EUROPA

Attentato della Rambla, accuse di coinvolgimento per la polizia spagnola

L’ex commissario di polizia Villarejo ha rilasciato delle dichiarazioni contro i servizi di intelligence. Questi ultimi avrebbero mantenuto un contatto con il capo della cellula terrorista fino a pochi giorni prima dell’attentato

Nuove luci su uno degli attentati terroristici più sanguinosi della storia spagnola recente. Alcune dichiarazioni dell’ex commissario di polizia José Manuel Villarejo hanno infatti proposto all’opinione pubblica dettagli inediti (benché non confermati) sul cosiddetto “Attentato della Rambla”, che scosse la città di Barcellona il 17 agosto di cinque anni fa.

Quel giorno, intorno alle cinque del pomeriggio, un camioncino Fiat Talento imbocca bruscamente la via della Rambla e si scaglia violentemente contro pedoni e ciclisiti. Il veicolo percorre oltre cinquecento metri, producendo un bilancio finale di 15 vittime – tra cui due bambini di tre e sette anni – e 163 feriti. L’attacco verrà rivendicato poche ore dopo da Daesh (il cosiddetto Stato Islamico) mediante l’agenzia di stampa Amaq e rappresenta il colpo più grave subito dalla Spagna dopo la strage dell’11 marzo 2004 a Madrid.

L’episodio è ritornato in prima pagina la scorsa settimana, appunto in seguito alle dichiarazioni dell’ex commissario di polizia. Villarejo è un personaggio ormai noto nella scena politica e mediatica spagnola, principalmente per essere protagonista di numerosi scandali di corruzione poliziesca, oltre che riciclaggio di capitali e organizzazione criminale.

Tra questi vale la pena menzionare l’“Operazione Tandem”, un processo in cui Villarejo rischia il carcere per aver fornito illegalmente prove contro membri del governo della Guinea Equatoriale per conto di un’impresa petrolifera.

Proprio durante un’udienza dell’Operazione Tandem, Villarejo ha incolpato Féliz Sanz Roldán, presidente del Centro Nazionale d’Intelligenza (Cni, i servizi segreti spagnoli) all’epoca dell’attentato, di aver commesso un «errore di calcolo» al fine di «dare un piccolo spavento alla Catalogna». Riportiamo le dichiarazioni esatte:

«Lavorai con loro [con il Centro Nazionale d’Intelligenza] nel tentativo di risolvere il danno del famoso imam di Ripoll [la mente dell’attentato della Rambla], che alla fine fu un grave errore del signor Sanz Roldán, che calcolò male le conseguenze di dare un piccolo spavento alla Catalogna».

Le reazioni non si sono fatte aspettare. Sette partiti, principalmente dell’area indipendentista catalana, basca e gallega, hanno richiesto una commissione d’inchiesta sugli attentati, allo scopo di far luce sull’ipotetica collaborazione dei servizi di intelligence con la cellula jihadista e sull’utilizzo del terrorismo di stato contro la società civile.

Il partito catalanista Erc (Esquerra Republicana Catalana) ha reclamato inoltre una risposta parlamentare del presidente del governo Pedro Sánchez, del ministro degli interni Fernando Grande-Marlaska e di Sanz Roldán, affinché l’esecutivo spieghi se e come intende chiarire le dichiarazioni giudiziarie di Villarejo.

Non è la prima volta che appaiono indizi di una possibile implicazione delle forze di sicurezza spagnole nell’attentato della Rambla. Già nel luglio 2019, il quotidiano “Público” rilasciò in esclusiva una serie di articoli contenenti documenti estratti dalle fonti d’intelligence, tali da provare che il leader della cellula integralista fu un confidente stretto dei servizi segreti fino a pochi giorni prima del 17 agosto.

Il jihadista in questione si chiama Abdelbaki Es Satti e morì il giorno prima del colpo a causa di un’esplosione di 120 contenitori di butano che, secondo speculazioni successive, sarebbero dovute servire per fini terroristici. La traiettoria di Es Satty come confidente della polizia comincia nel 2014, subito dopo essere uscito dal carcere, dove era entrato quattro anni prima per possesso di 136 chili di hashish. Precisamente, secondo quanto riportato da Público“, la polizia lo avrebbe “assunto” offrendogli in cambio di non essere deportato e aiutandolo a diventare imam del comune catalano di Ripoll.

Durante gli anni seguenti, la polizia sarebbe stata in contatto con Es Satty attraverso la tecnica della «casella di posta morta». Il metodo, utilizzato già ai tempi di Osama Bin Laden, consiste nello scrivere bozze di mail in un account accessibile tanto al mittente come al destinatario.

Si tratta di messaggi che non vengono mai inviati, in modo da non generare trasmissione di dati in rete, risultando dunque non intercettabili. L’inchiesta di Público“sostiene che la casella di posta in questione, adamperez27177@gmail.com, sarebbe stata utilizzata fino a poco tempo prima dell’attentato e conterrebbe informazioni tali da testimoniare che la polizia spagnola era a conoscenza di piani di Es Satty.

Malgrado tali indizi, nel parlamento spagnolo non si è mai riusciti a costituire una commissione d’inchiesta sull’accaduto. Nel gennaio 2021 la deputata indipendentista Miriam Nogueres registrò la richiesta alla camera dei deputati, senza che questa ottenesse risposta. Una richiesta simile era arrivata già anni prima dal comune di Barcellona, alla quale si opposero le destre “spagnoliste” (Pp e Ciudadanos) e anche il Partito Socialista.

Il tema in questione è delicato: le informazioni certe sono poche ed esiste il rischio di cadere nel cospirazionismo. Tuttavia, è possibile evidenziare una serie di dati che vanno ben oltre la cronaca: il primo è l’ingiustificabile inerzia dei partiti riformisti, nella fattispecie il partito socialista, nel «mettere mano» ai punti più oscuri dello Stato. Il secondo è l’incapacità di elaborare una ricostruzione meno confusa di quella attuale degli avvenimenti che scossero l’Europa nella seconda metà degli anni Dieci.

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