MONDO

“Il caso di Ahed mostra di nuovo a tutti l’occupazione”

Gaby Lasky, avvocata per i diritti umani che difende Ahed Tamimi e sua madre Nariman, racconta in una intervista al portale +972mag.com cosa voglia dire per un Palestinese essere in un processo nel tribunale militare della potenza occupante, e alcuni dei precedenti pericolosi che si stanno creando

Il video della ragazza di 16 anni, Ahed Tamimi, che affronta due soldati israeliani fuori casa sua nel villaggio di Nabi Saleh è diventato virale ed è stato girato con ogni piattaforma mediatica per settimane. Così è accaduto pure alle fotografie di Ahed, ammanettata e circondata da guardie in tribunale. I posters di Ahed sono apparsi perfino alle fermate degli autobus a Londra.

Ciò che quelle immagini spesso non riescono a trasmettere esattamente è che Ahed è stata arrestata in una prigione militare e sta venendo processata in un tribunale militare e questo fa la differenza rispetto a come sarebbe stato trattato un minorenne in un tribunale civile Israeliano.

L’avvocata Gaby Lasky rappresenta Ahed Tamimi e sua madre, Nariman. Gaby, un tempo segretaria generale di Peace Now e membro del consiglio comunale di Tel Aviv Jaffa per il partito di sinistra Meretz, ha passato gran parte dell’ultimo decennio difendendo palestinesi in tribunale, molti dei quali coinvolti nella lotta popolare contro l’occupazione.

Le ho chiesto quali siano le sfide lavorando in una tribunale militare israeliano, in cui il 99,7 per cento dei processati palestinesi vengono condannati. Abbiamo poi parlato del caso di Ahed e di sua madre Nariman, e delle ingiustizie strutturali costruite all’interno del sistema legale israeliano nei territori occupati.

«La difficoltà del caso di Ahed va oltre le sfide legali comuni dei palestinesi che vivono sotto occupazione quando sono arrestati dall’esercito israeliano» dice Gaby. «Il video mostra l’essenza stessa del conflitto tra Israele e i palestinesi» Gaby sottolinea. […]

 

Cosa significa che il giudice veste la stessa uniforme del pubblico ministero?

Il tribunale militare non è una corte di giustizia nel senso regolare del termine: è un organo dell’occupazione. Perpetua l’occupazione. Sia il giudice che il pm stanno vestendo la stessa uniforme e sono parte dello stesso sistema, gli unici che non ne sono parte siamo noi della difesa.

 

Quali ostacoli sarebbero differenti nel caso in cui Ahed fosse processata in un tribunale civile?

Anzitutto sarebbe stato molto più facile ottenere il suo rilascio dalla detenzione. Ho portato alla corte una serie di esempi di adulti che sono stati rilasciati con reati ben più gravi. Le corti civili in Israele tendono a rilasciare gli indagati su cauzione. Poichè lei è minorenne, sarebbe stato molto più facile il suo rilascio in un tribunale civile. I casi in tribunale militare sono più difficili perché le leggi militari sono più restrittive, le condanne più gravi e i diritti sono solo parzialmente protetti.

Ma la difficoltà del caso di Ahed non è solo il fatto che stiamo affrontando un tribunale militare. C’è pure il fatto che il video mostra l’essenza del conflitto tra Israele e i palestinesi. Qualcuno può vedere la narrativa dei palestinesi in quel video, e dall’altra parte gli Israeliani ci vedono la narrativa di Israele.
Quando parli di un reato in un tribunale normale puoi sempre parlare delle circostanze dei fatti. In questo caso le circostanze sono una ragazza di 16 anni nata sotto occupazione. Il tribunale militare non considera questi elementi. Non è neppure un elemento preso in considerazione. E’ un dato di fatto. Ma se vuoi vedere l’intera fotografia, devi parlare di queste cose.

 

Di cosa accusano Ahed?

Le accuse più grosse sono quelle dei fatti del video. Ha capi di imputazione riguardanti cinque differenti situazioni. In merito al video, è accusata di aver assalito un soldato, di aver danneggiato il lavoro di una soldato, e di istigazione a delinquere verso altri.

Ha altre accuse riguardanti l’aver tirato sassi, ma sono vecchie, una di queste è di due anni fa. Nessuno aveva pensato di denunciarla o arrestarla al tempo. Le prove contro di lei in merito a tutti gli altri fatti sono state prodotte solo dopo che è stata arrestata e sono state trovate vecchie foto di Ahed sul profilo facebook della madre.

Ma è stato solo dopo il suo arresto che ai soldati è stato chiesto di testimoniare in merito a quello che avevano visto due anni prima. Si sono presentati con queste foto dopo che è apparsa in qualunque giornale o programma televisivo, e poi è stato chiesto loro se riuscivano ad identificarla in una sequenza di foto. Così hanno ottenuto tutte le prove contro di lei.

 

Quale è l’accusa verso Nariman, sua madre, arrestata ore dopo la figlia? Un tribunale civile avrebbe considerato lo streaming su facebook una forma di istigazione?

E’ molto pericoloso che il pm voglia far passare che lo streaming è la peggior forma di istigazione a delinquere. Vorrebbe dire che un giornalista che fa una diretta ad una manifestazione in cui qualcuno dice «vieni, ed unisciti al corteo» sta facendo istigazione agli occhi del pm. Quello che il pm sta cercando di fare è molto pericoloso per la libertà di stampa.

 

Il caso di Ahed è stato diffuso ovunque in tutti i media, ottenendo una grande risalto per essere un caso in una corte militare Israeliana. Ma che cos’è che gli israeliani non stanno ascoltando? Cosa non sta arrivando al pubblico?

La maggior parte della gente non sa che l’occupante ha tribunali dove mette sotto processo le persone che vivono sotto occupazione solo perché non seguono le regole dell’occupante. Il pubblico israeliano non vuole stare ad ascoltare chi parla di occupazione, e lo stesso vale per i tribunali dell’occupazione.

E’ sorprendente che una ragazza di 16 anni abbia obbligato tutti ad avere una opinione sull’occupazione, ad avere a che fare con il fatto che le persone nascono sotto occupazione, che i loro diritti sono violati e che sono portate in prigione quando hanno 16 anni per reati per i quali non si resta in detenzione in Israele.
Alcuni tra il pubblico israeliano pensano che i soldati si siano comportati come devono fare, altri dicono che sono stati umiliati e che è stata una umiliazione che ha portato all’arresto di Ahed. Ma anche in questo caso, tutti ora devono avere a che fare con l’occupazione e con quello che produce ai soldati e a chi vive sotto il giogo dell’occupazione stessa. Anche senza volerlo, il caso di Ahed ha aperto una porta che è rimasta chiusa a lungo e per la maggior parte del pubblico in Israele.

 

Articolo apparso 972mag.com, portale di informazione indipendente israeliano.

Traduzione di DINAMOpress