ITALIA

Al Cpr di Gradisca d’Isonzo c’è stato un altro caso Cucchi?

Si tinge ulteriormente di giallo la vicenda del cittadino georgiano ospite del Centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca d’Isonzo morto il 18 gennaio scorso all’ospedale di Gorizia. La denuncia sulla militarizzazione del Cpr da parte del deputato radicale Riccardo Magi e del giurista Gianfranco Schiavone, vice-presidente dell’Asgi

È la tarda serata di domenica 19 gennaio. Sono le ore 22.30 circa. Il parlamentare dei radicali italiani e componente della prima commissione affari costituzionali della Camera, Riccardo Magi, scende dalla macchina di servizio accompagnato dal giurista Gianfranco Schiavone, vice-presidente dell’Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione.  Si trovano davanti al cancello del Centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca d’Isonzo. Il parlamentare citofona, annunciando di voler effettuare all’interno dei locali una visita ispettiva, come è nelle sue prerogative di  deputato. Passano venti minuti, durante i quali si sentono forti urla provenienti dall’interno del Cpr. Il portone finalmente è  aperto da un agente in tenuta antisommossa. «Con il casco in testa e il manganello in mano, che per tutta la durata della mia visita è rimasto in tale assetto, insieme ad altri suoi compagni, accompagnandomi a visitare le stanze del centro», ha raccontato ieri pomeriggio nella sala stampa della Camera dei deputati, in via della Missione, Riccardo Magi, chiedendo insieme a Gianfranco Schiavone di far luce sulla vicenda della morte del cittadino georgiano Vakhtang Enukidze “ospite” del Cpr dal dicembre scorso.

Il 14 gennaio scorso, in seguito a una rissa scoppiata all’interno del Centro, l’uomo di 38 anni e nato in Georgia è finito in carcere. Dopo un giorno e mezzo è stato trasferito di nuovo nel Cpr. Successivamente è stato ricoverato all’ospedale di Gorizia a causa dell’aggravamento delle sue condizioni di salute. Infine, è deceduto sabato 18 gennaio «in circostanze tuttora da chiarire». Ed è quello che hanno chiesto ieri Magi e Schiavone adombrando il pericolo di un nuovo caso Cucchi, «ovvero che un cittadino posto sotto la custodia dello Stato possa essere morto in circostanze perlomeno misteriose». Anche se, hanno chiarito i due: «noi non accusiamo nessuno».

Finora è certo soltanto che i reclusi testimoni dei fatti, durante la visita ispettiva di domenica sera, hanno raccontato «tutto il contrario delle versioni ufficiali comparse su diversi organi di stampa». Ha spiegato Riccardo Magi: «Tutte le testimonianze raccolte hanno escluso che la lite scoppiata il 14 gennaio tra il cittadino georgiano in questione e un uomo di origini nord-africane possa aver avuto conseguenze mortali. Anzi, sembra che nella rissa scoppiata, Vakhtang Enukidze abbia avuto la meglio». E ancora: «Tutte le persone recluse che hanno assistito alla rissa hanno dichiarato che gli agenti sono intervenuti. Che lo hanno immobilizzato in una decina di loro. Un militare in tenuta antisommossa si è scagliato contro il georgiano colpendolo dietro la nuca con un colpo di avambraccio. Un altro agente di polizia l’ha colpito con una ginocchiata sulla schiena». E questi sono i fatti, così come sono emersi dalle testimonianze. A questo punto Vakhtang Enukidze, dopo essere stato colpito ripetutamente, è caduto a terra ed è stato portato via, trascinato per i piedi.  «Come un cane, trascinato come un cane», hanno confermato ben tre testimoni.

Lunedì 20 gennaio il parlamentare si è presentato un’altra volta davanti al Cpr di Gradisca d’Isonzo per una seconda ispezione (stavolta l’avvocato Schiavone incredibilmente non viene fatto entrare). Trova un clima più disteso, ma i dubbi sulla vicenda aumentano di ora in ora, perché a Riccardo Magi gli “ospiti reclusi” di nuovo confermano la dinamica già raccontata il giorno prima: «il 16 gennaio il georgiano dopo 1 giorno e mezzo di carcere è stato riportato al Cpr. Non stava in piedi. Aveva le gambe piegate. Ha chiesto intervento del medico, poi non è riuscito più a parlare». Le ultime frasi delle testimonianze raccolte entrano nei dettagli della lenta agonia vissuta da Vakhtang: «Sul letto, la notte, perdeva bava dalla bocca. La mattina dopo era in stato di incoscienza. Ma quando è arrivata l’ambulanza era troppo tardi. Morirà da lì a poche ore».

A tingere ulteriormente di giallo la storia ci sono altri dettagli rivelati ieri da Riccardo Magi, il quale ha riferito l’incontro avuto con due cittadini egiziani che la stessa notte tra lunedì e martedì, poi, sono stati espulsi. E che anche un’altra persona, testimone dei fatti, è stata rimpatriata dopo la rissa accaduta il 14 gennaio scorso. Sul punto, però, subito dopo la conferenza stampa di ieri pomeriggio di Roma, è intervenuto all’agenzia Ansa il Procuratore di Gorizia Massimo Lia affermando che: «I testimoni citati dall’onorevole Riccardo Magi sono stati sentiti prima che venissero espulsi». E ha poi aggiunto: «Appena il collega che segue l’inchiesta ha saputo della presenza di possibili ulteriori testimoni oculari, compagni di detenzione della vittima,  si è immediatamente recato nel Centro per sentirli prima che venisse attuata la loro espulsione, cioè l’epilogo atteso per chi è ospitato in quelle strutture», ha aggiunto il magistrato.

Ascoltati all’interno del Cpr, appunto. Ed è ciò da cui ha messo in guardia l’avvocato Schiavone, secondo cui in questi casi: «le modalità di ascolto delle testimonianze devono essere peculiari. Il pm deve ascoltarli fuori dal centro con interpreti diversi, in un contesto in cui non ci siano possibili influenze o minacce dirette o percepite. Come prevede l’articolo 392 del codice di procedura penale». «Noi non accusiamo nessuno», ha ribadito Schiavone rispondendo alle domande dei giornalisti : «Ma pretendiamo chiarezza. L’attenzione nelle modalità di raccolta delle testimonianze è centrale in casi come questi». È la storia di Stefano Cucchi che ce lo insegna.

A quella storia c’è un altro aspetto da aggiungere: stavolta la persona morta sotto la custodia dello Stato è un migrante. Una persona con meno legami sul territorio, detenuta senza aver commesso reati in uno di quei luoghi in cui spesso i diritti dei reclusi valgono meno che in un carcere. E questo vale anche per le altre persone chiuse nel Cpr, che nei giorni successivi hanno continuato a subire la violenza delle forze dell’ordine. Lo ha raccontato la testimonianza di Magi e soprattutto le voci raccolte da No Cpr e no frontiere – FVG. Nell’ultimo audio pubblicato ieri si sente una persona che dice «sono entrati mi hanno massacrato», «perché stavo parlando con voi mi hanno picchiato» e «sangue, tutti sangue». L’audio risale a domenica 19 gennaio, il giorno dopo la morte di Enukidze.