NELLE STORIE

1725: la sessualità pirata della libertà

Il celeberrimo nudo parziale di donna di Delacroix, raffigurante “La Libertà che guida il popolo” e oggetto d’arte nelle gallerie della Parigi borghese, ha avuto come precedente una donna parzialmente nuda, “armata, violenta, riottosa, criminale e negatrice della proprietà”. È la rappresentazione della pirateria di un artista ignoto datata 1725

Ben poche immagini infestano la memoria collettiva come la rappresentazione dell’insurrezione francese del luglio 1830 di Delacroix: la libertà, con la bandiera nazionale alla mano che ne è il centro visuale, guida il popolo a piedi scalzi e lo nutre dal suo petto nudo.
La sua esposizione destò scandalo tra i critici parigini per la peluria sotto le ascelle e i suoi tratti da pescivendola e prostituta, insomma, inaccettabile vedere una “donna della marmaglia” alla guida di tutte le classi sociali francesi! Eppure, questo stendardo nazionale e, allo stesso tempo, allegoria del femminile aveva già subito un profondo addomesticamento e un controllo estetico ed etico rispetto all’immagine che può vantarne la maternità…legittima, anonima e illegale.

Nel 1725, un ignoto artista illustra il frontespizio della Storia Generale della Pirateria del capitano Charles Johnson, un volume che sarà ristampato in più di venti edizioni in meno di un secolo, delle quali almeno sei in francese. Il nudo parziale di donna di Delacroix, oggetto d’arte nelle gallerie della Parigi borghese, ha come madre una donna parzialmente nuda, “armata, violenta, riottosa, criminale e negatrice della proprietà”. È la pirateria. Spada e torcia alla mano, la donna avanza tra un vascello in fiamme e la forca degli appesi calpestando una mappa o un atto giudiziario, mentre ai suoi piedi vi è un’altra donna, quasi intimorita, con la bilancia della giustizia in mano e un uomo, forse soldato, arreso e apparentemente con le mani legate.

Mentre nell’addomesticata immagine di Delacroix il coraggio è un valore assegnato al bambino con le pistole, nel nostro frontespizio anonimo è la pirateria stessa a incarnare il coraggio non come valore morale, ma in quanto strumento di sopravvivenza, antitesi della legge e risorsa contro lo spietato sistema del moderno capitalismo globale. La bilancia della giustizia è ai suoi piedi.

Se tutte le tracce legano la libertà borghese alla donna guerriera, quest’ultima non è certo orfana di madri. La pirateria non sempre ha la barba nera e non fugge soltanto dalle incalzanti espropriazioni inglesi e dalla violenza del lavoro, anzi, la pirateria è anche quella ribellione femminile che si è fatta ampio spazio sulla terra ferma così come in mare aperto. Laddove la tratta mercantile si fondava sull’annientamento del desiderio per “dar vita” all’accumulazione capitalistica, molte donne hanno imbracciato la “spada e il fuoco” del Jolly Roger esercitando la libertà sessuale e affettiva, oltreché dalla proprietà e dalla brutalità del lavoro.

 

Sin dal Cinquecento, le ballate cantano le gesta delle donne guerriere e delle regine pirata, raggiungendo l’apice del successo proprio all’inizio del Settecento, epoca d’oro della pirateria atlantica.

 

Nello stesso periodo, soprattutto in nord Europa, il travestimento per passare da uomo è pratica diffusa tra le donne proletarie per evitare violenze, per necessità economica o per intimidire gli altri. Nel governo alternativo e nella giustizia distribuita della nave pirata, i rapporti così come le pratiche sessuali sono libere e non sono in alcun modo normate dagli Articoli che ognuno deve sottoscrivere prima di imbarcarsi e divenire parte della “mista moltitudine di tutti i paesi”.

Nella “Storia” di Johnson due donne spiccano nella lista di capitani e sono annoverate tra le donne guerriere della pirateria, due donne, bisogna ricordarlo, tra le tante che hanno popolato i vascelli guidati dal teschio. Donne riconosciute come pari non grazie all’ordine sociale stabilito sotto l’egida del Jolly Roger – spesso non meno sessista dell’ordine a cui si opponeva –, ma per la forza e la perseveranza con cui loro hanno fatto spazio alla loro libertà all’interno del governo della nave.

Mary Read è figlia illegittima, vestita da maschio sin dall’infanzia per poter ottenere la rendita dalla nonna del fratellastro morto. Schermitrice temuta per le sue doti militari acquisite durante la sua esperienza nella cavalleria britannica, è lei a difendere il suo compagno pirata uccidendo il rivale in un duello di spade.

 

 

Anche Anne Bonny è figlia illegittima, vestita da maschio per poter tutelare l’immagine del padre, mercante e proprietario in South Carolina. Fugge dall’oppressione paterna e dai suoi possedimenti per imbarcarsi con i pirati. Entrambe rimangono sole, con un solo altro uomo, a combattere sul ponte contro i militari che nel 1720 catturano l’intero equipaggio della nave, rifugiatosi nella stiva impaurito dall’attacco. Mary uccide uno di loro e ne ferisce un altro per la codardia mostrata. Anne guarda il suo compagno e amante “Calico Jack” con il cappio al collo e gli dice che se avesse combattuto come un uomo, cioè con coraggio, non starebbe sul patibolo a morire come un cane.

 

Anne e Mary indossano abiti femminili nella vita quotidiana di bordo e abiti maschili durante i combattimenti e il fronteggiamento con l’esterno della nave. Vivono la loro sessualità e le relazioni affettive in antitesi alla legge che impone castità, fedeltà eterna al matrimonio, eliminazione dell’omosessualità e della sodomia.

 

In ambito affettivo, il coraggio contro la legge è espresso dalla “pratica proletaria dell’auto-matrimonio e dell’auto-divorzio”, un rito popolare che permette di godere della “reciproca compagnia in libertà”.

Le madri legittime e illegali della libertà europea hanno sfidato l’ordine della fabbrica galleggiante e la violenza del lavoro, così come hanno creato e difeso pratiche affettive e sessuali al di fuori dell’ordine familiare, facendo del loro essere donne un’esperienza di classe della libertà.

 

Captain Charles Johnson, A General History of the Robberies&Murders of the Most Notorious Pirates, Lyons Press, Connecticut, 2010, pp. 106-118.

Gabriel Kuhn, Life under the Jolly Roger. Reflections on Golden Age Piracy, PM Press, Oakland 2010.

Marcus Rediker, Canaglie di tutto il mondo. L’epoca d’oro della pirateria, elèuthera, Milano 2005.

 

Immagine di copertina: Ann Bonny and Mary Read convicted of Piracy Novr. 28th. 1720 at a Court of Vice Admiralty held at St. Jago de la Vega in a Island of Jamaica. Pubblicata su wikicommons