EUROPA

Da Berlino si alza una voce: «We’ll come United!»

15mila persone in corteo nelle strade della capitale tedesca, a una settimana dalle elezioni politiche federali. Per dire no alle deportazioni e ai confini, per mostrare che esiste già un’altra società in cui veniamo insieme e viviamo insieme.

«Non ci abitueremo a quello che sta accadendo davanti ai nostri occhi e che è considerato la normalità: la situazione non sta migliorando. Sofferenza e morte non sono più eccezioni ma parte integrante della vita di chi ancora non fa parte di questo paese e di chi cerca di raggiungerlo. Le persone sono insultate, umiliate e picchiate. La solidarietà di migliaia di persone è calpestata. Siamo guardati con sospetto. Costruiscono recinzioni per non farci entrare. Ci rimpatriano per farci sparire. Ma noi siamo qui. E ci resteremo. Abbiamo le nostre speranze. Abbiamo i nostri sogni. Noi viviamo. We’ll come United».

Queste le parole che hanno portato circa 15mila persone a sfilare per le strade di Berlino il 16 settembre, a una settimana di distanza dalle elezioni federali. Persone di diversa nazionalità, età e identità sessuale, hanno risposto alla chiamata di We’ll come united, un network nazionale, composto da più di 100 realtà solidali, che da quasi un anno collaborano all’organizzazione del CommUnity Carnival 2017. Una manifestazione politica, culturale e artistica, che chiama all’unità e alla solidarietà in nome dei diritti della persona e porta in piazza le forme di resistenza, di auto-organizzazione e di disobbedienza civile, che si oppongono alle politiche discriminatorie e violente di un’Europa che fa della paura e dell’odio le sue principali linee politiche.

Il corteo antirazzista, composto da 18 carri, è partito dal Ministero degli Interni, responsabile delle continue deportazioni di migranti verso quei paesi – tra cui Afghanistan, Kosovo e diversi Stati africani – considerati ‘sicuri’. Deportazioni che, a partire dall’approvazione delle nuove regole sulla richiesta di asilo, nel maggio scorso, sono divenute ancora più semplici da attuare, infrangendo pesantemente i diritti della persona.

La manifestazione è stata aperta dall’intervento dei rappresentanti di Seawatch, sulla situazione attuale nel Mediterraneo e sugli accordi internazionali, con particolare riferimento alla criminalizzazione delle ONG, che portano soccorso ai migranti. Altro tema discusso è stato il sequestro, da parte delle autorità italiane, della nave Juventa di Jugend Rettet («la gioventù che salva»). Nel frattempo, l’associazione Gesellschaft Kultur des FriedensSocietà per una cultura della pace») srotolava uno striscione lungo 100 metri con i nomi di 33mila persone che, per colpa delle politiche della fortezza Europa, hanno perso la loro vita durante il viaggio.

Il lungo corteo del Carnevale, dopo aver attraversato il centro politico della Germania, si è fermato davanti all’Humboldt Forum, per ricordare il passato coloniale dell’Europa e il suo presente neo-coloniale, ovvero le ragioni profonde delle ingiustizie, dello sfruttamento e della violenza alla base delle migrazioni di massa degli ultimi decenni: «We are here, because you are there». A questo punto del percorso al corteo si è unita la manifestazione femminista What the fuck, contro la marcia anti-abortista in corso nel centro cittadino.

Il neo-colonialismo, l’industria del controllo e dell’immigrazione, il sistema di isolamento e l’oggettivizzazione dei migranti, la violenza e il razzismo, l’emersione delle nuove destre in tutta Europa e in particolare il neo-nazismo in Germania, i temi portati per le strade attraverso performance, musica, rap, poesia e racconti. Ma anche le forme di resistenza, di presa di coscienza e voce, la possibile solidarietà dal basso, sono state raccontate per le strade della capitale tedesca: «Nobody gives us a voice, we take it».

Tra i partecipanti moltissimi gruppi auto-organizzati di migranti, progetti di empowerment e di mutuo-soccorso, progetti artistici e politici, gruppi di solidarietà, come ad esempio: Jugendliche ohne Grenzen (Giovani senza confini), We are born free empowerment Radio, Theater X e Club al-Hakawati, Women in Exile and friends, Corasol…. Anche il City Plaza, l’albergo occupato ad Atene che ospita circa 400 rifugiati, era presente con un carro al Carnevale.

La forma del Carnevale è stata scelta per creare una polifonia di voci, per celebrare la vita e una società che non è un’utopia, ma l’orizzonte concreto di riferimento per un presente e un futuro in cui vogliamo vivere.

Il corteo si è poi fermato a Oranienplatz, luogo simbolo della resistenza auto-organizzata di migranti e rifugiati, che l’hanno occupata nel 2012 sino allo sgombero nel 2014. Prima del concerto conclusivo organizzato da Berliner Bündnis gegen Rechts (Rete contro le destre), l’intervento di Alle Bleiben (Tutti rimangono), sulla situazione e le deportazioni dei Rom e quindi il discorso conclusivo di Newroz Duman, portavoce della rete, che ancora una volta chiamava all’unità e alla solidarietà: «Una settimana prima delle elezioni vogliamo mostrare la nostra presenza. Vogliamo aprire uno spazio per tutte quelle voci e storie che altrimenti non sarebbero ascoltate. Noi diciamo: Welcome United!».

Il prossimo passo della rete, che si riunirà nuovamente a Berlino in novembre e ha l’intenzione di ampliarsi a tutta Europa, sarà l’organizzazione di un convegno e del prossimo CommUnity Carnival:

Veniamo insieme, veniamo uniti, contro il razzismo, l’anti-semitismo, l’anti-islamismo e il sessismo. Resteremo uniti fino a quando non ci saranno diritti uguali per tutti!