DIRITTI

La violenza dei confini: staffetta a Ventimiglia

Il progetto STAMP – Sostegno ai Transitanti e Accoglienza a Migranti e Profughi è sul confine francese per fornire sostegno ai migranti e per continuare il lavoro di monitoraggio sulle migrazioni in Italia.

Dopo una raccolta solidale di beni di prima necessità con richieste formulate dalle attiviste e dagli attivisti del collettivo 20K, da settimane presenti sul confine francese, il materiale è stato portato attraverso il confine il 21 luglio. È in corso, infatti, fino al 4 agosto, la seconda staffetta di STAMP dopo l’ esperienza di Taranto a maggio. Aggiornamenti dalla situazione a Ventimiglia. Stay tuned…

Lunedì 24 luglio

Il blocco del confine ha limitato la libertà di passaggio dei/delle migranti, un cammino fatto di donne, uomini e tanti minori non accompagnati. Questo blocco ha creato una situazione di stallo, costringendo grandi numeri di persone ad ammassarsi in condizioni disumane sul letto del fiume Roja, che attraversa la città. In tanti tentano il passaggio, individuando sentieri o percorsi non battuti tra le montagne, mettendo a rischio la propria vita.

I migranti tentano il passaggio tutti i giorni, alcuni con successo, molti vengono rastrellati dalla polizia di frontiera, che organizza deportazioni di massa verso gli Hotspot del sud Italia. Questa mattina, durante il giro di monitoraggio sul confine italo francese, abbiamo assistito ad una delle tante deportazioni, frutto di rastrellamenti che iniziano sin dalle prime ore dell alba, nei luoghi abitualmente frequentati dai migranti: stazioni ferroviarie, Bar, o durante il sonno laddove sono accampati. Rastrellamenti, che come dimostra il video pubblicato questa mattina sulla pagina del Progetto20k, vengono operati con modalità violente, aggressioni fisiche e verbali che ledono la dignità umana. Questa mattina, da Mentone sono partiti due pullman con a bordo circa 80 persone, direzione hotspot di Taranto. I migranti vengono caricati su autobus con i sedili ricoperti di celofan senza alcun tipo di informativa sul luogo di destinazione.

I migranti affetti da malattie potenzialmente contagiose, da Mentone, luogo di frontiera francese da dove partono le deportazioni, vengono rimandati a Ventimiglia a piedi, lungo un percorso lungo svariati chilometri, sotto il sole cocente e senza acqua.

 

 

Frammenti di ordinaria follia. Un funzionario di polizia, all’interno della stazione di Ventimiglia, strattona un ragazzo dalla pelle scura e gli urla: “vai al tuo paese”, “vai in Africa”, ” torna al tuo paese”, “torna nel Burundi”, “fuori dai coglioni”. I toni, il linguaggio utilizzato e l’atteggiamento del funzionario di polizia sono indice del clima di costante ostilità che circonda i migranti in transito per la città di frontiera.

[*Tratto da Progetto20k]

Nota: Il video che abbiamo pubblicato questa mattina, che riprende un funzionario di polizia che strattona un ragazzo in stazione e gli urla frasi ingiuriose, ha avuto una notevolissima diffusione, con tantissime visualizzazioni in constante aumento.

È utile precisare che l’episodio oggetto del video – rispetto al quale proviamo profonda indignazione, inquietudine e rabbia – è la punta dell’iceberg di una situazione stratificata di violazioni e intimidazioni.

Il clima di costante ostilità che circonda i migranti in transito non è circoscrivibile ad abusi di questo tipo. Al contrario, è bene ribadire che a Ventimiglia, in frontiera e in Francia si segnalano quotidianamente molteplici violazioni dei diritti. Un numero enorme di minori viene illegittimamente respinto alla frontiera e non riceve alcun tipo di presa in carico, neanche dal punto di vista alloggiativo; centinaia di persone sono coattivamente trasferite ogni settimana verso Taranto, nell’ambito di una prassi dai confini giuridici incerti e altamente problematica; centinaia di persone vivono in condizione di sostanziale indigenza, in assenza di idonei servizi di assistenza legale, sanitaria e sociale.

Ventimiglia è questo: un territorio attraversato da violazioni e ingiustizie. Allo stesso tempo, qui va quotidianamente in scena l’inarrestabile desiderio di transito delle e dei migranti. Continueremo ad agire in questo contesto, a denunciare gli abusi e le ingiustizie, e a sostenere le legittime rivendicazioni delle persone di passaggio per la città ligure.

Mercoledì 26 luglio

Uno degli obiettivi della staffetta a Ventimiglia è il monitoraggio dei treni regionali diretti in Francia con cui, ogni giorno, decine di migranti tentano di attraversare il confine.

In questi giorni abbiamo percorso più volte la tratta ferroviaria diretta a Cannes, viaggiando con i migranti. Dai finestrini del treno si apre un paesaggio paradisiaco sulla Costa Azzurra, il cui accesso è riservato ai ricchi turisti. A Mentone, primo paese oltre il confine che dista solo 10 minuti da Ventimiglia, infatti sale la gendarmeria in gruppi di 20 unità. Il treno viene controllato meticolosamente, chi ha la pelle scura viene costretto a scendere a prescindere se abbia i documenti in regola e titolo di viaggio.

Le persone rastrellate vengono identificate e sottoposte a perquisizione, comprese donne e bambini, il tutto sotto gli occhi di chi è in stazione nell`attesa di un treno. Successivamente vengono scortate in una stanza situata all’interno della stazione. Per i primi rastrellati, l attesa dura ore, fino a quando la gendarmeria decide che il numero dei fermati è sufficiente al trasferimento verso la caserma situata al confine tra Mentone e Ventimiglia. Una volta all’interno della caserma, l’attesa continua fino al respingimento verso l’Italia. Si torna indietro. Per questa volta il viaggio è finito. Ma da domani si riproverà a passare il confine.

#OuvrezLesFrontieres

 

 

Giovedì 27 luglio

Sesto giorno di staffetta a Ventimiglia. Oggi in collaborazione con l’associazione Eufemia abbiamo attivato l’infopoint. Uno strumento fondamentale per i migranti al confine, un luogo dove la comunicazione diventa essenziale. Scrivere e parlare ad amici e parenti rimasti a casa e avvertire i conoscenti dall’altra parte della frontiera. Libertà di movimento per tutti.

 

 

Sabato 29 luglio

Continuano le deportazioni dalla frontiera italo-francese all’hotspot di Taranto. Tra ieri e oggi sono stati trasferiti una trentina di migranti, caricati su un Autobus della Riviera Trasporti (RT), la compagnia italiana che si occupa dei trasferimenti forzati che ormai sistematicamente coinvolgono i migranti che cercano di varcare il confine. Questi pullman, scortati da una camionetta della polizia, arrivano a costare 5000 euro a tratta di fondi pubblici. Possono partire fino a 6 pullman a settimana, arrivando a toccare i 30.000 euro, investiti in repressione dei movimenti migratori piuttosto che in potenziamento dell’accoglienza o in misure di welfare più inclusive anche nei confronti degli stranieri.

Negli ultimi giorni abbiamo incontrato diversi migranti, tra cui alcuni minori e una donna incinta di 3 mesi costretti dalla polizia di frontiera a tornare a piedi dal confine fino a Ventimiglia, percorrendo 9 km di tragitto, sotto il sole del primo pomeriggio, senza acqua né cibo, in condizioni di sfinimento fisico. Un uomo è stato separato dalla moglie e dalla figlia e portato alla centrale di polizia della frontiera francese. La moglie dopo essere stata condotta con la figlia al binario per tornare a Ventimiglia, si è rifiutata di lasciare il marito e ha chiesto di poterlo aspettare: richiesta negatagli dagli ufficiali di polizia che l’hanno fatta salire sul treno. Questa ulteriore produzione di sofferenza sembra emergere come altra faccia del dispositivo repressivo intorno ad uno spazio di frontiera che si estende per i 1100 km che separano Ventimiglia e Taranto, quadrante di un grottesco “gioco dell’oca”, fatto di fermi, perquisizioni, di “ritorni al via” dove gli arretramenti sono molto più frequenti che gli avanzamenti.

Ventimiglia è infatti popolata da gruppi di migranti reduci da vari tentativi di attraversamento del confine, spesso anche vittime di decreti di espulsione, che desiderano oltrepassare quella barriera verso condizioni di vita migliori, incontrando ulteriori ostacoli.

 

 

Domenica 30 luglio

 

Nell’area delle Gianchette, sotto il ponte del fiume Roja, stazionano centinaia di migranti in attesa di oltrepassare il confine italo-francese. Da martedì scorso, parallelamente ad un intervento spacciato come azione di pulizia dell’area, effettuata con mezzi pesanti e sotto il costante controllo delle forze dell’ordine, due rubinetti di fortuna, unica fonte di approvvigionamento, sono stati chiusi.

Da giorni i migranti vivono in assenza d’acqua potabile, dissetandosi con quella del fiume semiprosciugato. Questa situazione sta compromettendo lo stato di salute di molte persone, esponendole a malattie e a debilitazione fisica.

È chiara la volontà dell amministrazione comunale e del sindaco Enrico Ioculano: evitare in ogni modo assembramenti informali spingendo i migranti all’interno del campo della Croce Rossa, campo militarizzato, in condizioni invivibili e di sovraffollamento, situato in una zona di estrema periferia della città. Ventimiglia, città di mare e di turismo deve ritornare ad essere una di quelle cartoline patinate, che nasconde ogni sua problematica sotto un finto tappeto!

 

 

Martedì 1 luglio

Le Gianchette. Ogni giorno a Ventimiglia nello spazio sottostante il ponte dell’autostrada centinaia di migranti si accampano sulle pietre del letto semiprosciugato del fiume Roja. Si tratta per la maggior parte di sudanesi ed eritrei.
Seduti sul muretto del sagrato della chiesa, di fronte al ponte, incontriamo due eritrei le cui storie sembrano simboleggiare e riflettere le ansie del confine e la brutalità del meccanismo delle deportazioni.

T. 32 anni, racconta di aver provato ad attraversare la frontiera italo-francese già tre volte. Porta addosso i graffi che si è procurato nell’ultimo tentativo attraverso i sentieri lungo i boschi. Le prime due volte si sono invece concluse con due respingimenti al confine italo francese da parte della polizia, in conseguenza delle quali è stato riportato a Taranto, che qui si chiama “Toronto”, e da lì è risalito verso Ventimiglia viaggiando nei bagni dei treni. Mentre si trovava nell’hotspot, i funzionari di EASO, una delle agenzie europee operante al suo interno, gli hanno proposto di aderire alla relocation, il programma europeo a cui hanno accesso solo alcune nazionalità e che prevede il trasferimento dei migranti dall’Italia e dalla Grecia in altri specifici Paesi europei.

Si è rifiutato per non ritrovarsi incastrato in attese indefinite e senza nessuna certezza sui tempi di attesa e i luoghi di trasferimento. Di fianco a lui, D, un eritreo appena quindicenne. Lui non è mai stato trasferito a Taranto, ma ha tentato di attraversare il confine 4 volte, spendendo 600€, 150 ogni passaggio con i passeurs sudanesi in macchina fino a Nizza.

Si passa le mani sul volto in un gesto disperato, raccontandoci del suo desiderio di raggiungere il territorio oltreconfine, dopo aver attraversato il Sudan e la Libia, dove è stato rapito e tenuto prigioniero per un anno e due mesi nell’attesa che la famiglia raccogliesse i soldi per pagare il riscatto. Questo è il confine: con le sue pratiche repressive, intrecciate con il carico di sogni ed ambizioni, alimenta, da un lato, le economie informali dei vari passeurs, dall’altro crea spazi fisici e sociali nei quali i migranti aspettano senza fine, in condizioni di abbandono.

 

 

* S.T.A.M.P. significa “Sostegno ai Transitanti e Accoglienza a Migranti e Profughi” ed è un progetto di sportello mobile su quattro aree (sanitaria, linguistica, legale, internet)

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