Per una nuova idea di welfare e servizi

Intervista a Claudio Tosi (Roma Social Pride) dopo la sua lettera a Nicola Zingaretti

Claudio Tosi è da molto tempo un operatore del terzo settore, presidente del Cemea del mezzogiorno e dirigente del Cesv, è stato in prima fila in questi anni nella difesa dei servizi sociali e del welfare dagli attacchi del Sindaco Alemanno (è stato anche arrestato per una notte perché volantinava fuori i blindatissimi Stati Generali del Sociale del sindaco uscente), ha animato da protagonista il “Roma Social Pride”. Per la corsa alla Regione Lazio Claudio ha partecipato alla costruzione del programma di Nicola Zingaretti sui temi del sociale e del welfare e all’indomani della presentazione della giunta ha pubblicato una lettera (che riportiamo dopo l’intervista) molto critica nei confronti del neo governatore…

Cosa non vi è suonato bene nelle scelte di Nicola Zingaretti per la sua squadra di governo…

Considera che prima delle elezioni Nicola ha saputo sviluppare una forte partecipazione intorno alla costruzione del programma, riuscendo a coinvolgere cittadini, associazioni, enti in termini di coprotagonismo e quindi di appartenenza rispetto al progetto politico presentato. Per questo il silenzio dopo l’elezione è stato un vero momento di cesura che è divenuto ora il classico preludio alla tempesta.

L’impressione è di una doppia abdicazione, della società civile alla politica e della politica alla tecnica. La massa di tecnici coinvolti, più che un inno alla competenza segnala l’impossibilità di trovare una soluzione alle mille pressioni interne ai partiti. Questo farebbe della giunta una santabarbara, spostando ai nomi di chi assiste gli assessori il fronte degli appetiti politici.

Per limitarci al sociale, scegliendo come assessore questa figura sconosciuta ed estranea a tutti, la Regione, dicono, si guadagna la maglia rosa, ma è un rosa che si tinge di giallo per lo sconcerto che provoca e diviene grigio per la delusione che lascia nei militanti.

Sembra quasi che il tema del “sociale” possa essere appannaggio esclusivo o di un discorso securitario o sanitarizzante. Avete paura che le vostre istanze ancora una volta non vengano accolte nei processi istituzionali?

Ricordiamoci che il progetto per il sociale NON era semplicemente continuare e difendere l’esistente, ma invece rivoluzionare, prendere il toro per le corna e usare la crisi per transitare da una concezione sempre più delegante e assistita a un approccio più partecipato, collettivo, condiviso, che ridesse senso al “vivere sociale” prima che ai “servizi”.

Abbiamo guardato all’elezione di Zingaretti come al prerequisito per mettere in campo un progetto, e una speranza, che considerasse il sociale come lente di uno sviluppo abitativo, urbanistico, educativo, interculturale, ambientale, ecologico partecipato, che passare dall’idea autosufficiente di individuo a quella collettiva di persona.

“Rimettere al centro la persona insieme alle reti di socialità che la rendono tale”: era questa la “rivolta” pensata per dissodare un sociale e un welfare figlio di un impianto lavoristico antico e stantio. Un passaggio che prende significato proprio abbandonando l’impianto controllo/contenimento di chi non rispetta i canoni di normalità, che è quanto avviene oggi nei Cara, Cie, carceri, campi, ospizi, dormitori, comunità chiuse, sanatori, ecc. Al momento più che una paura per le nostre istanze abbiamo una forte sofferenza per gli automatismi della politica, che non riconosce alla sua base neanche la dignità di un confronto e quando se ne esce con scelte inspiegabili non riesce a dire con voce chiara e trasparente le ragioni della scelta.

Che effetti stanno avendo le politiche d’austerità (vedi patto di stabilità e pareggio di bilancio) sul welfare e su chi lavora nel sociale?

E’ chiaro che l’assurdo prezzo che abbiamo pagato all’Europa dei mercati con l’inserimento del pareggio del bilancio in Costituzione è un attacco frontale alle politiche di relazione che caratterizzano il welfare. Non molti si rendono conto che il taglio dei finanziamenti non è ancora arrivato; i comuni, che gestiscono i servizi sociali di prossimità, stanno ancora lavorando sui fondi degli anni passati e i tagli sono arrivati ai progetti e ai rinnovi. Quello che sentiamo adesso è il vento che precede l’onda, ma quando già il prossimo anno l’onda si abbatterà sull’impianto dei servizi di prossimità, assistenza, accompagnamento, cura, ci sarà una decimazione.

Oggi dobbiamo pretendere che ogni istituzione esprima la sua indisponibilità verso la mercantilizzazione del welfare, che non può essere fatto pagare a chi già soffre di una situazione di disagio. Dobbiamo chiederlo perché è solo investendo in politiche di relazione e sostegno che ridaremo fiato alla capacità collettiva di rispondere alla crisi, e questo può essere fatto solo togliendo le azioni sociali dal computo delle politiche di austerità.

Nei prossimi mesi dovremo ritornare sul tema di chi lavora nel sociale. Nessuna donna, uomo, giovane, anziano che si occupa di accompagnamento, sostegno e cura deve essere considerato per quello che fa. Ma per quello che tesse. Il fulcro del lavoro sociale è, e deve essere sempre più rivendicato e riconosciuto, relazione, connessione, recupero della dignità e dell’autonomia. E’ per questo che sempre di più si dovrà saper agire in termini di mediazione, connessione, apertura alle comunità, uscita dall’isolamento. In un patto tra professionisti, volontari, cittadini, che misuri nella rinnovata accoglienza reciproca la misura della sua efficacia.

La lettera di Claudio Tosi a Nicola Zingaretti:

Caro Nicola,

insieme a tanti e tante altre ho partecipato, co costruito, apprezzato, difeso, diffuso il tuo programma per la Regione, chiedendo e confidando che il Lazio si stagliasse per un’azione politica e di sistema che ricreasse nei cittadini la capacità di costruire relazioni a partire dal sentirsi comunità. Ti abbiamo detto e chiesto di fare del sociale una casella cardine del tuo programma, perché è dal sentire comune che nasce la disponibilità all’ascolto dell’altro, al dialogo, al mettere da parte egoismi e chiusure preconcette.

Un sociale che sa disegnare comunità permette di richiedere partecipazione e scambio, accoglie e recupera le energie dei cittadini, promuove l’autorganizzazione e il volontariato. Il tutto con il doppio effetto di avere una rete sociale più forte e un minor bisogno di controllo e pronto intervento (emergenziale e quindi costoso), di recuperare al sociale e quindi alla prevenzione fasce oggi trattate come disagiate, assistite, sanitarizzate, con perdita di energie e risorse imponenti.

Intorno a questa idea abbiamo discusso e scritto, e tu l’hai accolta nel tuo programma, anche se ti avevamo chiesto di dargli più slancio e visibilità, di portarlo più su di quel sesto posto a cui l’avevi piazzato. I tuoi ci hanno detto che era così nel cuore e che non valeva la pena di scomodare il grafico per spostarlo. Ora, per un imperscrutabile motivo che speriamo tu sappia spiegare bene, hai scartato competenze, esperienza, conoscenza, visioni, non di una persona, ma di un movimento e hai scelto l’essenza del controllo per la casella che necessita il massimo della relazione. Non so cosa ti ha spinto, mi auguro che la vice Prefetta sappia stupirci, l’unica cosa che so è come tutti hanno riportato la notizia, con il sociale all’ultimo posto.