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Che cosa c’è dopo la scuola?

“Aprender a cambiar el mundo” a Largo Banchi Nuovi a Napoli.

Proseguiamo su DinamoPress l’approfondimento sullo stato della scuola pubblica e sulle diverse forme di resistenza e di creazione di alternative. Dopo la tavola rotonda con gli studenti delle scuole superiori di Roma, il racconto amaro del “concorsone” e della lotteria del lavoro degli insegnanti, abbiamo raccontato l’esperienza delle scuole popolari in Argentina. Ora passiamo a Napoli.

La scuola è stata, negli ultimi quindici anni, oggetto di un’aggressione senza precedenti nella storia del nostro paese. Ai tagli alle risorse è seguito l’assoggettamento dei docenti a logiche aziendaliste che non lasciano posto a forme di cooperazione e quello degli studenti a pratiche di valutazione dell’apprendimento completamente estranee alla qualità della formazione. I danni su questa e sulle prossime generazioni, da parte del sistema d’istruzione privato e di quello pubblico, sembrano essere già irreparabili.

Recuperare ciò che di buono resta nella scuola, non attraverso azioni di natura assistenzialistica, bensì nella tensione continua di costruzione di esperienze di formazione autonome, o soltanto in parte legate a istituzioni già esistenti, è stata fin da subito l’idea di partenza del progetto Doposcuolaoltrelascuola di Largo Banchi Nuovi a Napoli. Uno dei cuori pulsanti dell’antico centro storico della città, è un luogo che fa vivere, attraverso le “esperienze ribelli” dello Z.e.r.o81 (prefisso telefonico della città di Napoli ma anche acronimo di Zona di esperienze Ribelli), nuove forme di produzione del comune e di accesso ad esse attraverso progetti che coinvolgono la salute, la socialità, ma soprattutto la conoscenza e la formazione.

Per capire meglio il progetto Doposcuolaoltrelascuola vi consigliamo il documentario di Eleonora Tozzi, realizzato a Napoli e prodotto a Londra, nell’ambito di un corso di cinema documentario e rivolto a un pubblico inglese non informato sulle occupazioni e sui centri sociali italiani. Lo sguardo interno (Eleonora è stata parte attiva del progetto di doposcuola), ma rivolto ad un esterno così lontano ci restituisce la distanza utile per conoscere un’esperienza importante.

BEYOND SCHOOL / OLTRE LA SCUOLA di Eleonora Tozzi.

Z.e.r.o81, nato dall’occupazione delle stanze dell’ex-mensa d’ateneo de L’Orientale, è un vero e proprio ampliamento della piazza. I bambini sono stati tra i primissimi interlocutori del quartiere, una relazione a volte difficile, a volte romantica, che ha stimolato la ricerca e la costruzione di linguaggi nuovi anche per gli occupanti. I piccoli abitanti di Santa Chiara preferiscono passare le giornate in questa piazza piuttosto che a scuola. La scuola, per loro, è un argomento spinoso, complesso. E’ un luogo lontano dai desideri, dalle difficoltà e dalle prospettive che caratterizzano le loro esistenze e quelle delle famiglie nelle quali vivono. L’esperimento del doposcuola, è bello a dirsi, quasi tutto al femminile, insiste sulla necessità di condividere con le fasce più deboli del tessuto sociale del quartiere pratiche di liberazione e di trasformazione del territorio. Attraverso lo studio, ma anche il gioco, la valorizzazione dell’infanzia intesa come opportunità per tutti di creare nuovi inizi.

Il laboratorio “Colora, ricicla, modella con noi” è stato la prima forma d’incontro. Un vero e proprio esperimento di conoscenza reciproca attraverso l’utilizzo dei materiali, pochi, e della fantasia, tanta. Diversi street artists napoletani hanno partecipato all’iniziativa mettendo a disposizione dei bambini mezzi e competenze. Ma è la partecipazione al carnevale il momento in cui i bambini socializzano davvero queste attività sfilando con le maschere da loro costruite durante il laboratorio: “siamo usciti a testa alta – dicono i bambini – rumorosi, mascherati per le strade del nostro quartiere e l’abbiamo riempito di coriandoli e festa”.

Gli operatori sono studenti, precari, che immaginano che la crescita di esperienze di questo tipo dovrebbe essere sostenuta da forme di autoreddito. Ma la prospettiva è di ampio respiro, ed è quella della costruzione di reti sociali fondate sul mutualismo e sulla cooperazione dentro il quartiere. Limitarsi a colmare i buchi che il not-welfare lascia nelle vite degli esclusi di questa città non è sufficiente. Creare un laboratorio reale di “comune” è possibile. Comune inteso (secondo la definizione di T. Negri e M. Hardt) non soltanto “[come] la terra che condividiamo, ma anche [come] il linguaggio che creiamo, le pratiche sociali che costituiamo, le forme della socialità che definiscono i nostri rapporti”. In quest’ottica il territorio non è l’interlocutore, né lo sfondo sul quale questa proposta si modella, ma il territorio è (!) questa trasformazione.

Per questa ragione la condivisione del progetto con il Comitato Centro Storico è stato ed è essenziale. Guardare con interesse a queste storie è importante perché raccontano di un nuovo modo di stare al mondo, di imparare, di trasformare. E’ importante, anche, nell’ottica di un’idea di “istituzione”, deputata anche alla formazione, nuova, tutta da costituire, intesa come modello positivo di azione, all’interno di una società essenzialmente positiva, inventiva.

Richiamandoci alle parole di Paulo Freire, pedagogista brasiliano, “la scuola – e quindi tutta la società- “ migliorerà nella misura in cui ognuno si comporti da compagno, da amico, da fratello. Non essendo mai come i muri che formano le pareti, indifferenti, freddi, soli. L’importante nella scuola non è solo studiare, non è solo lavorare, è anche creare legami di amicizia, creare un ambiente di camaderia, convivere, unirsi. E’ logico, quindi, che in una scuola così immaginata diventi facile studiare, lavorare, crescere, avere amici, educarsi, essere felici”.