EUROPA

Croazia in prima linea nella fabbrica della paura

La perdita di diritti per tutti passa attraverso la violenza sdoganata dalle istituzioni e dai loro rappresentanti contro i gruppi più deboli. Le posizioni della Presidentessa croata sulla questione migratoria ne sono un esempio.

«Illegali? Non sono i respingimenti a essere illegali».

La presidentessa croata Kolinda Grabar-Kitarovic si difende così dalle domande del reporter di “SRF”, un media outlet svizzero, nel video  pubblicato il 9 luglio scorso. Salvo poi affermare che la Croazia sta difendendo i confini di tutta l’Unione Europea e che «un po’ di forza è necessaria» per effettuare i respingimenti di migranti al confine croato-bosniaco.

È la prima volta dall’inaugurazione della durissima politica migratoria croata che un personaggio politico ammette pubblicamente perfino l’esistenza dei respingimenti.

Fino a questo momento, la versione delle forze di polizia e perfino del ministro dell’interno era che le ferite riportate dai migranti e documentate dagli attivisti e dai volontari operanti in Bosnia e in Serbia erano in realtà dovute a risse tra i migranti stessi. Si è arrivati addirittura a sostenere che i volontari impersonassero poliziotti croati per gettare fango sul paese.

Due giorni dopo, l’Ombudswoman croata ha pubblicato una lettera che aveva ricevuto a marzo da un agente di polizia, nella quale si parla di ordini ricevuti dai superiori in palese violazione dei diritti umani e si afferma che la violenza documentata dagli attivisti di Border Violence Monitoring e altre associazioni è perfino modesta rispetto a quella praticata in realtà nella sua stazione di polizia. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

La nuova presidentessa della commissione europea Von der Leyen ha subito sollevato il caso, parlando di grave violazione dei diritti umani e minacciando la Croazia di non poter entrare nello spazio Schengen. Frontex si è distanziata dalle pratiche della polizia croata e ha sottolineato la propria estraneità, mentre la corte europea dei diritti umani ha aperto una procedura contro il paese.

Ci sarebbe piaciuto aggiungere queste notizie di corollario, ma purtroppo non viviamo in un mondo ideale e la risposta delle istituzioni è stata praticamente assente. Eppure la documentazione delle violenze al confine procede da più di un anno ormai e le dichiarazioni di alti ufficiali e politici croati non lasciano molto alla fantasia.

Appena un mese fa, il ministro dell’interno Davor Bozinovic ha presenziato a un evento alla stazione di polizia di Grabovac, come riportato in un video da Al Jazeera. Si trovavano con lui anche Nikola Milina, il capo della polizia, e Mladen Matovinovic, il direttore della polizia di frontiera.

Gli ufficiali hanno parlato del ruolo della Croazia nel difendere i confini europei come di un “test” per l’ingresso nello spazio Schengen, hanno negato l’uso della forza contro i migranti e hanno affermato che spesso questi tornano volontariamente in Bosnia dalla Croazia.

In una ostentazione crassa della loro stessa ipocrisia, hanno poi passato in rassegna le forze di polizia ufficialmente impiegate nella sorveglianza dei confini e gli equipaggiamenti impiegati, vantandosi con i media nazionali di poter identificare un uomo fino a dieci kilometri di distanza.

Bozinovic sul suo profilo Twitter si fa vanto del fatto che le operazioni al confine siano finanziate in larga parte dall’UE, che ha effettivamente stanziato 155.6 milioni di euro per lo stato balcanico fino ad oggi.

Se non bastassero il comportamento e le parole di Bozinovic e dei poliziotti a destare qualche sospetto, ci sono ormai innumerevoli prove video, fotografiche e documentarie del fatto che i respingimenti avvengano e siano talvolta estremamente violenti.

L’associazione Border Violence Monitoring raccoglie da quasi due anni testimonianze di migranti che sono stati respinti e ha a sua disposizione un database impressionante. Nonostante la difficoltà di verificare le singole storie nei dettagli, ci sono dei pattern ricorrenti che è difficile etichettare come inventati o falsi tout-court.

Appena due giorni fa è stato pubblicato dal sito sloveno siol.net un video che mostra la polizia slovena alle prese con più un centinaio di persone. I poliziotti fanno sdraiare i migranti faccia a terra, imbracciando i fucili. Il sito riporta che queste persone siano state poi respinte quasi tutte verso la Croazia.

I “respingimenti a catena” dalla Slovenia alla Croazia e poi alla Bosnia sono frequenti e documentati e sono quelli in cui la polizia croata usa la violenza in modo più regolare e schematico, con squadre di poliziotti in passamontagna ad accogliere i migranti al loro arrivo al confine bosniaco. La maggior parte delle testimonianze descrive lo stesso comportamento: i migranti vengono fatti scendere uno a uno dal furgone e ad aspettarli trovano due file di poliziotti con torce puntate al loro volto, che li picchiano con i manganelli subito dopo per poi lasciarli scappare verso la Bosnia. Come si evince da questi racconti, la violenza è sistematica e non occasionale, il che ci rimanda alle affermazioni della presidentessa croata e alle lamentele dell’anonimo poliziotto: i respingimenti avvengono sulla base di ordini dei superiori, c’è un sistema e non sono pochi esagitati a compiere questi crimini.

Nonostante tutte le prove e le riflessioni raccolte, però, l’Unione Europea non fa cenno di voler cambiare politiche o sanzionare in qualche modo la Croazia. Al contrario, siamo in pieno processo di esternalizzazione delle frontiere. Frontex ha inaugurato a maggio la prima operazione nella quale impiegherà attivamente agenti al di fuori del suolo europeo, in Albania, e il progetto è di arrivare ad accordi simili anche con Bosnia e Serbia. La “nuova polizia di frontiera”, riformata dalla scorsa commissione europea sotto la presidenza Juncker, ha un ruolo più attivo e un organico molto più forte che in passato, ma su questo Ursula von der Leyen non cambia rotta rispetto al suo predecessore, addirittura auspicando che si arrivi all’obiettivo di avere 10.000 agenti Frontex attivi per il 2024 e non per il 2027 come da progetto attuale.

In questo clima, i politici giocano a rimpiattino con “la paura della gente” e giustificano le loro storture securitarie con una atmosfera generale che è creata in realtà dalle loro stesse politiche.

Una lettera pubblicata dal sito croato H-Alter illustra bene questo processo: un escursionista si è trovato a essere testimone di un respingimento sul monte Risnjak, in Croazia. Si trovava in un rifugio con altre persone, quando sono arrivati due poliziotti armati di tutto punto che hanno detto di essere di pattuglia per intercettare migranti.

Durante la sera effettivamente due persone si sono avvicinate al rifugio chiedendo dell’acqua e alcuni degli escursionisti che erano all’aperto le hanno aiutate, ma i poliziotti sono usciti e hanno iniziato a sparare poco al di sopra delle teste dei migranti. Il clima nel rifugio si è fatto teso e le persone hanno avuto paura, chiaramente per gli spari più che per la presenza degli stranieri. I poliziotti però al loro ritorno all’interno hanno strenuamente difeso il loro operato, asserendo di essere lì «per difendere» i croati. Nel giro di poco, quasi tutti gli escursionisti hanno iniziato a riferirsi ai migranti come a «quelle bestie» e a complimentarsi con i due agenti.

La realtà di due persone deboli e inoffensive che si avvicinano chiedendo dell’acqua scacciate a colpi di fucile dalle forze dell’ordine si è ribaltata così grazie alla paura provata dagli escursionisti a causa delle stesse forze dell’ordine e alla retorica tossica da queste impiegata per giustificarsi.

Una descrizione in scala di quello che sta avvenendo in Croazia, in Italia e in tutta l’Unione Europea e che permette a Grabar-Kitarovic di riconoscere violazioni dei diritti umani senza temere alcuna ripercussione, a Salvini di far passare leggi lesive dei diritti non solo dei migranti ma di tutti i cittadini e ai governi un po’ ovunque di spendere cifre mai viste prima per la protezione dei confini e per le spese militari, mentre lo stato sociale è al collasso.

L’idraulico ha rotto la caldaia, la casa è allagata e ci sta dicendo che per risolvere il problema abbiamo bisogno di altra acqua.