ITALIA

«Cosenza vuole il meglio». Mobilitazioni per una sanità pubblica e di qualità

Manifestazioni in tutte le città calabresi dopo l’istituzione della zona rossa. Le proteste hanno avuto una partecipazione composita e a Cosenza i cittadini e il personale ospedaliero sono scesi in piazza per chiedere investimenti strutturali nel sistema sanitario

La città di Cosenza è attraversata in queste settimane da numerose manifestazioni. La settimana scorsa al grido «Sanità Pubblica, Sanità Pubblica» i cittadini hanno occupato le rampe di accesso all’autostrada A2. Nei giorni scorsi le mobilitazioni si sono moltiplicate, anche il personale sanitario ha protestato contro l’azienda ospedaliera chiedendo nuove assunzioni e strutture idonee a gestire l’emergenza. La pandemia da Covid-19 ha fatto collassare un sistema sanitario già compromesso da 10 anni di tagli alle risorse e gestione commissariale. Sono bastati poco più di 250 contagi al giorno per mandare in tilt gli ospedali e rendere necessario il lockdown. Abbiamo chiesto all’attivista Stefano Catanzariti di raccontare e analizzare la situazione

 

Prima di tutto, ci puoi raccontare come sono nate le manifestazioni?

Da più di una settimana dopo le manifestazioni di Napoli ci sono stati dei momenti di piazza qua a Cosenza. Inizialmente, vertevano sulla questione del lockdown: i commercianti erano contrari alle chiusure senza soluzioni economiche. L’obbligo di chiusura alle 18 dei ristoranti aveva dato l’avvio alle proteste.

Cosenza è una città che si regge economicamente sui servizi e sul pubblico, non ci sono fabbriche, non ci sono grandi aziende. Chiudendo bar e ristoranti si mette in crisi una parte consistente dell’economia della città, soprattutto chi vive di lavoro saltuario. Dal momento in cui si annuncia la “zona rossa” sul territorio calabrese, però, le manifestazioni cambiano di tono.

Si capisce che la questione non era legata al numero dei contagi, tutto sommato ancora basso, ma alla tenuta del sistema sanitario. In quel momento è esplosa la rabbia tra la gente, perché il problema della sanità esiste da molti anni ma non è mai stato affrontato e risolto.

Molte persone che sono scese in piazza hanno vissuto sulla propria pelle il dramma della sanità: chi ha rinviato visite importanti, chi è stato costretto a curarsi fuori regione, chi ha atteso anni per un’operazione a causa del numero insufficiente del personale o per l’assenza di strumentazioni mediche. Dopo questa manifestazione il diritto alla salute e la sanità pubblica sono diventati un argomento comune adottato dal resto della città e della Regione.

 

Guardando i video delle manifestazioni, si sente spesso il coro: «Sanità pubblica». In altre parti d’Italia le rivendicazioni sono state più di stampo economico. Come mai a Cosenza le proteste si sono concentrate sul diritto alla salute?

Il malgoverno locale e regionale ha contribuito alla distruzione del sistema sanitario pubblico. Tutto a favore della sanità privata che garantisce un indotto economico e politico. Da una parte assicura guadagni enormi, dall’altra muove pacchetti di voti tramite le assunzioni.

Oltre i miliardi di euro regalati ai padroni della sanità privata come le famiglie Morrone e Greco, c’è un sistema di clientele che garantisce carriere politiche. Da anni denunciamo la situazione: questo lavoro ci ha permesso di conquistare la fiducia della città e ha dato credibilità alle nostre proposte. Abbiamo adottato un linguaggio chiaro e la gente si è mostrata d’accordo con la lotta.

Chiaramente, anche il clima generale ha contribuito. La “zona rossa” dovuta alla fragilità strutturale degli ospedali e non alla situazione dei contagi, le esternazioni di Cotticelli e di Spirlì… Tutte queste cose si sono rivelate fondamentali, anche se poi occorre partecipare alle manifestazioni e attraversarle nella loro contradditorietà. Se non scendi in piazza, se non provi a portare i tuoi contenuti, come fai a pensare che la piazza non va nella direzione dell’abolizione della mascherina?

C’è anche un lavoro di base realizzto nei quartieri: durante il primo lockdown abbiamo portato 7000 spese al mese, 600 pasti a sera. La città ormai ha anche una complicità con le richieste che vengono dal basso. Su questo c’è lavoro quotidiano nei quartieri, cercando di coinvolgere anche le persone che non vengono dal tuo percorso politico; questa, secondo me, è la chiave vincente.

 

Ii corteo indicava con chiarezza i nomi dei responsabili, rivolgendosi direttamente a loro come succede negli escrache sudamericani: siete andati sotto le case di alcuni politici e proprietari di cliniche private a gridare la vostra indignazione…

Oltre allo smantellamento della sanità, la piazza è esplosa contro la mala politica che governa da anni sui nostri territori. Al momento della chiusura si è palesata tutta la cattiva gestione dei mesi successivi alla prima ondata: l’apertura delle discoteche; le esternazioni dell’ex Presidente della regione Santelli; le dichiarazioni negazioniste di Salvini. In nove mesi nessuno ha messo in campo gli interventi necessari, c’erano 86 milioni che poi abbiamo scoperto essere 99 che non sono stati spesi o non sono stati impegnati.

In questo valzer di responsabilità la gente ha capito che non può essere più governata da gente come Gentile, Adamo, Bruno Bossio, Oliverio, Occhiuto politici di tutti gli schieramenti che da 30 anni è ai posti di comando e ha lucrato su tutto. I risultati sono lampanti, siamo arrivati al collasso. Cosenza è piccola sappiamo dove abitano tutti, quando il corteo è passato sotto casa di Katia Gentile (figlia di Pino e nipote di Antonio, dal Psi a Forza Italia una famiglia da decenni ai vertici delle politica locale) o sotto la clinica dei Greco sono partiti i «vaffanculo», mentre quando sono passati sotto casa di Morrone (più volte consigliere regionale con diversi partiti e proprietario di cliniche private) qualcuno gli ha citofonato e i manifestanti gli hanno gridato: «Ti sei mangiato tutto».

 

(foto dalla pagina Facebook di Ferdinando Gentile)

 

Quali sono le vostre rivendicazioni?

Al momento dalle varie piazze sono usciti fuori temi e alcune proposte. Di sicuro si chiede una sanità pubblica, di qualità e gratuita. Ma soprattutto dalle città di provincia si vuole l’apertura degli ospedali intermedi che sono stati chiusi nel tempo. Nel 2010 l’allora commissario alla sanità e presidente di regione Scopelliti ne ha chiusi più di 10. Si chiede l’assunzione di nuovo personale perché a causa del blocco del turn-over da tanto tempo non vengono assunti nuovi operatori sanitari.

Si è chiesta l’istituzione delle Usca, previste dal piano Covid e mai realizzati, presidi sanitari che dovevano somministrare i tamponi per il drive-in e formare i medici di base per operare direttamente a domicilio per sostenere i casi di positività che non presentano sintomatologie gravi. L’istituzione delle Usca serviva a decongestionare gli ospedali e a garantirne il funzionamento ordinario. Al momento, invece, l’ospedale di Cosenza è diventato il punto nevralgico di tutta la provincia, che conta più di 700mila abitanti, e ciò ha portato a un sovraffollamento del pronto soccorso: ci sono ambulanze in fila, persone positive in attesa.

 

Dopo l’occupazione dell’autostrada le manifestazioni sono continuate. Che azioni avete intrapreso?

Dopo le manifestazioni sono nati gruppi sia su Facebook che su Whatsapp, di cui alcuni contano anche 50 mila iscritti. La cosa più importante, però è che la gente sul territorio si stia organizzando per ottenere risposte sulla questione sanitaria. Interessante è che il dibattito si sia diffuso in tanti paesi della provincia, dove sono nati comitati e i cittadini discutono insieme.

La partecipazione in questi gruppi è variegata. Negli scorsi giorni tutti i comitati abbiamo organizzato anche un’azione coordinata in tutta la regione, ci siamo dati appuntamento davanti gli ospedali, molti dei quali chiusi, per chiedere una sanità di qualità.

 

La protesta si è diffusa anche tra medici e infermieri…

Il personale sanitario del pronto soccorso si è riunito, fuori dall’orario di lavoro, sotto la sede dell’azienda ospedaliera. I lavoratori hanno chiesto al commissario Panizzoli risposte immediate su assunzioni e sulla fornitura di materiale. Il personale sanitario è allo stremo: sui social girano dei che mostrano 40 pazienti covid ammassati in attesa, file di ambulanze che aspettano con le persone dentro per processare i tamponi. Addirittura oggi è andata in tilt la macchina che processa i tamponi ed è stato tutto quanto bloccato.

C’è una situazione di agitazione diffusa a ciò si è aggiunto il lavoro mediatico e di contro informazione. Anche i cittadini hanno cominciato a ricercare notizie, a fare meme, a scrivere su Facebook, ad attaccare tutta la classe politica responsabili del collasso del sistema sanitario. La situazione è in continua evoluzione. La sanità pubblica sta diventano un tema sempre più centrale. I cittadini calabresi non si accontentano più. Dopo che le dimissioni forzate del commissario Cotticelli e dopo che il collettivo femminista Fem.in ha pubblicato il video di Zuccatelli contro l’uso delle mascherine, si fanno i nomi per un nuovo commissario, è trapelato anche il nome di Strada, ma la gente vuole una sanità di qualità e non si accontenta più.

 

Si è creato un dibattito sulla possibile nomina di Gino Strada come commissario della sanità in Calabria. Cosa ne pensi?

Strada è un buon nome, la sua storia parla da sola: ha messo in piedi ospedali dal niente, ha curato malati in zone di guerra, ha fatto battaglie per il diritto alla salute. Strada sostiene le nostre stesse proposte: sanità pubblica e gratuita e con gli stessi livelli da Bolzano a Palermo. I temi sono quelli ma non basta, bisogna andare oltre i nomi. Non serve un salvatore ma serve un progetto, serve che i cittadini stiano con il fiato sul collo alla politica e agli amministratori.

Ci troviamo in una città e in una regione popolate da squali. La politica, la ‘ndrangheta, la massoneria non ci mettono niente a metterti alle strette. L’unica cosa che fa paura è quando si mette costantemente in discussione il potere, in questo momento è la mobilitazione di cittadini e lavoratori a costringere gli enti locali ad aprirsi a soluzioni migliori. La strada vincente è continuare a pretendere il meglio e non accontentarsi più

 

Immagine di copertina dalla pagina Facebook di Prendocasa Cosenza