ROMA

A Roma la povertà diventa un crimine

Sfratti e sgomberi fanno crescere il numero di chi è costretto a vivere in strada, abbandonato al freddo della notte. Ogni anno siamo costretti a contare le persone che non ce l’hanno fatta a sopravvivere, mentre chi dovrebbe occuparsi dell’emergenza abitativa delega alla forza pubblica la ricerca di soluzioni che non può o non vuole trovare

Succede da due anni. Si contano le persone morte. Vittime della pandemia di Covid-19 prima e della guerra in Ucraina adesso. Numeri impressionanti gli uni e gli altri.

Nel Lazio l’infezione ha ucciso più di 10mila persone, in Italia ha superato le 157mila. Ogni giorno leggiamo di quanti soldati hanno perso la vita e quante sono le vittime civili di un conflitto che si svolge a poca distanza da noi. Migliaia gli uni e le altre. Tanti, troppi.

Forse ci stiamo abituando a questi numeri, se non fa scalpore la morte per freddo di dieci persone dall’inizio dell’anno a Roma. Erano persone costrette a vivere in strada. Gli ultimi quattro sono morti in pochi giorni per le temperature rigide della notte. Il loro cuore si è fermato per ipotermia o coma etilico, provocato dall’alcool ingerito per scaldarsi.

Si muore in pieno centro nella Capitale d’Italia e si muore più lontano. Un uomo è stato trovato nei giardini del Santuario della Madonna del Divino Amore, due vicino alla stazione Termini, uno a Fiumicino. Ovunque lasciati da soli al freddo.

Di loro si occupano alcune associazioni che come abbiamo raccontato spesso sono state osteggiate. Lo hanno fatto anche durante la crisi sanitaria quando la situazione per i senza tetto era ancora, se possibile, più grave.

Cambiano le amministrazioni ma la tragedia che vivono queste persone non cambia. Ne abbiamo scritto anno dopo anno, ma non riusciamo ad abituarci. A noi dieci persone uccise dall’abbandono sembrano tante, troppe. Le stazioni delle metropolitane restano chiuse, le tensostrutture riscaldate non si vedono, gli hub vaccinali non più utilizzati sono indisponibili.

La questione “casa” a Roma continua a rappresentare un problema al quale non si può o non si vuole trovare una soluzione. Al contrario alcune scelte sembrano andare nella direzione opposta. Come testimonia quello che è avvenuto a San Basilio, dove un piano di sgomberi e sfratti sta gettando altre famiglie in strada.

La Prefettura infatti sta portando avanti un piano di sgomberi degli inquilini che non rientrano nella sanatoria decisa dalla Regione nel 2020 che ha sanato le situazioni illegittime fino al 23 maggio 2014 e ha previsto che le procedure di rilascio siano sospese almeno per 24 mesi.

Si tratta di sfratti da case popolari gestite dall’Ater, che si sommano al già elevatissimo numero di sfratti per morosità in corso di esecuzione negli alloggi privati. Queste operazioni sono presentate come lotta alla criminalità organizzata, si accomunano famiglie che non riescono a pagare il canone o che sono state costrette a occupare un alloggio con chi gestisce lo spaccio della droga nel quartiere.

Asia-Usb con i suoi operatori a San Basilio sta seguendo i casi di due famiglie, una composta da una donna con una figlia di quasi due anni e l’altra da una coppia con tre figli minori. Sono stati tutti buttati in mezzo alla strada. Episodi analoghi si erano verificati pochi giorni prima a Tor Bellamonaca.

I Movimenti per il diritto all’abitare insieme a Asia Usb hanno manifestato il 10 marzo sotto la sede di Ater chiedendo ancora una volta il blocco degli sfratti e degli sgomberi e una gestione del patrimonio pubblico, come è quello dell’Ater, che metta al centro i bisogni delle persone e non il bilancio dell’azienda.

Lo stesso giorno la rabbia per gli sgomberi avvenuti e per la narrazione, che descrive gli occupanti come appartenenti a clan della malavita, ha provocato una forte protesta degli abitanti che, al grido di «non siamo criminali», dopo l’assemblea svoltasi a piazza Recanati, hanno formato un corteo spontaneo che ha attraversato il quartiere.

Mentre a Roma l’emergenza abitativa peggiora di giorno in giorno, anche a seguito della crisi sanitaria e della crisi economica dovuta all’aumento dei prezzi, si tenta di alimentare una guerra fra poveri, dichiarando che gli alloggi liberati attraverso gli sfratti sarebbero assegnati agli aventi diritto in attesa nella graduatoria e agli abitanti degli stabili occupati da sgomberare. Si tira una coperta che ha già dimostrato di essere troppo corta.

Il prossimo appuntamento è per il 22 marzo sotto la sede della Regione Lazio per chiedere ancora una volta alle amministrazioni locali e al Governo soluzioni strutturali con risorse e iniziative in modo da non lasciare la questione nelle mani di chi gestisce l’ordine pubblico. La questione abitativa non si risolve con la criminalizzazione della povertà.

Immagine da pagina Facebook Blocchi precari metropolitani