ROMA

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A Roma gli sfratti non risparmiano neanche le forze dell’ordine

Case costruite con finanziamenti pubblici, vincolate da convenzione fra l’impresa e l’amministrazione pubblica, diventano il bottino per interessi privati. Chi abita in quelle case viene sfrattato, una storia che si ripete ogni giorno. La novità stavolta è che le forze dell’ordine incaricate di eseguire lo sfratto esecutivo si trovano di fronte i loro colleghi delle forze dell’ordine. E Salvini non sa che fare

All’inizio degli anni ’90 c’è stata un’occasione d’oro per i proprietari di terreni e per le imprese di costruzione. E naturalmente non se la sono lasciata sfuggire. L’articolo 18 della legge 203/1991 «provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa» prevedeva un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.

Venivano stanziati finanziamenti dal Comitato per l’edilizia residenziale (CER) istituito presso il Ministero dei lavori pubblici per realizzare edilizia residenziale da concedere in locazione o da assegnare in «godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengano trasferiti per esigenze di servizio».

Erano i Comuni, gli IACP, le imprese di costruzione e le cooperative a realizzare gli interventi dopo aver individuato le aree idonee per la localizzazione. Che destinazione urbanistica dovevano avere queste aree? Non aveva nessuna importanza, perché ove l’attuazione del programma avesse richiesto una variazione degli strumenti urbanistici si poteva farlo con Accordo di Programma adottato con Decreto del Presidente della Regione.

Così molti terreni con destinazione agricola sono diventati edificabili in quell’occasione con grande soddisfazione dei loro proprietari. Oppure era l’amministrazione comunale a concedere un terreno pubblico a uso gratuito per 99 anni.

Inoltre, accanto all’edilizia sovvenzionata e convenzionata, per la quale ricevevano  finanziamenti a fondo perduto, i proponenti potevano realizzare una quota di edilizia libera da vendere o affittare sul libero mercato.

Uno di questi piani di zona realizzato all’inizio degli anni 2000 è Collina delle Muse, nella zona ovest della città su terreno divenuto edificabile. Le case costruite con contributi pubblici sono state assegnate attraverso un bando della Prefettura agli appartenenti alle forze dell’ordine, poliziotti, carabinieri e finanzieri.

I contratti di affitto adesso sono scaduti e la società che ha il diritto d’uso della superficie dove insistono le case , la Boccea gestione Immobiliare srl. non intende rinnovarli, nonostante per legge sia stata prevista la proroga fino a dicembre 2024.  Sono quasi 50 le famiglie sulle quali pende la minaccia di sfratto, nonostante i numerosi giudizi pendenti per indennità di occupazioni non dovute, per quanto previsto dalla convenzione che fissava un prezzo per la locazione che non è stato rispettato.

La situazione a Roma – lo abbiamo raccontato tante volte – è drammatica, con gli sfratti esecutivi che ogni giorno attivano a superare le 200 unità. La cosa che sorprende è che riguardino anche case realizzate con contributi pubblici e destinate proprio ad affrontare l’emergenza abitativa.

Gli inquilini di Collina delle Muse, sostenuti da ASIA-USB, avevano indetto un sit-in per il 29 febbraio dinanzi alla sede del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, per denunciare l’indifferenza delle istituzioni che avrebbero dovuto controllare quanto previsto dalle norme per i piani di zona e non lo hanno fatto, lasciando gli inquilini in balia degli interessi delle società immobiliari. Volevano andare a dire al ministro Salvini: giù le mani dalle nostre forze dell’ordine! E dalle loro case.

Invece per il 29 febbraio il M.I.T. ha convocato un tavolo per discutere della situazione, ma una soluzione non si è ancora trovata. La convenzione stipulata dalla società Boccea Gestioni Immobiliari prevedeva che la cessione degli immobili realizzati fosse vincolata a un prezzo massimo e destinati a fasce di popolazione che non potevano accedere al mercato libero, invece adesso la società pretende di rientrare in possesso degli alloggi e venderli ignorando i vincoli previsti dalla convenzione.

Il Ministro Salvini e l’amministrazione comunale dovranno dare una risposta e spiegare come, pur essendo evidenti le violazioni alle norme, non stiano esercitando i loro poteri revocando la convenzione per impedire che gli ingiusti sfratti forzosi “manu militari” vadano avanti e che ancora una volta case realizzate con finanziamenti pubblici diventino bottino di interessi privati.

immagine di copertina di Asia Usb