ROMA

Cosa succede a Scomodo?

La vicenda del giornalista Alessandro Luna, fra gli animatori della rivista studentesca Scomodo, che sul proprio profilo instagram ha stilato una “classifica” di alcuni centri sociali italiani con linguaggio intriso di sessismo e disprezzo. Poi la presa di distanza di Scomodo e la risposta del laboratorio autogestito Manituana di Torino

«Quattro centri sociali: pischellette, radical e tossici si sfideranno a colpi di schifo e solidarietà per aggiudicarsi il premio di miglior centro sociale del nord Italia»; «Alla figa ho dato 4 perché le ragazze sono tutte dello stesso tipo: delle tossichelle, quelle con i capelli rasati e i piercing, quindi se cercate altro non potete andare all’Xm, è come un ristorante che fa tutto piccante, manca un po’ di varietà»; «Alla figa ho dato 8 perché le ragazze sono radical come piacciono a me, tutte ricchette ma che si vogliono contaminare. Quindi il Làbas guadagna 24 punti»; «Alla figa ho dato 6 perché le ragazze non sono carinissime ma la selezione di malattie veneree è molto buona, anche con alcune rarità che non è facile trovare. Il Manituana di Torino totalizza 22 punti. Un posto carino, non si mangia granché venite già mangiati e già drogati».

 

A leggere il linguaggio intriso di becero sessismo e disprezzo per i centri sociali sembrerebbe una classifica stilata da uno strano incrocio tra “Sesso, Droga e Pastorizia” e “Roma Fa Schifo”. Invece l’autore di questa storia Instagram si chiama Alessandro Luna, uno dei fondatori della rivista studentesca Scomodo, e voce del video della campagna abbonamenti 2021.

 

Sul suo profilo Instagram si legge: «Giornalista. Passato per @ilfoglio. Ora @torcha e @domanigiornale». Fino a lunedì 11 gennaio c’era anche scritto: «per sempre @leggiscomodo». Quel giorno insieme al riferimento alla rivista studentesca è sparita anche la storia Instagram (che qualcuno ha ricaricato qui, se volete controllare la trascrizione). Perché eliminare quei riferimenti?

Proviamo a fare un po’ di chiarezza su una vicenda che potrebbe sembrare un chiacchiericcio da social network, ma che invece ha un’importante valenza di cultura politica.

 

La versione di (S)comodo

Il primo fatto strano di questa vicenda è la replica preventiva di Scomodo, che arriva il 12 gennaio, prima del comunicato con cui le attiviste del lab Manituana di Torino hanno reso pubblica la storia.

«In relazione ad alcune storie Instagram risalenti ad un anno fa, che stanno circolando in queste ore, legate ad un attivista di Scomodo apparso anche recentemente in un contenuto di sponsorizzazione […] ci sembra doveroso sottolineare come le ragazze e i ragazzi di Scomodo prendano le distanze nella maniera più assoluta», scrive Scomodo sui suoi account social. E ancora: «Data la natura aperta e le centinaia di attiviste e attivisti che negli anni hanno contribuito al progetto ci è impossibile controllare e rispondere dei comportamenti delle singole persone, e tuttavia troviamo ovviamente doveroso, in casi come questo, segnalare e prendere le distanze da dichiarazioni e atteggiamenti di questa natura».

Quello che è accaduto non ci riguarda, o ci riguarda poco, sembra dire il comunicato. Ma non tutti la pensano così. E infatti su Facebook il primo commento parla di «versione di (s)comodo» perché del redattore non viene fatto il nome e perché si cerca di far passare il messaggio che sia un «semplice attivista e non uno dei redattori di Roma». «Non scrive per noi da un anno», rispondono da Scomodo. E però non è vero: per esempio il 13 aprile 2020 Luna ha firmato questo articolo La quarantena dei sex worker.

 

Gli spazi di Manituana (dal profilo Facebook di Manituana – Laboratorio Culturale Autogestito)

 

C’è poi il «contenuto di sponsorizzazione» citato in apertura del testo (è questo qui). Non un video qualsiasi, ma, come detto, il lancio della campagna abbonamenti 2021. Le sottoscrizioni sono sollecitate parlando di disoccupazione femminile e spazi della capitale abbandonati «all’indifferenza e degrado generale». La voce è di Alessandro Luna, la data il 23 dicembre 2020.

 

C’è poi un altro dettaglio non piccolo che il comunicato non menziona. Luna non era andato a visitare i quattro centri sociali entrati nella sua “classifica” per interesse personale, bensì per conto di Scomodo che, a novembre 2019, era in giro per distribuire il numero della rivista «Inquinanti», stampato in migliaia di copie (nel numero spicca anche un articolo pro-Tav).

 

Ricapitolando: la storia Instagram risale a poco dopo novembre 2019; rimane online (“in evidenza”) per 14/15 mesi a disposizione di tutti i follower; dopo la pubblicazione Luna continua a far parte di Scomodo (scrivendo e recitando nei video); poi all’improvviso a gennaio 2021 spariscono dal profilo dell’autore la classifica incriminata e il riferimento alla rivista; qualche giorno dopo dal sito www.leggiscomodo.org vengono cancellati nome e cognome dell’interessato dalla pagina “la famiglia”.

Perché? Perché a inizio gennaio la storia è arrivata alle attiviste di Manituana: l’hanno vista e non ne hanno apprezzato “l’umorismo”.

 

Il punto di vista di Manituana

«Scopriamo solo recentemente, proprio qualche giorno fa, che uno dei più promettenti influencer della Roma Bene, nonché una delle più brillanti carriere giornalistiche delle nuove generazioni, ha parlato proprio di noi», hanno scritto lunedì 18 gennaio le attiviste di Manituana sulla loro pagina Facebook. E spiegano: «Dovete sapere che lui, assieme ad altri suoi “compagni” di Scomodo, un anno fa visitò il nostro centro sociale in occasione delle gite culturali ed esplorative della rivista di cui faceva parte tra i centri sociali del nord Italia. […] Il ragazzo si era mascherato bene, giornalista desinistra di un progetto che dichiara di sposare certi valori, e invece chi meglio di lui ha saputo produrre un cocktail di sessismo, misoginia, sickshaming (ciccio, se ci leggi, ma te non eri anche l’autore di un articolo sui diritti delle sex worker durante la pandemia?), becera arroganza maschilista». Il comunicato combina ironia e determinazione e spiega bene cosa è accaduto. Si può trovare integralmente qui.

 

Il precedente

Il disprezzo di Luna nei confronti del mondo dei centri sociali, peraltro, non è limitato alla storia su Instagram. A maggio 2019 sulla testa degli spazi occupati e autogestiti della capitale si era materializzata una nuova minaccia. Una lista di 22 esperienze da sgomberare, redatta dalla prefettura di Roma su mandato dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini.

 

È in quell’occasione che Luna scrive sul Foglio a proposito delle occupazioni sotto sgombero, siamo a luglio 2019. I bersagli sono soprattutto due: il Nuovo Cinema Palazzo, che attraverso la voce di un presunto occupante viene erroneamente descritto come un’occupazione abitativa che avrebbe dato casa a cento persone (fake news a tutti gli effetti); Spin Time, «dove vivono 180 famiglie e che però ospita anche rave, spettacoli teatrali e proiezioni».

 

Il giudizio su questa importante esperienza sociale della capitale viene lasciato a Daniele Capezzone: «I due aspetti, in casi come quello di Spin Time, sono mescolati in modo furbesco per creare un pretesto che protegge un’attività che ha un interesse più nel profitto che nella cultura».

Tra le attività che Spin Time ospita c’è anche «Spazio Scomodo» (progettato da «oltre 40 architetti» e supervisionato dallo «studio Alvisi-Kirimoto, che ha collaborato con Renzo Piano», scrive Repubblica). È la sede della rivista, che all’interno dello spazio occupato ha avuto anche la possibilità di finanziarsi con eventi e serate.

(Dal profilo Facebook di Daniele Capezzone)

 

Da notare che Capezzone non è un nome a caso: nel 2011 si distinse per una dura campagna a favore dello sgombero del Nuovo Cinema Palazzo e a difesa della società che nell’immobile di piazza dei Sanniti voleva realizzare un casinò (ne abbiamo dato conto qui).

 

Quindi?

Sarebbe bastato riflettere su questo articolo, in cui Nuovo Cinema Palazzo e Spin Time vengono definiti “spazi abusivi” per evitare di mandare in tournée nei centri sociali del Nord Italia un redattore, o attivista che dir si voglia. Quando fu pubblicato l’articolo su Il Foglio, però, nessuno rese pubblica la contraddizione tra essere parte di Scomodo e attaccare gli spazi sociali, compreso quello che ospita la rivista. Eppure era tutto là: sui social di Luna. Difficile pensare che i suoi amici più stretti della redazione non si siano accorti di nulla.

 

Ciò non significa che tutte le redattrici e i redattori che partecipano alla rivista tra Roma, Milano, Napoli e Torino potessero conoscere queste vicende, né che abbiano alcuna responsabilità.

 

È anche evidente, però, che Luna non è uno qualsiasi, in mezzo a centinaia di altri collaboratori. Scomodo si è sempre dichiarato vicino a valori e lotte che trovano negli spazi sociali il proprio tessuto connettivo essenziale, la propria linfa vitale, e non a caso la sua redazione è proprio in uno di questi spazi romani. Perché non è stato fatto niente fino a un attimo prima che questa “brutta storia” diventasse pubblica? Perché anche dopo si è tentato di sminuire? Si tratta solo di difesa di uno dei propri fondatori (attivisti/redattori) o dell’implicita sottovalutazione di una certa cultura politica?