DIRITTI

Amateci di meno. Per ogni donna stuprata e offesa siamo tutte parte lesa

Nonostante il maltempo, un presidio molto numeroso, a via della Magliana a Roma, nei pressi del luogo dove è avvenuto il terribile femminicidio di Sara Di Pietrantonio. La violenza non è un fatto privato, dobbiamo lottare contro l’indifferenza e la sua normalizzazione. Chi colpisce una donna, colpisce tutt*!

“L’amore non è assoluto e nemmeno eterno, e non c’è solo amore fra uomo e donna, possibilmente consacrato […]. Il male sta nelle parole che la tradizione ha voluto assolute, nei significati snaturati che le parole continuano a rivestire. Mentiva la parola amore, esattamente come la parola morte […]. Studiare le parole esattamente come si studiano le piante, gli animali… E poi ripulirle dalla muffa, liberarle dalle incrostazioni di secoli di tradizione, inventarne delle nuove, e soprattutto scartare per non servirsi più di quelle che l’uso quotidiano adopera con maggiore frequenza, le più marce”.

Goliarda Sapienza, L’arte della gioia

Mentre all’Altare della Patria, tra fanfare e riti stanchi, si deponevano allori, mentre parate militari sfilavano per via dei Fori Imperiali al fine di celebrare la nascita della Repubblica Italiana, nel giorno in cui ricorre anche il settantesimo del suffragio universale, in via della Magliana, nel luogo dove si è consumato l’ultimo femminicidio, tra i più atroci degli ultimi tempi, si è svolto un grande presidio. Poche, nessuna cerimonia, solo tanta, tanta rabbia.

Centinaia e centinaia di donne, dopo la fiaccolata serale di ieri, sono giunte sul posto, su quel pezzo di strada deserto, con nulla o poco più intorno, per ricordare Sara Di Pietrantonio, per affermare con forza e determinazione che simili violenze – violenze che vanno chiamate col loro nome, violenze di genere, dirette volontariamente contro le donne e la loro libertà – non devono accadere mai più. Nell’arco di tutta la mattinata è stata ripetutamente bloccata la strada per comunicare con chi la attraversava, inondando le macchine di cartelli: “not in my name”, “l’assassino non è un malato ma il figlio sano del patriarcato”, “ti amo da vivere”, “amateci di meno”, “questa è guerra contro le donne e noi risponderemo!”.

Abbiamo molto insistito sulla comunicazione, perché indignate o, per meglio dire, schifate da quanto letto e appreso dai giornali, dalle ‘grandi’ testate di sinistra e di destra, che non hanno perso neanche questa volta l’occasione per lasciare libero spazio a descrizioni dai toni passionali (“la amava troppo”) e vittimistici dell’assassino, mancando, puntualmente, le ragioni sociali, politiche e strutturali che si nascondono dietro questi eventi (e questo nel paese in cui solo da gennaio 2016 sono state uccise oltre quaranta donne). D’altra parte anche le prese di posizioni della politica istituzionale lasciano di sasso, con una destra, Salvini in testa, che oggi, quando l’assassino non coincide con un migrante, ma con un giovane maschio italico – ventisettenne bianco, nonché guardia giurata – rimane “senza parole”.

Soltanto a Roma sono 4 i centri antiviolenza di cui si vuole la chiusura, sottoposti anch’essi alla stessa legge 140 che ha colpito centinaia di associazioni e spazi sociali nella capitale. A fronte di un aumento della violenza maschile contro le donne, le sole risposte istituzionali sono la chiusura degli unici presidi per le donne presenti sul territorio e nei quartieri e l’invocazione di maggiore sicurezza. Oggi di questa sicurezza ne abbiamo avuto un piccolo assaggio durante la dimostrazione: due camionette, 20 uomini in ‘abiti civili’, più del doppio armati. Nel giorno in cui centinaia e centinaia di donne a Roma, e in tutta Italia, ricordano Sara e si oppongono alla violenza di genere, vengono schierati plotoni a garantire ‘sicurezza’.

Con la manifestazione di oggi abbiamo provato a dire che la violenza non è un fatto privato, chiuso tra le mura domestiche e che non appartiene neppure a una “razza” determinata e, soprattutto, non si risolve con più polizia nelle strade. La violenza deve essere nominata e affrontata come tale, non con le narrazioni tra il rosa, il nero e il voyeuristico, offerte a prezzo di audience da tutti i media e mezzi di informazione (o sedicenti tali). Il presidio ha rappresentato solo la prima tappa di una mobilitazione che dovrà provare a tirarsi fuori dall’’ermegenzialismo’, per raggiungere la quotidianità, la vita di tutti i giorni, le istituzioni di questa città. Per questo ripartiremo da un’assemblea pubblica, il 16 giugno a Piazza dell’Immacolata alle ore 18.00.

Foto dal presidio

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