ROMA

Assistenti educativi comunali di Roma: dopo la lotta, la festa

Gli Aec di Roma stanno lottando da mesi per far valere i loro diritti di lavoratori. E dopo la mobilitazione arriva il momento di divertirsi: sabato 29 febbraio a Spin Time

Nei giorni in cui l’Italia entra nel panico per l’epidemia del Coronavirus, un pensiero serpeggia nella testa di tutti gli assistenti educativi di Roma e di tutto il Paese: “se le scuole chiudono, perderò di nuovo lo stipendio?”. Ecco cosa vuol dire vivere in uno stato di precarietà lavorativa strutturale e permanente.

Ecco perché, dopo aver consegnato 12.000 firme per la delibera di iniziativa popolare e atteso per mesi un segno da parte del Comune di Roma, abbiamo deciso di scendere in piazza e, per la prima volta in decenni di lavoro esternalizzato, malpagato e sfruttato, di scioperare, scegliendo la data del 12 dicembre.

Decisione tutt’altro che semplice o poco ponderata. La categoria degli assistenti educativi è ancora poco consapevole dei suoi diritti, troppo “abituata alla schiavitù”, a diffuse condizioni di violazione del Cccnl di categoria, ai guasti che si creano quando un servizio pubblico viene affidato ad interessi privati.

E poi ci sono i bambini, di cui e per cui ci sentiamo eticamente responsabili. Perché non si può svolgere un lavoro così, a queste condizioni, se non si ha un’idea etica del mondo e dei diritti inalienabili che cerchiamo di garantire ogni giorno ai bambini che ci vengono affidati.

Difatti decidiamo di fare una cosa irrituale per uno sciopero: scriviamo una lettera aperta ai genitori dei bambini per spiegare loro in quali condizioni esasperanti lavoriamo; parliamo con le loro associazioni, che si schierano dalla nostra parte. E il segno arriva.

Il giorno prima della protesta, l’11 dicembre, il Comune di Roma ci convoca e una delegazione del Comitato si siede, finalmente, a un tavolo con gli assessori Mammì, Persona, Scuola e Comunità solidale, e De Santis, Personale. Ci dicono che sono d’accordo con noi, che la gestione dei servizi pubblici essenziali deve essere gestita dal pubblico, e che l’appalto a privati non corrisponde alle esigenze di un servizio efficace ed efficiente.

E ci propongono un’alternativa alla creazione dell’ente speciale previsto dalla delibera di iniziativa popolare: la riapertura della figura già esistente all’interno della pianta organica del Comune, e cioè quella dell’assistente educativo comunale.

È con questa premessa che arriviamo alla giornata del 12 dicembre. Con la piazza del Campidoglio che si riempie poco a poco e che si colora degli ombrelli rossi che abbiamo scelto come simbolo e di decine di cartelloni colorati e fantasiosi. Alla fine siamo centinaia.

Non ce l’aspettavamo. Ci guardiamo negli occhi, increduli. Stretti, vicini a riempire la scalinata dell’Arce capitolina.
Le storie di ognuno di noi si susseguono, nella narrazione della piazza, tutte diverse e tutte uguali, con qualche genitore che è lì, a testimoniare che i nostri diritti garantiscono i diritti dei bambini con cui lavoriamo.

Il bilancio della giornata ci dirà che almeno 600 persone erano in piazza per i loro diritti e più del doppio non si è recata sul posto di lavoro. Il terzo passaggio avviene il 22 gennaio, nel secondo tavolo tecnico, in cui emerge la questione della delibera firmata dall’allora sindaco Alemanno che , senza alcuna motivazione, mette la figura dell’assistente educativo comunale in esaurimento.

Il 12 febbraio, al Campidoglio, si svolgono due tavoli tecnici consecutivi: nel primo, vengono convocati dall’assessore De Santis i sindacati Cgil, Cisl, Uil, Csa. Scopriamo che anche loro sono favorevoli all’internalizzazione ma pongono mille ostacoli burocratici.

A seguire, tavolo tecnico con la delegazione del comitato. L’assessore De Santis è concorde con noi che bisogna accelerare i tempi, per cui si propone un incontro a stretto giro per affrontare le questioni tecnico-amministrative e legali che il processo di riapertura della figura richiede e stilare una bozza di Delibera da far discutere al più presto al Consiglio Comunale.

Ed eccoci a oggi. A breve vedremo i primi risultati concreti del nostro impegno. Sappiamo che non sarà né semplice né immediato, ma lottiamo con tutte le nostre forze per l’inclusione di tutte e tutti.

E, nel frattempo, consapevoli che la strada percorsa fin qui è una strada fatta di lavoratori che si sono riconosciuti e scoperti vicini attraverso la condivisione di storie, percorsi e visioni del mondo, abbiamo deciso che ci meritiamo una grande festa.

Il 29 febbraio, allo Spin Time Labs, via di Santa Croce in Gerusalemme, 55, alle 21,30. Ci saranno O Zulu, ex frontman dei 99Posse, la Stradabanda, i TowerPine Blues Band. Perché siamo profondamente convinti che, come diceva la rivoluzionaria anarchica russa Emma Goldman, “Se non posso ballare, allora non è la mia rivoluzione”.