i diritti dei lavoratori in posti di lavoro come Amazon, logistica, università, asili e nel settore culturale. Gli altri sindacati, incluso il post-socialista Opzz (che organizza per lo più il settore pubblico) hanno supportato le proteste delle donne, ma senza prendere parte alle iniziative in questo campo. Il Solidarność di oggi a volte lavora contro i lavoratori e sempre contro le donne, supportando opportunisticamente l’attuale governo conservatore nelle sue politiche anti-abortiste. Dato che i tesserati di sindacato in Polonia si aggirano attorno al 12-14% degli impiegati, i sindacati sono relativamente deboli, ma l’assenza di interesse nell’unire le forze con il movimento delle donne è un esempio eloquente delle divisioni che ancora permeano la lotta per la solidarietà e la parità.

Stringere coalizioni, lavorare insieme e lottare insieme non è mai stato facile. Noi pensiamo, però, e lo abbiamo espresso in vari testi, libri, articoli e in discussioni pubbliche, che ci sia bisogno di un’internazionale femminista. Oggi il femminismo è già la più importante forza politica antifascista, in Polonia e a livello globale. Per il suo carattere trasversale, la (necessaria!) abilità di attraversare i confini e oltrepassare le opposizioni binarie, il femminismo è una forza che può portare un cambiamento sociale attraverso le generazioni, alleanze politiche e diverse forme organizzative, attraverso classi ed etnie. Le prospettive delle donne e le varie versioni del femminismo in Polonia sono sempre più articolate sui social media, nei libri (sia popolari che accademici) e, ancora più importante, nelle conversazioni e negli incontri di tutti i giorni. Le donne polacche tentano di formare nuovi gruppi e alleanze, con sindacati dei lavoratori e altri movimenti, partiti politici della sinistra (ci sono al momento due partiti politici che difendono apertamente le prospettive femministe, Wiosna e Razem), la popolarità degli studi di genere è in crescita, come il numero dei gruppi femministi, delle iniziative e delle organizzazioni.

Il movimento femminista influenza quello del lavoro, reclamando la parità di genere e una eguale divisione del lavoro affettivo e di cura, sia sul lavoro che in casa, come anche criticando lo smantellamento neoliberale del welfare e le responsabilità aziendali riguardo i diritti dei lavoratori e dei cittadini, reclamando la fine della violenza economica capitalista e lottando per diritti sociali per tutt*, contro il populismo conservatore. L’influenza del movimento femminista modifica il dibattito pubblico e i media, col risultato non solo di avere più donne nel dibattito pubblico, ma anche di una diversa rappresentazione delle donne e delle tematiche tradizionalmente associate con la femminilità, come il lavoro domestico, il lavoro affettivo e la riproduzione. Le donne si vedono come “le oppresse”, ma l’analisi di classe è presente solo in piccole parti del movimento femminista soprattutto associate al mondo accademico, a movimento radicali dal basso e, in misura molto minore, ai sindacati.

L’“Internazionale Femminista” è (ed è stata per molto tempo) una realtà vissuta dal movimento femminista polacco- Noi partecipiamo a gruppi e attività femministi internazionali, a sindacati de* lavorator*, organizzazioni da basso, partiti politici e loro alleati a livello europeo, come a iniziative quali lo Sciopero internazionale delle donne. L’internazionale femminista è forse la più grande e promettente internazionale dell’oggi, a parte l’internazionale dei gruppi fascisti che si sta formando in modo indipendente e che ovviamente ispira la nostra resistenza. Inoltre, l’attuale convergenza della crisi neoliberale e l’ascesa delle forze ultraconservatrici e nazionaliste richiede una cooperazione più ravvicinata, una condivisione di esperienze e un lavoro sulle strategie comuni tra forze progressiste. Negli ultimi due decenni la Polonia è spesso stata discussa come un caso in qualche modo senza speranza di ristagno europeo con il suo ordine patriarcale, la legislazione restrittiva sull’aborto e la dominazione continua della Chiesa cattolica. Nel contesto dell’ascesa della destra radicale e dei movimenti ultraconservatori in tutto il mondo, c’è una sempre maggior consapevolezza che la Polonia non è un’eccezione e che dobbiamo lavorare insieme per il futuro che abbiamo sempre immaginato.

Questo articolo è parte di un dossier intitolato “New Dispatches from the Feminist International”.

Ewa Majewska è una filosofa femminista della cultura e attivista, e assistente professoressa all’università di Varsavia. I suoi maggiori interessi sono counterpublics femminista, la resistenza debole e il comune.Elżbieta Korolczuk è una sociologa, autrice e attivista per i diritti umani e delle donne. Lavora all’università Södertörn di Stoccolma e all’università di Varsavia. I suoi interessi di ricerca includono i movimenti sociali, la genitorialità e il genere. Julia Kubisa è assistente professoressa all’istituto di sociologia dell’università di Varsavia e autrice femminista. I suoi interessi scientifici includono la divisione di genere del lavoro, le relazioni industriali e la sociologia del lavoro. Katarzyna Rakowska è una candidata al dottorato all’istituto di Sociologia dell’università di Varsavia e un’attività sindacale femminista. Sta lavorando a una tesi sul diritto allo sciopero il Polonia.

Articolo originale pubblicato su viewpointmagazine

Traduzione in italiano di Marta Lovato