ITALIA

Alika Ogorchukwu: non possiamo più fare finta di niente

Alika Ogorchukwu è stato ucciso in pieno giorno a Civitanova Marche, una cittadina della costiera italiana. Questo omicidio non è un caso isolato ma parte di un sistema razzista istituzionalizzato

1. Non era la prima volta e non è un caso isolato

In Italia si ripetono omicidi, aggressioni, pestaggi, insulti a sfondo razziale da decenni. Senza quasi alcun riconoscimento della gravità e sistematicità di questi fatti. I dati ufficiali dell’Osservatorio ODIHR/OSCE, elaborati sulla basse delle denunce alla Polizia di Stato e delle rilevazioni della società civile, per il 2020 contano 1111 crimini d’odio. Cronache di ordinario razzismo cerca di raccogliere i dati sulle aggressioni documentate, e tra il tra il 1° gennaio 2008 e il 31 marzo 2020 ha analizzato 7.426 casi.

Non abbiamo però una lista precisa di quanti siano gli omicidi a sfondo razziale nel nostro paese. Possiamo però ritrovare alcuni nomi degli ultimi anni: nel 2008 viene ucciso a sprangate Abdul Salam Guibre per una scatola di biscotti a Milano; nel 2011 in Piazza Dalmazia a Firenze vennero uccisi Samb Modou e Diop Mor da un simpatizzante di Casa Pound che, dopo aver sparato e ferito anche altre persone nere, si suicidò; nel 2016 Mohamed Habassi venne torturato e ucciso a Parma; nel 2016 venne picchiato e ucciso Emmanuel Chidi Namdi a Fermo; nel 2018 venne ucciso con sei colpi di pistola Idy Diene a Firenze; nel 2020 è stato ucciso a calci e pugni Willy Monteiro Duarte Colleferro; nel 2021 Meardi Youns El Boussettaoui è stato ucciso con un colpo di pistola da un assessore della Lega a Voghera.

Nel 2022 Alika Ogorchukwu è stato ucciso a mani nude per strada in pieno giorno a Civitanova Marche. Questo omicidio non è un caso isolato e non è la prima volta che avviene in Italia. Nonostante questo è stato già escluso dagli inquirenti il movente razziale.

2. Il razzismo non è una questione individuale ma strutturale

Il razzismo non è l’atteggiamento di una singola persona, non è un semplice pregiudizio, e non è solo una questione di parole non adeguate o politicamente corrette. Il razzismo è un sistema di potere istituzionalizzato in cui le persone razzializzate vengono sistematicamente discriminate. Se ad oggi nel mondo occidentale non esistono più stati che giustificano le proprie leggi sulla base del razzismo biologico, di cui è stato smentito ogni fondamento scientifico, non si può dire che non esistano sistemi di legge che istituzionalizzano la differenziazione di trattamento in base alla cittadinanza.

In Italia la legge sulla cittadinanza ancora nega qualsiasi diritto o complica infinitamente la vita ai figli di genitori non italiani nati e vissuti in Italia, così come tutte le leggi che riguardano l’immigrazione negano sistematicamente diritti e possibilità di riconoscimento a chi non è cittadino europeo. Ancora oggi per migrare verso l’Europa si devono fare viaggi pericolosi e illegali, che molto spesso finiscono con torture e morte. Quante vite si potrebbero risparmiare con permessi di viaggio e di soggiorno?

Le leggi razziste sulla cittadinanza e l’immigrazione vengono fomentate da un linguaggio d’odio sempre più presente nei media e nella politica italiana, così come ha analizzato Amnesty International nel suo barometro dell’odio. È quindi piuttosto ridicolo il cordoglio delle forze politiche, soprattutto di quelle di destra, che costantemente fomentano questo clima di risentimento, di frustrazione, di disprezzo e di inferiorizzazione. Riutilizzando un vecchio slogan potremmo dire della morte di Alika Ogorchukwu “la mano è razzista, ma l’omicidio è di stato”.

3. La matrice razzista di questo omicidio

Ogni omicidio avviene in contingenze specifiche, appurarle dovrebbe essere il lavoro degli inquirenti e della giustizia penale. Ma oltre le questioni contingenti di ogni singola caso locale, l’Italia, gli italiani e le italiane bianche, devono riconoscere di vivere e contribuire ad un sistema basato sulla discriminazione razziale, dove le persone razzializate vengono costantemente spinte ai margini e quando possibili espulse completamente dalla vita pubblica e sociale.

L’Italia è un paese razzista, e non lo riconosce. L’Italia era una potenza coloniale, e senz’altro anche neocoloniale, e non lo riconosce. Ma continua a ripetersi la litania dell’“italiani brava gente”, del “ci sono potenze più importanti di noi”, “non c’è lavoro per noi, figurati per altri”… Mentre in tutte le strade del nostro paese si ripete ogni giorno l’umiliazione di Alika Ogorchukwu, venditore ambulante che ha chiesto ad una persona bianca di acquistare qualcosa ed è stato ucciso per questo.

Si è aperta una raccolta fondi per supportare la moglie e il figlio di Ogorchukwu, ma stupisce e forse rammarica che non è stata convocata, invece, una manifestazione nazionale contro questo omicidio, e la comunità nigeriana in queste ore si è ritrovata sola, con il solo supporto di alcune reti antirazziste, a denunciare il razzismo sistemico che le persone nere subiscono in questo paese.

4. Dove saremmo statə? Dove vogliamo stare?

In moltə si stanno domandando perché le persone che hanno visto questo omicidio si sono limitate a riprendere la scena con il telefonino e non hanno cercato di agire in qualche modo per provare a fermare quello che stava per accadere. E in moltə altrə si chiedono se questa sia la domanda giusta da porsi. Possiamo, però, riflettere su un punto: qual è il colore della nostra pelle e come questo avrebbe influito su dove saremmo statə in questa scena. Forse nessunə di noi fino in fondo può sapere cosa avrebbe fatto di fronte ad un’aggressione così violenta. Ma può chiedersi come disinnescare questo meccanismo di paura costante che ci invade ogni giorno nelle strade di questo paese dai piccoli centri alle grandi città.

Se siamo persone bianche italiane con cittadinanza dobbiamo chiederci che cosa significa vivere in un sistema che istituzionalizza la discriminazione razziale: conosciamo le file la notte davanti alle questure per chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno? Sappiamo cosa vuol dire vivere nella paura di non avere i documenti rinnovati? Di non poter rifiutare alcuna condizione di lavoro – per quanto degradante – perché i nostri documenti, cioè il permesso di poter vivere in questo paese, sono legati a doppio filo con il nostro lavoro? E abbiamo idea di cosa significhi non avere un documento di soggiorno? Sappiamo cosa significa essere fermati ai controlli di polizia ogni volta? Sappiamo cosa sono le micro aggressioni, le occhiate di disprezzo, l’accondiscendenza, la sensazione di essere comunque ospiti e fuoriluogo?

Dobbiamo anche cominciare a supportare le persone nere che vengono aggredite anche verbalmente ogni giorno accanto a noi per un posto sull’autobus, al mercato perché vendono o non vendono qualcosa, perché non hanno capito qualcosa all’ufficio comunale, perché non hanno il  giusto codice all’ufficio postale.

Ai piccoli e grandi atti di razzismo ci è richiesto di rispondere con solidarietà e azioni politiche. Non possiamo più fare finta di niente.

immagine di copertina di Francisco Anzola