ITALIA

Bologna, multe e denunce contro i rider. Falchi: «Non ci fermeremo»

Parla uno degli animatori di Riders Union Bologna, colpito dai provvedimenti della questura dopo le intense mobilitazioni di queste settimane contro l’accordo truffa tra Assodelivery e Ugl. Intanto al tavolo con il governo il fronte delle piattaforme si spacca. I rider insistono per l’applicazione del contratto nazionale della logistica

Originario di un paese dell’entroterra toscano, Tommaso Falchi fa il rider a Bologna ed è tra gli attivisti di Riders Union Bologna, una delle numerose sigle autorganizzate sorte sul territorio italiano per ottenere garanzie e tutele per i lavoratori del food-delivery. Insieme a lavoratori e attivisti ha partecipato alla manifestazione del 7 novembre nel capoluogo dell’Emilia-Romagna. Per questo è stato denunciato e multato (400 euro).

 

Cosa è successo?

La Digos di Bologna ha notificato a me e ad altre due persone un avviso di inizio indagini: uno degli altri due è un ragazzo, un lavoratore precario che fa parte del collettivo Làbas.  Nel mio caso la denuncia è arrivata poiché sono stato identificato come organizzatore e promotore della manifestazione di sabato 7 novembre, che non era autorizzata e si è mossa per le vie del centro. La multa, invece, è stata comminata soltanto a me, è perché secondo la questura ho istigato i partecipanti a violare le norma di contenimento della Covid 19. Ovviamente le decisioni riguardanti la mobilitazione di sabato scorso sono state prese tutti insieme. Tutti quanti rivendichiamo di esserci mossi per le vie del centro in sicurezza, auto-tutelandoci e prendendoci cura l’uno dell’altro. Tra l’altro erano le stesse rivendicazioni della manifestazione che contemporaneamente andava in scena a Roma: welfare, reddito, salute, diritti per tutte e tutti.

 

Come Riders Union Bologna qual è stata la reazione a questa notizia e cosa avete intenzione di fare al riguardo?

Noi ci stiamo già organizzando per pagare la multa in modo collettivo, ma intanto stiamo cercando di capire se possiamo muoverci anche per via legali: se è possibile contestarla e, in caso, come. Però, dal nostro punto di vista, sia le denunce sia la multa sono chiaramente un atto intimidatorio volto a colpire gli esponenti più noti tra le tante persone che in queste settimane stanno portando avanti mobilitazioni e lotte. Il fatto che la comunicazione sia poi arrivata proprio il giorno prima di un’altra manifestazione, prevista per sabato pomeriggio [il 14 novembre, ndr], è stato un palese tentativo di scoraggiarne la partecipazione. Un segnale politico che dice che va bene uscire di casa per lavorare e per fare shopping, ma non per manifestare.

 

Tommaso Falchi in una foto di Margherita Caprilli

 

Voi però non vi siete fatti spaventare e siete scesi comunque in piazza sabato pomeriggio…

Noi come Riders Union abbiamo rispedito al mittente questa intimidazione: anzi sabato siamo scesi nuovamente per le strade di Bologna cercando di fare qualcosa di diverso. Abbiamo invaso la T [le tre vie del centro del capoluogo emiliano, via Rizzoli, via Ugo Bassi, via Indipendenza, che incontrandosi formano appunto una T, ndr] con una sorta di flash-mob. Indossando delle tute bianche, simbolo dell’invisibilità di rider, lavoratori dello spettacolo e della ristorazione, precari, disoccupati, studenti e di tutti quelli che più stanno pagando questa crisi, ci siamo dispiegati per le vie con dei cartelli in mano che recitavano le solite parole d’ordine: diritti, welfare, salute, soldi subito per tutti e tutte. Molte persone che erano in centro per fare shopping o per pranzare si sono fermate, informate e poi unite a noi. Sicuramente la mobilitazione andrà avanti, capiremo anche a seconda di quello che succede: le cose cambiano in fretta e molto non dipende da noi. L’Emilia Romagna è già passata da essere zona gialla ad arancione. Inoltre il sindaco di Bologna ha emanato un’ordinanza che vieta le manifestazioni. Ma se si può stare in centro a passeggiare, fare shopping o, come rider, lavorare, lo possiamo fare in sicurezza anche per chiedere i nostri diritti.

 

La manifestazione di sabato arrivava dopo alcune novità decisamente rilevanti per i lavoratori del food-delivery: la prima è l’annuncio di Just Eat che dal 2021 aprirà ai contratti subordinati…

Just Eat, colosso multinazionale del food-delivery, ha annunciato pubblicamente che dal 2021 assumerà i rider come dipendenti: quindi sì, apre al lavoro subordinato, che prima era assolutamente tabù, però la situazione è ancora abbastanza vaga. Innanzitutto non sappiamo cosa succederà fino al 2021, ma anche sul dopo non ci sono certezze: assumerà tutti i rider in modo subordinato? E di quale tipo di subordinato stiamo parlando? Sono tanti e diversi i contratti subordinati, alcuni con limiti evidenti. Noi da sempre chiediamo che venga applicato quello della logistica, che ci sembra il più adatto. Da parte nostra comunque c’è la massima disponibilità ad aprire sin da subito una contrattazione su questa nuova riformulazione del rapporto di lavoro.

 

L’altra novità riguarda invece il tavolo governativo…

L’apertura al lavoro subordinato è arrivata alla vigilia del tavolo che il governo aveva chiamato per l’11 novembre e ha comportato l’immediata uscita di Just Eat da Assodelivery. Si è dunque aperta una breccia, una spaccatura nel fronte delle piattaforme, frutto delle mobilitazioni importanti e anche dure che ci sono state in questi giorni. Noi rispetto al tavolo manteniamo un cauto ottimismo: il fronte sindacale, che comprende noi sindacati metropolitani autorganizzati e quelli confederali, è compatto. Le piattaforme invece si son presentate divise, ma non sembrano intenzionate a fare dei passi indietro. Il governo ha proposto un nuovo tavolo per il 18 novembre. Noi lo diciamo chiaramente: il tavolo di settimana prossima deve andare sul concreto e da parte nostra c’è la massima disponibilità per una contrattazione, però il contratto-truffa firmato da Assodelivery e Ugl va stracciato.

 

Foto di copertina di Ilaria Depari