DIRITTI
Archiviata la denuncia per “vilipendio delle istituzioni” per l’attivista che aveva criticato Minniti

Archiviata la denuncia per “vilipendio delle istituzioni” per un’attivista romano. Aveva criticato pubblicamente durante una manifestazione le politiche del governo in tema di migrazioni e in particolare la guerra ai poveri del ministro Minniti
Lo scorso 20 giugno, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, Amnesty International Italia ha organizzato una mobilitazione in piazza del Pantheon, a due passi dai palazzi del parlamento nel cuore di Roma. In quell’occasione, al termine di un flash-mob, va in scena la fiera dell’assurdo. Al termine del suo intervento un giovane legale e attivista della rete Resistenze Meticce, Gianluca Dicandia invitato a parlare al microfono, viene fermato dalle forze dell’ordine che gli chiedono di identificarsi appena si allontana dall’amplificazione.
La sua colpa? Aver criticato con toni troppo duri le leggi Minniti-Orlando, parlando di guerra ai poveri, e le politiche del governo in tema di migrazione (erano i mesi della violentissima campagna stampa contro le Ong che operano – molte operavano – nel Mediterraneo). La piazza reagisce a quello che vive come un vero e proprio abuso e diversi altri attivisti vengono identificati e deferiti all’autorità giudiziaria.
Una scena surreale che ha avuto come conseguenza l’avvio di un procedimento giudiziario. In particolare l’attivista intervenuto viene denunciato per “vilipendio delle istituzioni”. Ora, per fortuna, questa storia frutto di un clima inquietante di criminalizzazione del dissenso, ha avuto almeno fine in termini giudiziari: il procedimento è stato archiviato.
Tutto bene quel finisce bene, ma dalle carte del pm – secondo quanto riportato da Fanpage – emerge un altro particolare inquietante: il dirigente di polizia che firma gli atti trasmessi in procura è lo stesso che ordinava ai suoi uomini durante una carica contro i rifiugiati sgomberati da piazza Indipendenza “spezzategli un braccio“, e non esita a travisare le parole dette al microfono, nonostante sia di dominio pubblico la registrazione di quanto detto quel giorno in piazza.