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Cinque anni dopo DINAMOpress festeggia e rilancia

Cinque anni di informazione online, 1826 giorni di notizie in diretta. Al giro di boa DINAMOpress, uno dei maggiori siti di movimento in Italia di base a Roma, festeggia e rilancia. Con un nuovo sito, una campagna di crowdfunding, nuovi collaboratori-giornalisti-attivisti. Ecco cosa può dare questa esperienza allo sviluppo del giornalismo cooperativo in Italia.

Piccola pubblicità: perché sostengo DINAMOpress, di Emanuele Giordana

Dinamo è cresciuto: al profilo di portavoce dei movimenti, quando si addensano e si esprimono, ha aggiunto altri tratti comuni a siti di approfondimento, blog letterari e culturali. Ha maturato, e ben evidenziato anche in home page, una politica editoriale fatta di rubriche di libri, film, concerti e serie televisive, ad esempio. La recensione diventa genere in sé, articolo e editoriale, sempre di taglio politico, quando ad esempio tratta del “diritto alla città”, tema molto caro ai movimenti italiani, e in particolare a quelli romani impegnati da anni nella rete Decide Roma”.

Per esempio, nelle ore in cui scrivo c’è una recensione al libro di Carmen Pisanello “In Nome del Decoro”. La decostruzione dell’ideologia del decoro è un cavallo di battaglia di Dinamo che l’ha tradotta in inchieste feroci e dettagliatissime sui discorsi politici – e le reali pratiche urbanistiche – che si fanno nella sciagurata, e infelice, Capitale. Attraverso Dinamo è passata un’iniziativa che può essere considerata l’inizio pubblico di una riflessione sul “decoro” inteso come vettore di normalizzazione, esclusione e di controllo sociale: contro il decoro questo era il titolo dell’iniziativa. Questo approccio si inserisce in una ponderata critica all’economia politica dell’urbanistica del disprezzo, condotta da alcuni dei più acuti e sensibili architetti e storici dell’urbanistica della capitale.

Negli ultimi tempi DINAMOpress ha rafforzato il taglio di critica culturale e delle forme di vita. E’ un’evoluzione molto interessante che risponde anche allo stile, e ai contenuti, presenti nell’infosfera italiana. La logica della “terza pagina” – la pagina della “cultura” – si intreccia così con l’analisi dell’attualità politica nazionale e internazionale. E’ l’approccio che ha fatto un certo stile del Manifesto, per fare un esempio. Quando iniziai a leggere il giornale per cui oggi lavoro – era l’inizio degli anni Novanta – fui letteralmente fulminato da questa sintesi.

Ricordo che leggevo – e ancora rileggo in archivio – gli articoli di Paolo Virno o di Marco Bascetta sul movimento della Pantera tra il 1989 e il 1990. Fondativi, oltre che per lo stile, per la tensione fortissima a parlare dell’attualità di un movimento a partire dai veri nodi politici, teorici, genealogici addirittura che quell’azione produceva. Ritrovo lo stesso taglio in alcuni degli editoriali o dei commenti di Dinamo. L’online potenzia questo approccio, lo diluisce ma lo rende dinamico, più familiare. Ma l’effetto è lo stesso, più immediato.

Mi sembra questa una traccia da approfondire. A cominciare da chi si trova a fare un mestiere di scrivente per la stampa tradizionale che dovrebbe sempre più contaminare la sua cronaca con l’approfondimento. Non per fare l’elzeviro, ma per scoccare la freccia al cuore del presente. Anche da Dinamo arriva una lezione di stile. L’ideale sarebbe questo: che i giornalisti-professionisti – questi lavoratori alienati al servizio della macchina – si rapportassero ai giornalisti-attivisti – alcuni giovanissimi, integrando lo stile, scambiandosi i ruoli, ragionando insieme sulle tutele e le garanzie per chi inizia a scrivere e desidera con forza fare questo mestiere. Facendo giornalismo cooperativo, creando impresa comune.

Con Dinamo, ma anche con tutti questi meravigliosi siti che sono nati nei cinque anni in cui il sito romano ha battuto il suo tempo. La proposta la formulai insieme agli amici e compagni di Lavoro Culturale, la metto a disposizione anche qui. L’idea potrebbe essere adottata dai gruppi, dalle associazioni, dai movimenti in un divenire collettivo scrittura. Questa è una tradizione nobile della “sinistra”: la cooperazione è politica – altrimenti scordiamoci il “movimento” – ma è anche intellettuale, trasversale. Coltiviamoli, questi desideri, compagne e compagni, c’è tanta forza qui.

E poi si potrebbe parlare di radio, tv via web, podcast, video-maker. C’è una forte tendenza alla transmedialità in DINAMOpress. Andrebbe potenziata e integrata con le inchieste, il commento, lo scritto. Potrebbero accompagnarli, ma anche essere la “notizia di apertura”. Per questo ci vuole lavoro, tempo, reddito.

E il problema si ripropone. Poniamoci tutti insieme il problema politico di sempre, e non solo degli ultimi due o tre anni: più che il lavoro gratutio, serve una risposta all’auto-sfruttamento. Dobbiamo trovare il reddito, redistriburilo, creare produzione e reti di mutuo aiuto. Queste imprese servono anche a questo. Il problema politico è sempre lo stesso: come vivere con la nostra intelligenza. Dinamo è lì: è una risposta. A questo dovrebbe guardare il sindacato dei giornalisti che si interroga da anni su come tutelare il lavoro che germoglia ovunque sul web. Ecco, sindacato – il mio sindacato – c’è anche Dinamo. Ci vogliamo pensare?

Una delle peculiarità di DINAMOpress è l’inchiesta. Ne sono state pubblicate alcune formidabili. Su Ryanair, ad esempio. Anche qui l’intreccio tra la critica all’economia politica, il reportage, la riflessione culturale sulla forma di vita del precariato rende l’articolo di una rara profondità. Non è un caso se poi questa inchiesta ne abbia generata altre sulla stampa “tradizionale” come questo pubblicato su Alias del Manifesto.

Sono queste alcune delle ragioni per cui anche noi invitiamo a contribuire al crowdfunding per pagare la nuova versione del sito. Il ricavato, dicono dalla redazione di Dinamo, servirà ad affrontare l”rimborsi, trasferte, accrediti, strumentazioni”. “Per tutto questo c’è bisogno di soldi” dicono. E anche tanti.

Da parte mia, un invito a DINAMOpress: pensarsi davvero come una testata, porsi il problema di accedere ai fondi erogati dalla nuova legge per l’editoria, cercare il modo per accedervi. Sarebbe un segnale importante per tutti coloro che in Italia, e non solo, fanno il lavoro di Dinamo. Non bisogna temere la “professionalizzazione” perché facciamo un “lavoro culturale” e, quando scriviamo, riprendiamo, facciamo uno streaming siamo “lavoratori” e “attivisti”. Lo si può essere diversamente, questa è la sfida.

Auguri DINAMOpress, mille di questi cinque anni.

* Tratto da Il Manifesto