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Argentina, prove di terrorismo finanziario dopo il voto contro il governo

Domenica scorsa l’Argentina è andata al voto nelle cosiddette elezioni di «paso», primarie simultanee, aperte e obbligatorie che servono a definire le candidature ufficiali nelle presidenziali, che si terranno il prossimo ottobre. Il risultato è stato una sorprendente sconfitta dell’attuale presidente Mauricio Macri, staccato di 15 punti percentuali dalla coppia Alberto Fernández e Cristina Fernández de Kirchner. I candidati peronisti, che al momento sono all’opposizione, hanno ottenuto il 47% dei voti, mentre quelli che sostengono l’attuale governo ultra-liberista si sono fermati al 32,6%. Il giorno dopo questo voto, “i mercati” hanno punito la scelta popolare facendo schizzare il dollaro da 45 a 60 pesos, in una delle “corse”, delle ascese repentine che hanno caratterizzato la svalutazione della valuta argentina durante il governo Macri. Mentre pubblichiamo questo articolo il cambio ha raggiunto i 63 pesos. Ma a cosa ci si riferisce quando si fa riferimento alla misteriosa entità “i mercati”? Cosa scatena queste impennate del valore di cambio rispetto alla moneta statunitense? Lavaca.org ne ha parlato con l’economista Natalia Quiroga Díaz, coordinatrice accademica del master di Economia sociale dell’Università nazionale di General Sarmiento di Buenos Aires (Ungs) ed esperta in economia femminista emancipatrice

Lunedì scorso, il giorno dopo il 47%, l’Argentina si è risvegliata con lo spettro della risposta di quell’astrazione finanziaria generalmente conosciuta come “i mercati”: il dollaro è arrivato ad essere scambiato oltre i 60 pesos, la banca centrale ha dovuto vendere 100 milioni di dollari per mantenere la valuta a 58 pesos, i titoli e le azioni sono crollate e il governo è tornato ad aumentare i tassi di interesse intorno al 75%. Il presidente Mauricio Macri e il suo candidato a vice, Miguel Ángel Pichetto (con lo scrutinio di più di 15 punti di differenza con Alberto Fernández e Cristina Fernández de Kirchner ancora caldo sul tavolo) hanno tenuto una conferenza stampa alle 16:30, in cui hanno detto:

  • «Oggi il kirchnerismo ha più responsabilità che prima di domenica»;
  • «L’alternativa kirchnerista non ha credibilità»;
  • «I mercati sono persone che prendono decisioni sull’avere o meno fiducia negli argentini».

Il governo ha cercato così di cristallizzare il discorso che aveva già lasciato intravedere dal bunker del partito dopo la sconfitta di domenica: lo spettro del kirchnerismo e la sfiducia nei mercati.

Come dobbiamo guardare a questo momento caldo? L’economista colombiana, coordinatrice accademica del master di Economia sociale nell’Ungs e autrice del recente libro Economia postpatriarcale. Neoliberale e dopo (Lavaca editrice), Natalia Quiroga Díaz spiega: «La prima cosa che salta agli occhi è l’impegno viscerale tra il governo di Mauricio Macri e un sistema finanziario speculativo fortemente accentrato e con molto potere economico. Sono gli impegni che aveva preso per sostenere il tasso di interesse, che non ha livelli simili in nessuna parte del mondo, per garantire la sostenibilità dell’impegno elettorale fino a ottobre. È da lì che sorge questo impegno di non intervento dello Stato sui capitali speculativi. Questo significa, da un lato, che il governo cade per la decisione democratica del Paese di punire Macri per le sue politiche di terrorismo economico e di disciplinamento dei meccanismi riproduttivi. Questo come prima lettura dal punto di vista dell’economia femminista».

Quiroga Díaz indica che il “voto di punizione” non è solo la risposta della società, ma anche una risposta regolamentatrice del sistema finanziario: «Cerca di punire la popolazione: in un contesto in cui Macri ha dollarizzato le condizioni di vita più elementari, una svalutazione di questa portata significa trasferire tutta la punizione e la regolamentazione in vista del cammino che porterà alle elezioni di ottobre».

Siamo passati dal voto di punizione alla punizione del dollaro?

Per quattro anni siamo stati ostaggio delle logiche del tasso di interesse. La decisione di mettere fine a questi affari comporta la radicalizzazione della posta in gioco e il portare la popolazione verso una condizione di timore maggiore. Un esempio: se oggi vado a comprare il latte, che viene venduto con il prezzo in dollari, significa che mi costerà 60 o 70 pesos? E in ottobre che succederà? Questo è quello che chiamo terrorismo economico: mantenere le popolazioni nelle condizioni di inquietudine permanente attraverso una condizione di ricatto nella quale gli si infonde la paura per la quale il mantenimento di questa decisione economica ad ottobre porterà alla rovina della maggior parte della società.

Terrorismo economico

Di cosa parliamo quando parliamo di “mercati”? Quiroga Díaz spiega: «C’è qualcosa di perverso perché la parola mercato nasconde le volontà di pochi fondi speculativi. Lì scende in campo la finzione dell’autoregolazione, che implica che ci siano una domanda e un’offerta che però è quello che non si sta verificando. Quello che sta succedendo è che c’è un centro di potere accentrato e potente che rende possibili oscillazioni del dollaro di questi livelli. La cittadinanza non si è lanciata nell’acquisto di dollari producendo l’impennata del tasso di cambio, ma ha invece reso manifesta la capacità di quei capitali di cambiare l’economia dei paesi in uno scenario in cui si liberalizzano tutte le regolamentazioni che permettono la fuga dei capitali».

Per l’economista è importante sciogliere la narrazione ufficiale dello spettro elettorale rispetto al peso della corsa del dollaro. «In questo modo, quello che viene coperto è l’irresponsabilità di una politica economica al servizio della speculazione finanziaria. L’Argentina di Macri ha fatto delle corse a perdi fiato, come quelle che hanno portato il dollaro da 20 a 40 pesos. È quello che succede quando queste politiche vengono mantenute nel tempo. Il modello che vediamo oggi ha a che fare con l’insostenibilità del tasso di interesse sopra il 70%: il mondo sa che quella strada non è sostenibile. Tutti i fondi sanno che questo è un modello per una via di uscita facile: per questo il rinnovo delle Leliq [lettere di credito della banca centrale, ndt] è mensile».

La decisione economica del governo ha seguito questa strada: aumentare il tasso di interesse quasi al 75%. Cosa significa in concreto questa misura e come si può spiegare quello che è successo?

Bisogna fare un richiamo politico affinché Macri smetta di mettere mano al tasso di interesse: è lui al comando di questa corsa. Bisogna disinnescare in tutti i modi possibili l’idea che il dollaro arriverà a 80 pesos. Facciamo un po’ di esercizio di memoria economica: siamo nello stesso scenario che abbiamo avuto quando il dollaro è passato da 20 a 40 pesos. Senza l’aumento del tasso di allora, con il dollaro a 45 pesos quei capitali non sarebbero tornati. È lì che si annida la parte perversa del meccanismo: all’aumento del tasso di interesse, il governo torna ad attrarre i capitali che sono fuggiti. Potrebbe tranquillamente sostenere il prezzo di oggi. Ma no: quello che sta cercando di fare in questo modo è provocare un’altra volta l’ingresso di dollari in modo che se a ottobre non sarà rieletto ci sarà una nuova impennata del dollaro. Per questo dobbiamo parlare di terrorismo economico.

Articolo originale pubblicato su lavaca.org con il titolo: “Dal voto di punizione alla punizione del dollaro: come guardare alle variabili di una giornata di terrorismo economico”

Foto di copertina di Nacho Yuchark, per lavaca.org

Traduzione in italiano di Michele Fazioli e Giansandro Merli