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MONDO

Il Comune e l’autogoverno: trenta anni di Levantamiento Zapatista

Come affrontare la crisi di civiltà che stiamo vivendo? Il Subcomandante Insurgente Moisés, nel suo discorso poco prima della mezzanotte del 31 dicembre 2023, lo ha riassunto così: «La proprietà deve essere comune e del popolo, e il popolo deve governarsi da solo»

Come affrontare la crisi di civiltà che stiamo vivendo? Come affrontare la devastazione ambientale, la crisi energetica, la guerra, la riproduzione della violenza, la crescente polarizzazione della ricchezza, la disgregazione sociale, la brutalità della criminalità organizzata e non?

Marcia di miliziane e miliziane nel 30° anniversario dell’insurrezione zapatista

Queste sono le domande che lo zapatismo si è posto nell’arco dell’ultimo decennio, ed è a queste domande che lo zapatismo risponde con il nuovo percorso inaugurato in occasione delle celebrazioni del 30° anniversario dell’insurrezione armata del 1994: il comune e l’autogoverno. Il Subcomandante Insurgente Moisés, nel suo discorso poco prima della mezzanotte del 31 dicembre 2023, lo ha riassunto così: «La proprietà deve essere comune e del popolo, e il popolo deve governarsi da solo».

1 Parole del Subcomandante Insurgente Moisés – Tseltal

2Parole del Subcomandante Insurgente Moisés – Tseltal

La teoria è stata illustrata in dettaglio nei 20 comunicati pubblicati tra ottobre e dicembre 2023, in particolare nella nona parte, dove si spiega la nuova struttura dell’autogoverno zapatista, e nella ventesima parte, dove si discute del comune e della non proprietà. La pratica, sulla quale si basa sempre ogni teoria zapatista, è quella che già viene messa in campo nelle comunità ribelli. Mentre i mezzi di comunicazione “a libro paga” si sono prodigati a dire e ribadire che lo zapatismo non esiste più, quello a cui abbiamo assistito insieme alle migliaia di persone che hanno partecipato al Caracol VIII, “Resistenza e Ribellione: Un Nuovo Orizzonte, inaugurato tre anni fa nella comunità di Dolores Hidalgo, racconta un storia molto diversa, visibile già dal viaggio verso il luogo dell’incontro: decine di comunità con cartelli che indicano “Governo Autonomo Locale Zapatista”. Per non parlare dell’immenso spazio  che ci accoglie, nel quale si raduano circa 10.000 zapatisti, soprattutto giovani, che ci allietano con spettacoli teatrali, musica e poesia, oltre a un folto contingente di miliziane e miliziani.

È significativo che la celebrazione si svolga qui, nello stesso luogo in cui 18 anni fa si svolse uno degli incontri preparatori di quella che sarebbe diventata l’Altra Campagna. Un luogo dove un tempo, come spiegò l’allora subcomandante Marcos, esisteva la finca Campo Grande: più di mille ettari di terra fertile con acqua in abbondanza, una pista di atterraggio, strade e «migliaia di indigene da sfruttare, disprezzare, violentare, ingannare, imprigionare, uccidere». Queste terre sono state recuperate durante l’insurrezione di 30 anni fa e, da allora, su di esse si costruisce l’autonomia, la giustizia, la salute, l’istruzione, la democrazia e la libertà.

In questo luogo, che ha vissuto tanto dolore prima dell’insurrezione, giovani di diversi caracoles hanno messo in scena spettacoli nei quali hanno rappresentato il percorso zapatista in questi 30 anni e i grandi cambiamenti annunciati recentemente (anche se in via di costruzione da tempo). Se noi giunti da altre geografie speravamo che ci venissero spiegate meglio le proposte descritte nei comunicati, è attraverso questi lavori che le nostre tante domande hanno trovato risposta

Democrazia

Nel 2003, di fronte al rifiuto dello Stato messicano di riconoscere gli Accordi di San Andrés, vennero fondati i primi cinque caracoles e le Giunte di Buon Governo (JBG), che insieme ai consigli autonomi dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti (MAREZ), hanno rappfresentato una delle esperienze di autogoverno e di democrazia diretta più importanti al mondo. In questi vent’anni, le Giunte di Buongoverno hanno mostrato al mondo che è possibile creare una forma di governo fuori dalla logica dello stato liberale e della democrazia rappresentativa. Un governo collettivo, a rotazione, senza stipendi né privilegi nè tanto meno arricchimento a scapito delle casse pubbliche.

Tuttavia, sulla base di un’intensa autocritica, passiamo adesso ad una forma di governo ancora più orizzontale e  democratica, incentrata sulle assemblee comunitarie alle quali partecipano tutte e tutti: i Gruppi di Autonomia Locale (GAL). Come hanno mostrato i giovani e le giovani nelle loro rappresentazioni teatrali, quando qualcosa non può essere risolto a livello locale viene convocato un Collettivo di Gruppi di Autonomia Locale (CGAL), che riunisce delegati di diverse comunità vicine. E quando una questione non può essere risolta nemmeno a questo livello, viene convocata un’Assemblea dei Collettivi dei Gruppi di Autonomia Locale (ACGAL) della zona, che si riunisce in un caracol.

Il Comune

La locuzione che più si è sentita in questi giorni di festa è stata «Il comune», una sfida radicale al fondamento stesso del sistema capitalista: la proprietà privata. La proprietà, come ha detto il subcomandante Moisés, «Deve appartenere al popolo ed essere comune».

A seguito dell’insurrezione sono stati recuperati ampi appezzamenti di terreno, dopo che i finqueros [imprenditori che gestivano le aziende agricole chiamate fincas – ndt] che per tanto tempo avevano sfruttato e violentato gli indigeni sono scappati. Però molte di queste terre sono rimaste in una sorta di limbo legale, che in tutti questi anni ha causato innumerevoli conflitti sulla proprietà della terra. Sembrerebbe che gli zapatisti si stiano quindi battendo per ottenere la documentazione legale della proprietà dei terreni recuperati nel 1994 con il sangue dei caduti. Invece non è così. Come spiega il Subcomandante Moisés nel ventesimo comunicato, «I certificati di proprietà non sanciscono “questo è tuo”, quello che dicono è “questo non è di nessuno, attaccatelo”».

Per questo, invece, lo zapatismo propone (e mette in pratica) la non-proprietà. Alla «base materiale della produzione», che finora consisteva in una combinazione di lavoro individual-familiare e di lavoro collettivo, si aggiunge ora quello che viene definito “lavoro comune” o “non-proprietario”. Ovvero, porzioni di terre recuperate che non hanno proprietario, che non appartengono a nessuno (e quindi sono di tutti). Sono terre che non si possono vendere né comprare, che vengono lavorate a turno e i cui frutti appartengono a chi le lavora. E l’ambizione più grande: terre nelle quali è invitato a lavorare anche chi non è zapatista: partigiani, migranti, cittadini, sfollati, stranieri… chiunque, purché ci sia un accordo tra i GAL, i CGAL e le ACGAL. «Tutto quel che serve al bene comune, niente che vada contro il bene comune».

Naturalmente, si preannunciano dei problemi e questo è molto chiaro all’interno delle opere teatrali. Affinché il comune funzioni, è necessario costruire un’etica collettiva, un’etica del bene comune. Un’etica che si costruisce non con i discorsi, ma con la pratica. Nella pratica di una giustizia degna basata sul dialogo e sul consenso. Nell’autonomia della salute, intesa non come una merce ma come un diritto per tutti. Nell’educazione basata sui bisogni dei popoli e non sull’omogeneizzazione di una presunta “nazione meticcia” imposta dallo Stato. Nella comprensione del bene comune come via verso il bene individuale e familiare. Nel rispetto e nella dignità.

Urgenza e sguardo al futuro

Gli zapatisti non guardano solo alle comunità. Non si preoccupano soltanto della propria sopravvivenza di fronte alla violenza del narco-stato e alla furia del capitale. Ci lanciano una possibile ancora di salvezza di fronte a una crisi globale che colpisce tutti e tutte noi. Se è il capitalismo, per sua natura predatorio ma ora impazzito con una voracità senza precedenti, a distruggere il pianeta, la domanda è: come distruggere il capitalismo?

«Non è necessario uccidere» dice il subcomandante Moisés, e lo stesso raccontano gli spettacoli. La crisi climatica e l’esaurimento delle risorse naturali ci portano verso un futuro apocalittico. In questo processo, viene scatenata una guerra di tutti contro tutti, come vediamo eloquentemente in Chiapas e in tanti altri luoghi. Di fronte a tutto questo, è necessario ritornare alla terra, ritornare a quello che gli antenati ci hanno insegnato. Ed è necessario costruire anche un’etica di ciò che è comune. In tutto questo, ci è diventato chiaro il ruolo che le donne svolgono in questa nuova fase di costruzione del futuro. Le donne, che donano e tutelano la vita, sono coloro che meglio comprendono e praticano l’etica del comunitarismo. Un’etica basata sulla cura, sulla condivisione, sul rispetto e sull’impegno reciproco. Questo ci è stato insegnato durante i quattro giorni di festeggiamenti più disparati. Con un’assistenza sanitaria autonoma, attenta e gratuita. Con la cucina collettiva, che ci ha nutrito con tanto amore. Con le discussioni, le partite di basket, di pallavolo e di calcio. Con la gioia dei bambini e delle bambine che sfilavano in bicicletta. Con la straordinaria organizzazione collettiva che ha reso possibile che circa 12mila persone potessero convivere per quattro giorni in quello spazio di libertà e comunità.

Poco prima del discorso del subcomandante Moisés, la forza dell’organizzazione zapatista si è manifestata con la parata di miliziane e miliziani. Una parata che non era soltanto una dimostrazione di disciplina e organizzazione militare, ma anche di gioia e di festa quando le miliziane rompevano le righe per ballare.

Dal caracol di Dolores Hidalgo, ritorniamo alle nostre geografie con rinnovata speranza che sia possibile costruire altre strade in mezzo al disastro. Che è possibile ballare sotto la tempesta e che il cammino richiede molto impegno e organizzazione, per rompere con l’individualismo, con il si salvi chi può e costruire il bene comune.

Discorso del Subcomandante Moisés nel 30° anniversario dell’insurrezione zapatista

Articolo pubblicato originariamente in castigliano su Radio Zapatista. Traduzione in italiano di Michele Fazioli per Dinamopress

Tutte le foto e i video di: Radio Zapatista