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Coronavirus: c’è chi scommette sui tuoi starnuti

Mentre il mondo si appresta a mettersi al sicuro dal contagio e i sistemi sanitari si preparano a reggere l’impatto dell’epidemia, i mercati finanziari hanno iniziato a scommettere sulla vita e la salute di tutti e tutte

Mentre nel turbinio di notizie, spesso fra loro contraddittorie, sulla diffusione e pericolosità del Coronavirus, ciascuno di noi cerca di affrontare l’epidemia come meglio riesce, qualcuno sui mercati finanziari sta scommettendo cifre importanti sulla salute individuale e collettiva.

Sembra incredibile, ma in un sistema che cerca di mettere a valore finanziario l’intera vita delle persone, anche il Coronavirus rientra nella macabra contabilità dei guadagni e delle perdite.

Stiamo parlando della Banca Mondiale e dei catastrophe bonds (per gli amici Cat-bond) emessi dalla stessa nel 2017 per finanziare il progetto Pandemic Emergency Financing Facilithy, con scadenza a luglio 2020.

Di cosa si tratta? Organizzato ed emesso dalla Banca mondiale, strutturato e gestito da Swiss RE, Munich RE e GC Securities (colossi della riassicurazione), il bond pandemico del 2017 era diviso in due diverse classi. La prima classe (A) ha raccolto 225 milioni di dollari, e secondo il prospetto informativo di 386 pagine, era dedicato solo all’influenza stagionale; la seconda (B), focalizzata sull’epidemia di Ebola, ha raccolto 95 milioni di dollari. Si tratta di obbligazioni, l’acquisto delle quali promette agli investitori un cedola annuale di interessi pari al 6,9% (classe A) o pari all’11,5% (classe B).

In pratica, la Banca Mondiale emette bond con gli interessi sopra descritti, gli investitori mettono i soldi e, se nel tempo di scadenza non si verifica alcuna pandemia, gli investitori incassano interessi rilevanti (oltre al rimborso del capitale), mentre, se la pandemia dovesse effettivamente verificarsi, gli investitori perdono i loro soldi che verranno destinati dalla Banca Mondiale come aiuti al paese colpito. Ma, perché scatti la clausola di pandemia (e conseguente default) occorrono alcuni dati numerici: 2500 morti nel Paese epicentro della pandemia e almeno 20 in un paese terzo.

Nascono anche da questi squallidi interessi parte delle diatribe “scientifiche” relative alla discussione se con il Coronavirus si sia in presenza di una pandemia o di una “più semplice” epidemia, e le relative pressioni delle lobby finanziarie sull’Organizzazione Mondiale della Sanità (d’altronde il Cat-bond scade a luglio e gli investitori sono in grande affanno).

Senza contare come, nello specifico dei Cat-bond della Banca Mondiale, l’ultima parola spetti per contratto ad un’azienda privata, la Air Worldwide Corporation di Boston.

Va inoltre aggiunto come questi bonds siano regolati da una serie infinita e molto complessa di criteri da soddisfare (dall’esatta collocazione geografica del primo focolaio, alla dettagliata causalità dei decessi registrati etc.).

Complessità che è stata più che evidente nel caso dell’epidemia di Ebola che ha sconvolto la Repubblica Democratica del Congo, dove, nonostante gli oltre 2000 morti non è arrivato neppure un dollaro degli aiuti decantati, perché non era stato soddisfatto il criterio dell’internazionalità dell’epidemia, misurabile con almeno 20 morti in un paese terzo (ci ha provato l’Uganda, ma non è arrivata oltre i due decessi).

«Se riusciamo a mettere in gioco il denaro privato e continuare a migliorare la struttura dei bond e rendere facile e redditizio per i paesi acquistare l’assicurazione, allora questo può diventare un processo attraverso il quale i paesi possono auto-finanziarsi con il passare del tempo, piuttosto che fare affidamento sull’assistenza dei donatori» ha dichiarato Mukesh Chawla, coordinatore delle strutture di emergenza per le pandemie della Banca Mondiale.

Così, invece che mettere risorse decisive per contrastare la crisi climatica e il conseguente disequilibrio ecologico – causa primaria della proliferazione di virus vecchi e nuovi – o finanziare sistemi sanitari pubblici in grado di prevenire e intervenire, si è riusciti ad impiantare un altro mercato finanziario che scommette sulla vita e la salute collettiva, lasciando le persone in balia degli eventi, mentre ai fondi d’investimento luccicano gli occhi nel constatare il volume degli interessi guadagnati.

È il capitalismo, bellezza! Il più pericoloso dei virus che tutte e tutti dovremmo debellare.