MONDO

Ayotzinapa: storia orale di un’infamia

A due anni dal Massacro di Ayotzinapa esce un libro che ricostruisce i fatti attraverso le testimonianze dei sopravvissuti, degli amici e dei familiari. “Storia orale di un’infamia” di John Gibler, giornalista statunitense residente in Messico. Pubblichiamo qui la traduzione dell’introduzione del libro, nell’edizione argentina curata da Tinta Limòn:

I.

Due anni fa, come accade da anni in occasione dell’avvicinamenteo della data del 2 ottobre, gli studenti della Scuola Normale Rurale “Raul Isidro Burgos” di Ayotzinapa, così come altre migliaia di studenti in tutto il paese, si organizzavano per andare a manifestare a Città del Messico, per ricordare la più grande repressione del movimento studentesco nella storia del Messico: il massacro di Tlatelolco (1968). Come tante altre volte, alcuni giorni prima dell’appuntamento, un gruppo di studenti, soprattutto dei primi anni, si recava presso le città di Huitzuco e Iguala (a meno di due ore da Ayotzinapa) per prenotare i pullman per il viaggio. Come tante altre volte, appena prenotato i pullman, gli studenti stavano facendo ritorno a scuola, alle otto e mezza di sera del 26 settembre 2014. Ma una serie di imboscate e una brutale repressione a colpi di arma da fuoco ad Iguala glielo impedì. La caccia durò per tutta la notte con il risultato di sei studenti assassinati, più di 40 feriti e 43 scomparsi: se questi fatti non sono stati dimenticati e occultati alla memoria – come accade nella gran parte dei casi di questa epidemia di violenza e assassinii che colpisce il Messico – lo si deve in gran parte ad una “Storia orale dell’infamia”.

II.

Sarebbe fuorviante iscrivere questa storia impossibile all’interno della tombola quotidiana che intreccia affari legali ed illegali con violenze e morti. Non si tratta di errori o eccessi. E nemmeno di un caso. Si potrebbe invece parlare di una pedagogia della crudeltà (Rita Segato). Di un’azione brutale su un corpo individuale, allo stesso tempo simbolica ed esemplificatrice di una violenza diretta su un corpo collettivo. Le scuole normali rurali, tra cui quelle di Ayotzinapa, svolgono un ruolo importante nell’organizzazione delle comunità indigene e contadine in tutto il paese. La convergenza delle scuole e delle autorità comunitarie sono spesso il motore di gran parte delle resistenze nella regione. I professori ricoprono incarichi importanti non solo nelle scuole ma anche nelle comunità. Infatti quando le scuole rurali vengono definanziate dallo Stato – che ciclicamente ne minaccia la chiusura – sono proprio queste comunità a sostenere le scuole Normali. Per questi motivi le scuole rurali sono state storicamente legate ai movimenti popolari e alla guerriglia. Specialmente dopo il movimento del 68. Nel caso della Normale di Ayotzinapa, il conflitto era un crescendo. Nel 2007 e nel 2011 ci sono stati scontri conla polizia in cui due studenti furono assassinati. Motivi per cui questi fatti vanno inseriti all’interno di una serie di repressioni che avevano un chiaro obiettivo: disarticolare la relazione tra educazione pubblica e comunità indigene. Questo accade tanto in Guerrero con i normalisti quanto a Oaxaca con i maestri attaccati a Nochixtlan, così come in Chiapas.

III.

John Gibler – nato negli Stati Uniti ma residente in Messico da otto anni – è arrivato alla Normale pochi giorni dopo gli attacchi. Si è presentato come giornalista mostrando i propri lavori pubblicati. Tra ildolore, lo sconcerto e la rabbia, si trovavano là riuniti gli studenti sopravvissuti, i docenti della scuola e i familiari degli studenti assassinati e di quelli scomparsi. Stanno cercando di capire i motivi di quanto accaduto e stanno valutando cosa fare. La sequenza dei fatti sembra un rompicapo di pezzi sconnessi tra loro. Gibler propone a tutti i sopravvissuti di intervistarli e la maggioranza di loro accettano, e aggiunge le interviste a diversi giornalisti di Iguala, a docenti che quella notte sono accorsi in aiuto degli studenti, ad un medico che si era rifiutatodi curare un ferito grave, ad una squadra di calcio giovanile che subisce un attacco “per sbaglio”, a due lavoratori della discarica di Cocula, alle madri ed ai padri dei ragazzi scomparsi. Peril modo potente ed efficace con cui intreccia lavoro giornalistico e intervento politico, Historia oral de la infamia è uno dei lavori più importanti sul cosiddetto Massacro di Iguala.

IV.

Il lavoro di interviste, sbobinature e scrittura è duranto circa un anno: un tempo suficiente per approfondire un caso in cui differenti segmenti dello Stato e delle forze territoriali parastatali – come in questo caso i sicari dell’esercito narcos Guerrero Unido – hanno cooperato per nascondere ciò che è accaduto, per creare confusione attorno alle vittime e nell’opinione pubblica, per far si che il corpo sociale ne paghi le conseguenze in forma di lezione. Per questi motivi l’obiettivo centrale del libro è quello di smentire la versione ufficiale di quanto accaduto quella notte. Secondo la “verità storica” sostenuta dalla Procura generale della Repubblica, quella notte gli studenti sono stati attaccatio da sicari e poliziotti corrotti del municipio di Iguala, ed in seguito i 43 sarebbero stati consegnati al cartello locale Guerrero Unidos, che avrebbe assassinato i 43, per poi bruciarlii nella discarica di Cocula e spanderne le ceneri al fiume avendoli creduti uomini del cartello rivale. Questa versione limita le responsabilità solamente alla polizia locale e al sindaco di Iguala e a sua moglie, strettamente legati ai narcos. Il libro invece dimostra che il controllo del territorio coinvolge le tre forze, municipale, statale e federale, oltre ai supposti sicari narcos (uomini armati con abiti civili, elacuni con passamontagna). Alla rete di complicità e di …. Gibler oppone una rete di solidarietà capace di tessere una voce collettiva: quella degli studenti sopravvissuti, delle famiglie e degli amici, dei testimoni di Iguala e Cocula che hanno avuto il coraggio di parlare, e il Gruppo Argentino di Antropologia Forense.

V.

Una storia orale dell’ infamia, abbiamo detto, mette in campo una modalità concreta ed efficace di articolazione di ricerca e intervento politico. Fa una inchiesta su un caso “poliziesco” che non è meno politico che giornalistico: un attacco diretto alle classi popolari che si organizzano e resistono alle politiche neoliberali che (mal)governano il Messico ininterrottamente da ormai quasi quarant’anni. Senza paternalismo Gibler riesce a dare conto di una tessuto organizzativo e comunitario deel conflitto sociale spesso opacizzato. Con fare minuzioso e grande qualità narrativa disarticola l’inganno con cui lo Stato ha cercato di perpatare l’impunità. Per fare questo non usa nè argomenti nè speigazioni, nè opinioni nè commenti: l’orale sostituisce la scrittura,la voce dell’autore/narratore viene spinta quasi al di fuori del testo, lasciata alle decorazioni del testo, come le epigrafi,le dediche e i ringraziamenti o ridotto ad alcuni dati basilari sui fatti, le fonti e il metodo di lavoro. Al suo posto la narrazione funziona ininterrottamente attrverso una molteplicità di voci cdhe raccontao il proprio vissuto, ricostruendo i fatti e le sensazioni. Il lavoro dello scrittore consiste, così, nell’ascoltare – che è molto più difficile ed importante di quel che sembra – nel ricostruire la cronologia dei fatti, nell’incontrare nelle voci dei protagonisti la “verità poliziesca”. Ma anche ricostruire la profondità dei fatti, e la diversità di toni e sfumature in gioco. E’ un modo di scrittura che rende vivi le storie e le testimonianze, piene di senso capaci di creare empatia e di commuovere, per cui non possiamo parlare di oralità pura ma sottoposta ad un lavoro di riscrittura e motaggio orientado in base ad ipotesi politiche. La questione non è quindi il non intervento dell’autore per “dare voce a chi non ha voce”. Nè paternalismo nè demagogia. Il ricercatore politico, invece, interviene in modo delicato ed elaborato in modo da far diventarele tesimonianze un testo, e il testo un’arma di autodifesa contro le falsitàò dello Stato, primo ed ultimo garante dell’ingiustizia, oltre che coautore del massacro.

VI.

Per la connessione tra inchiesta giornalistica ed intervento político capace di rendere visibile, in contrasto con la narrazione ufficiale, la verità di quanto accaduro, per la capacità di mettere in luce i fatti rispetto alle finzioni, per la densità della narrazione della scomparsa e dell’assassinio di massa di un gruppo di studenti, come per la presenza di una discarica, è inevitabile la risonanza con Operazione Massacro di Walsh. Proprio con lui abbiamo conosciuto la forza dei fatti rispetto alle finzioni: Operazione Massacro non è perfetto nonostante, ma semmai grazie alla rinuncia di quella “trappola culturale” che secondo Walsh è stata la finzione letteraria. L’allontanamento dal genere poliziesco èqui ancora maggiore che in Operazione Massacro: non ci sono ammiccamenti al genere poliziesco, proprio perchè il detective non appare mai. Il libro di Giubler ha le stesse premesse, compresa l’idea di Walsh di un eroismo collettivo. In entrambe le opere, l’episodio, l’evento o il frammento rivela l’obbrobrio con forza e precisione. Solo che, nelsuo paradossale … lo scrittore non rinuncia a nessuna delle tecniche di inchiesta: l’intervista, il montaggio, la ricostruzione minuziosa, le reti di relazione, la descrizione delle istituzioni (la scuola), la ricostruzione dei fatti accaduti prima e dopo. Non rinuncia al giudizio sulla verità e la giustizia. Un nuovo potere della cronaca nasce dal modo in cui l’autore si ripiega sulle sue operazioni letterarie. Infine, una operazione anti narcisista.

VII.

Nel complesso, le sensazioni che il libro trasmette sono varie e contraddittorie: la rete di solidarietà che si attiva di fronte al massacro – tra gloi stessi studenti e i familiari, i giornalisti, i maestri sindacalizzati, i lavoratori della discarica e il gruppo argentino di antropologia forense – si iscrive all’interno di un copo sociale reso insensibile, che ha naturalizzato la violenza, l’apparizione quotidiana dicorpi mutiulati, le fosse comuni. Alla potenza collettiva degli studenti si contrappone la crudeltà di un potere impunito. Si impone sulla scena pubblica, in Messico come in Argentina, la forza delle Madri che reclamano i figli vivi. Come quella che ricorda il figlio soffermandosi sul suo amoreper il ballo: la descrizione è viva, così densa di amore che il figlio smette di essere semplicemente uno dei desaparecidos, colpito dalla violenza statale e parastatale, e torna in vita, appare sulla scena, facendoci sentire la su intollerabile assenza.

VIII.

Che la guerra in corso in Messico – e non solamente là – sia non convenzionale è già evidente. Ciò che ci sembra importante sottolineare è la comprensione immanente dellalotta, della bugia e dell’occulatamento. “Chi vede una ingsiutizia e non la combatte, ne è complice” dice uno degli studenti. Non occorrono conclusioni.

* Questa introduzione all’edizione argentina è stata pubblicata su Lobo Suelto. L’edizione argentina del libro è stata pubblicata dalla casa editrice indipendente Tinta Limòn. “Una historia oral de la infamia, de John Gibler – Tinta Limón, 2016. Traduzione in italiano a cura di Alioscia Castronovo