EUROPA

Syriza, dalla vittoria storica all’umiliante capitolazione e alla crisi politica

Pubblichiamo un’interessante e approfondita riflessione di Dimosthenis Papadatos-Anagnostopoulos* che ripercorre alcuni passi ed errori che hanno portato SYRIZA all’esito finale delle trattative, a dover votare il terzo memorandum e alla spaccatura che sta vivendo proprio in questi giorni.

L’articolo è stato pubblicato prima dell’annuncio delle elezioni, dunque alcune cose sono già cambiate (tra queste la partecipazione dell’autore al Comitato Centrale del partito, da cui si è dimesso venerdì scorso). Ciononostante, rimane un testo molto utile a comprendere meglio gli avvenimenti degli ultimi mesi.

 

Chi non risica, non rosica. Dopo la rilevante approvazione delle assemblee nazionali di Germania, Olanda, Spagna, Austria e Lettonia, la Commissione Europea e l’ESM hanno annunciato l’approvazione del prestito biennale di 86 miliardi di euro alla Grecia. Questo accade solo pochi giorni dopo che il Parlamento ha approvato il terzo memorandum presentato da un governo di sinistra sostenuto dai partiti borghesi e dai media mainstream, ancora una volta dopo un iter parlamentare auto-umiliante e stringente sotto il peso di una decisione dell’Eurogruppo ancora in sospeso.

Dietro l’angolo ci sono un’altra elezione generale e un congresso del partito che era stato deciso dal Comitato Centrale ma è ancora da confermare [dimettendosi Tsipras ha evitato che il congresso si tenesse prima delle prossime elezioni, ndt], che sembrano niente più che un processo per riaffermare il predominio del Primo Ministro Tsipras sul partito e sul sistema politico. Se qualcuno avesse detto a inizio di luglio che saremmo arrivati a questo punto, sarebbe stato accusato di essere fuori dalla realtà. E invece.. siamo proprio qui!

Tutti noi che abbiamo lottato per SYRIZA negli ultimi 11 anni e soprattutto nei 7 anni dell’attacco della crisi, tutti noi che abbiamo sostenuto il primo governo di sinistra in Europa successivo alla Seconda Guerra Mondiale, tutti noi che abbiamo creduto che un simile governo, in fondo un governo di sinistra moderata, sarebbe potuto sopravvivere nelle tenebre neoliberali dell’UE, possiamo dire oggi che siamo nel mezzo di una sconfitta schiacciante. Questa sconfitta dovrebbe essere discussa e registrata come una sconfitta politica, non come un tradimento morale. Cioé, la capitolazione forzata del governo è un fallimento collettivo e rappresenta un inquietante segno dell’intrusione imperialista oltre ogni prerogativa democratica. Ci sono numerose ragioni oggettive e soggettive per questo fallimento – e per quanto riguarda le ultime, ci sono individui nella gerarchia del governo e del partito e nell’area ideologica e politica di SYRIZA, che condividono, anche se non in maniera eguale, questa responsabilità.

La situazione è già chiara: il trauma e le conseguenze di questa sconfitta, sigillata dal terzo Memorandum lascerà una traccia indelebile. SYRIZA non sarà mai più la stessa – e questa particolare “fine” è già un fattore chiave della crisi politica in corso. L’attuale crisi, come continuazione della crisi della rappresentanza del 2007, ha già avuto un impatto su tutte le manifestazioni delle forze politiche di sinistra in Europa nella sfida politica e sociale della fase del terzo Memorandum, che è appena iniziata. Ed è troppo presto per dire come potrebbe risolversi la crisi, figuriamoci per essere ottimisti sul suo esito. Nonostante questo, abbiamo urgentemente bisogno di tirare fuori delle “ipotesi di lavoro” rispetto ai prossimi passi, in modo da poter difendere i giovani e i lavoratori contro il terzo Memorandum, da mantenere lo scontro che il recente referendum ha dimostrato essere vivo – in modo che la sinistra per-il-NO [cioé quella che vuole dare seguito al NO del referendum, ndt] possa immaginare a cosa dovrebbe assomigliare nella nuova fase una sinistra capace di vincere.

Il referendum

L’ovvio punto di partenza di ogni valutazione e pianificazione è l’esito vittorioso di uno scontro di classe che ha assunto una dimensione internazionale il 5 luglio, che dopo solo una settimana è stato capovolto e ridotto all’umiliante accordo del governo con la Troika. Tutti noi che abbiamo combattuto in questa battaglia sappiamo che in termini politici il tempo non è mai sembrato più intenso, che il nostro scontro non è mai stato così genuino e per la sopravvivenza, che la gioia per questa vittoria collettiva non è mai stata più grande. Ma allo stesso tempo sappiamo che i deficit della dirigenza e nella pianificazione non sono mai stati così cruciali per un scontro di classe su questa scala: lasciatemi solo ricordare che fino al mercoledì prima del referendum non sapevamo proprio se il referendum ci sarebbe stato; fino al giovedì ascoltavamo i ministri e i deputati rassicurare l’elettorato che ci sarebbe stato un accordo (alcuni di loro si sono spinti al punto di suggerire di votare SÍ); per un’intera settimana siamo stati testimoni della neutralità dell’emittente pubblica ERT mentre i media borghesi complottavano e il nostro popolo veniva ricattato sui posti di lavoro e alle code dei bancomat senza che noi fossimo in grado di difenderlo. Il governo ha giustamente condannato il colpo di Stato dell’UE. In quei giorni, semplicemente distribuendo volantini ci siamo sentiti come se fossimo membri dell’Unidad Popular mentre Allende era minacciato.

Questo è un punto chiave che dobbiamo considerare: che il referendum, vale a dire il coinvolgimento dei cittadini, è stata una scelta quasi istintiva del governo, nel tentativo di fermare la spirale discendente dei negoziati – una specie di spasmo di sopravvivenza appena prima di affogare; l’interruzione di una tattica continua di compromesso con i vertici e di continue pacificazioni della base (l’accordo è stato una “questione di giorni” per quattro mesi…) e di una tattica che, già dal 20 febbraio, non prevedeva assolutamente alcun ruolo per le masse, e nessun ruolo per SYRIZA come partito.

Dall’(ultra)continuità dello Stato alla capitolazione di classe

Ma se la moneta e il supporto del popolo sono oggi le fonti del potere nelle nostre società, il governo ha sospeso il suo fondamentale vantaggio per cinque mesi, non schierando le masse. Invece, ha chiamato il popolo in prima fila quando la sua tattica era già fallita sotto uno schiacciante rapporto di forza, quando la sua “linea rossa” si era già sbiadita nella “proposta di 47 pagine”, che in sé era difficile da difendere a causa della mancanza di potere. Questa fase si è conclusa con le masse ancora una volta dalla parte del progetto del governo, con l’interpretazione rassegnata del mandato del referendum e con la riunione dei leader dei partiti politici, completamente fuori da qualsiasi procedura del partito.

Ovviamente la responsabilità di queste scelte è diversa per ognuna delle persone coinvolte e può essere chiaramente attribuita ad alcuni noti individui. Allo stesso tempo i documenti costitutivi di SYRIZA avevano previsto che i negoziati non sarebbero stati una discussione amichevole tra partner. Questo tipo di modello di governance non partecipativa, con il partito completamente soggetto al governo, non era l’opzione preferita da tutti. Nonostante ciò, la valutazione della sinistra non può essere limitata a specifici momenti nel tempo o a particolari individui, dovrebbe dipendere da processi più ampi e, in ultimo, dal livello della lotta di classe. Quello che voglio dire è che invece di parlare di “tradimento” e traditori al più alto livello della dirigenza, sarebbe molto più costruttivo sostenere che la borghesia greca ha combattuto una battaglia di sopravvivenza per il SÍ contro un solido blocco internazionale, attivando meccanismi e alleanza al fine di supportare l’obiettivo altrettanto necessario alla sua sopravvivenza di restare nell’Eurozona.

Dall’altro lato e nella misura in cui il ricatto “Memorandum o default disordinato e Grexit” era genuino e veritiero, il governo avrebbe dovuto prepararsi a condizioni rivoluzionarie. In un tentativo di evitare queste condizioni, il piano del governo è stato quindi limitato a spostare il confronto da un livello di potere economico e politico in Grecia e nell’UE a un livello di “salvataggio nazionale” e “comune sentire europeo”. Questo è il motivo per cui alla fine si è ridotto a un tentativo di evitare il peggio scegliendo l’opzione meno orribile.

Questo spostamento e il conseguente ritiro dallo scontro hanno portato: (A) alle ambiguità programmatiche e alla retorica nazional-populista durante la campagna elettorale prima delle elezioni generali del 25 gennaio, (B) alle scelte di Pavlopoulos per la Presidenza della Repubblica, dei politici di ANEL e DIMAR per ministeri chiave, nonché all’assegnazione di “esperti tecnici” appartenenti all’establishment in posizioni chiave nel governo e nel più ampio settore pubblico, e (C) alla celebrazione della “vittoria” dell’accordo del 20 febbraio nonostante il fatto che il governo si impegnava a ripagare “per intero e in tempo” un debito insostenibile e ad astenersi da ogni “cambio unilaterale di politiche e riforme strutturali che avrebbero avuto un effetto opposto sugli obiettivi fiscali, sulla ripresa dell’economia e la stabilità finanziaria in base alla valutazione delle istituzioni” [con istituzioni qui si intende la Troika, ndt].

La crisi politica

Delineare lo sfondo della capitolazione del 12 luglio e del voto del terzo Memorandum il 14 agosto, è importante perché ci permette di fare un passo in avanti da una discussione su piani e pianificazione che domina il discorso pubblico della sinistra e ci aiuta a capire che qualsiasi “piano” richiede una soggettività – una soggettività che SYRIZA ha fallito nel determinare mentre mentre era all’opposizione. Una soggettività che avrebbe avuto una chiara comprensione dei limiti e delle potenzialità delle circostanze, che avrebbe capito che non c’è spazio per una via di mezzo nel mezzo di una crisi e di una feroce lotta di classe senza ritorno e che sarebbe stata in grado di aiutare a disegnare la tattica e la strategia necessarie, invece di sostituire l’una con l’altra.

Non è per niente certo che questa ipotesi avrebbe portato SYRIZA alla vittoria delle elezioni di gennaio e nemmeno che avrebbe permesso a SYRIZA di riequilibrare la pressione di una UE totalitaria che, al di là delle sue rivalità interne, resta unita sulla base della razionalità di classe e dell’austerità estrema. Tuttavia, è assolutamente certo che se la strategia di SYRIZA non fosse stata così esclusivamente centrata sul parlamento, se SYRIZA fosse stata sicura che c’era qualcosa in più della pianificazione e del processo decisionale rispetto alla discussione tecnica superficiale sulla moneta nazionale, se SYRIZA avesse proceduto ad azioni unilaterali sul sistema bancario per fronteggiare la fuga di capitali e sul sistema fiscale per aumentare i fondi necessari per una politica completa che avrebbe sostenuto i gruppi sociali che rappresentava, se non avesse abbandonato le strade, se SYRIZA avesse creduto realmente in quello che predicava rispetto all’UE e all’euro, in breve, se SYRIZA avesse combattuto la battaglia su un reale livello di potere invece di rimanere nel mondo immaginario di una soluzione benefica sia per i lupi che per le pecore, le cose oggi sarebbero diverse.

Invece di quei “se”, abbiamo un governo che assomiglia tristemente e sempre più all’ultima DIMAR [partito di centro-sinistra nato da una scissione del PASOK, ndt], un partito che è sull’orlo di un’irrevocabile spaccatura. Il terzo Memorandum è disegnato con una tale precisione che SYRIZA strangola con le sue mani i gruppi sociali che ha rappresentato fino al 2010, uno ad uno. E fa questo in un contesto di stretto monitoraggio che lascia poco spazio per le manovre. E tutto ciò sta accadendo nonostante ognuno sappia che il programma sia tutt’altro che fattibile e mentre la Grexit continuerà a incombere sulle nostre teste sia come mezzo per disciplinare il governo – e così accelerare la sua mutazione pro-Memorandum –, sia come la possible destinazione finale del nuovo corso.

Limiti, bisogni e possibilità

Oggi c’è poco spazio per l’ottimismo per una serie di ragioni: il fatto che alcune parti della società hanno familiarizzato con la realtà del Memorandum; la magra consolazione che il governo almeno ha portato avanti una lotta; il predominio del Primo Ministro dentro SYRIZA e nel sistema politico; il fatto che perfino le correnti radicali sono intrappolate in una vera e propria impasse; nonché l’aggressiva giustificazione del Memorandum come una strada senza alternative da parte del governo e del partito che ha spinto le cose al limite con l’aiuto della Troika e della borghesia greca. Di conseguenza, la ferita nel corpo del partito che ha sostenuto le proteste di dicembre [2008 successive all’omicidio di Alexis Grigoropoulos, ndt], le proteste nelle piazze e la battaglia contro i Memorandum avrà bisogno di molto tempo e sforzo per guarire – ammesso che sia possibile che guarisca. Ma se questo è vero, allora è anche vero che l’intensa fase politica chiama a riorganizzarsi il prima possibile.

Ovviamente se SYRIZA si trasformerà in DIMAR, se, in altre parole, SYRIZA internalizzerà l’effetto di un colpo di Stato come suo stesso programma, se SYRIZA passerà dal “niente sacrifici per l’euro” al “rimanere al potere, col Memorandum e nell’euro a tutti i costi”, allora SYRIZA morirà nel medio periodo. È anche chiaro che SYRIZA non può continuare a promettere “negoziati più duri”, in un’Unione Europea che ha dimostrato di essere ostile a ogni idea di sovranità popolare. Quindi, per mantenere il discorso che ha costruito in questi anni, soprattutto di fronte alla minaccia reale del partito neo-nazista, SYRIZA ha bisogno di scontrarsi con il Memorandum, la borghesia greca e l’UE. Ha bisogno di qualcosa che non è accaduto quando il rapporto di forza era più favorevole: la nazionalizzazione delle banche sotto il controllo sociale, la pesante tassazione dei capitali, l’ottenimento di una solidarietà politica e concreta da parte della comunità che ha riconosciuto il 12 luglio come un colpo di Stato, l’internazionalizzazione della lotta contro l’UE, le proteste.

Senza dubbio, la sinistra per-il-NO affronterebbe meglio un governo pro-Memorandum guidato da SYRIZA che la marmaglia che ha approfittato del potere fino allo scorso gennaio. Ma allo stesso modo la sinistra per-il-NO deve necessariamente guardare oltre a questo, verso un nuovo cammino attraverso lo sviluppo della soggettività e del piano necessari. Fino ad ora, all’interno di SYRIZA e della sinistra c’è stata solo propaganda, piuttosto che una elaborazione seria per l’alternativa da far funzionare in termini tecnici (cioé bancomat, cambio della valuta dei contratti, gestione dell’inflazione e delle importazioni necessarie) e soprattutto in termini politici e sociali. Questa dovrebbe essere la missione di una sinistra per-il-NO unita che rispetti le diverse strade e i punti di vista soggettivi, mentre assicura le condizioni per una lotta unitaria e qaunto più possibile efficace. Siccome l’ultima alternativa democratica è stata spazzata via dal ricatto della Troika, siccome adesso la lotta è per i bisogni basilari (forniture d’acqua e di energia, casa, democrazia), la nostra comune lotta sarà una lotta per la sopravvivenza: dobbiamo prepararci a questo il prima possibile, ma, soprattutto, dobbiamo vincere.

* Dimosthenis Papadatos-Anagnostopoulos è membro della redazione di RedNotebook e AnalyzeGreece!

Tradotto in inglese da Mary Zambetaki per AnalyzeGreece!, tradotto in italiano da Atene Calling

Dello stesso autore, leggi anche su atenecalling: La politica di SYRIZA: neokynesiana o anti-capitalista?