POTERI

Essi vivono. Voto utile, per cosa?

Se l’ingovernabilità è l’unica chance.

C’era il secolo breve di Hobsbawm, adesso si strologa sulla legislatura breve. Che è diventata il fulcro della campagna elettorale, con i corollari del “voto utile”, della desistenza contrattata sottobanco, delle formule di grande coalizione o, in alternativa, dell’ipotesi di uno scioglimento anticipato delle Camere appena elette o del solo Senato, se ingovernabile. Dunque, non c’è solo la chiassosa farsa delle promesse insensate seminate da tutti i candidati (l’acquisto di Balotelli è la sola cosa concreta in circolazione, per paradosso), non c’è solo la caligine sparsa ad arte sui dati negativi dell’economia e del lavoro italiani, ma c’è anche una pre-tattica orientata all’incerto risultato delle urne, che farebbe venire al pettine i nodi finora occultati. I sinistri scricchiolii bancari e le voci ricorrenti su “buchi” nascosti di bilancio che imporrebbero un’altra manovra a distanza ravvicinata preparano l’opinione pubblica a un nuovo tormentone che farebbe impallidire quello dello spread che ha occupato l’ultimo anno per poi improvvisamente sparire. Del resto, il disastro incombente, di cui i guai del Mps sono solo un anticipo, deriva dall’intera impostazione del pareggio di bilancio costituzionalizzato e del fiscal compact, per cui una barca di miliardi dovrà essere estorta ai cittadini nel corso del 2013 (un anno in cui il Pil calerà di un ulteriore 1%, a essere ottimisti) –indipendentemente da fallimenti e improvvise voragine in stile Mps e Saipem e da quant’altro potrà accadere nel settore bancario o nella dotazione Cig o per sistemare gli esodati. Le responsabilità vengono già rimpallate, con la ricattatoria minaccia di Monti che, se non vince lui o almeno se non va al potere, ci sarà una macelleria finanziaria inaudita. La macelleria, insomma, ci sarà e tutto il gioco consiste nell’attribuirne la colpa a Vendola o a Bersani o Berlusconi o alla ”polvere sotto il tappeto” di Monti e Grilli. Il trucco degli alieni è far sparire i problemi, pronti a risollevarli all’improvviso secondo l’esito delle urne, quando i conti andranno regolati, gli affabili comizianti si mostreranno nelle loro vere sembianze di avvoltoi e il lessico dell’emergenza si sostituirà all’albero della cuccagna .

A meno che, s’intende, non venga respinta la logica debitoria e recessiva che concordemente è al momento accettata, con minime distinzioni, dai tre i maggiori schieramenti sotto botta europea. Che poi gli eroi della finanza buona –la vecchia dirigenza Bankitalia ora alla testa della Bce, la Goldman Sachs, Unicredit, Intesa-San Paolo, l’esule Ior Gotti Tedeschi– siano tutti più che compromessi con le vicende Mps sembra un dato irrilevante e invece dimostra proprio che non c’è nessuna finanza “buona”, ma ci sono solo 50 sfumature di quella finanza “creativa” con cui un tempo ci aveva imbrogliato Tremonti. Chiacchiere e distintivo, chiacchiere e derivati.

Mentre i grandi poli si districano fra intrighi e coperture loffie, la sinistra radicale offre uno spettacolo penoso, con Vendola balbettante e Ingroia che evoca i morti e bisticcia con i loro parenti. Possibile che davanti al disastro della recessione, di quasi 3 milioni di disoccupati, della decrescita vertiginosa dei salari e dello smantellamento di Università e Scuola non abbiano niente di meglio da fare che scannarsi sull’antimafia e gli accordi o esclusioni post-elettorali? Concesse la buona fede e le mani pulite, non si può che rilevarne l’irrilevanza strategica e la pessima tattica elettorale. Peggio della deriva parlamentare c’è solo l’incapacità a gestirla, il compiacimento sfigato nel populismo pauperista o giustizialista. Altro che Syriza!

Malgrado questi limiti dell’opposizione ufficiale, la crisi della governamentalità neoliberale sembra inarrestabile e non è confinata all’Italia –come il confronto fra Usa ed Europa tende a evidenziare. In questa prospettiva le difficoltà a costituire una maggioranza in Italia dopo il 24-25 febbraio, che il progetto “riformatore” sia probabilmente destinato a saltare un giro, cioè a ripetere la chiamata alle urne, non sono affatto un elemento terrorizzante, da esorcizzare con il “voto utile”. Al contrario, l’ingovernabilità è l’unica chance per impedire che il vortice si chiuda su una sconfitta di lungo periodo delle classi subalterne, sull’imposizione di una dittatura della finanza a spese del reddito e del welfare, sulla stagnazione prolungata dell’Europa. L’apertura di uno spiraglio in cui rilanciare le lotte, preso atto che al momento la resistenza moltitudinaria è discontinua e non riesce ancora a esprimersi in strutture politiche. Stiamo appena imparando a riconoscere gli alieni e a decifrare i loro ingannevoli messaggi. Occorre più tempo, bisogna dissipare residue illusioni. Passare dal risentimento all’indignazione, estenderla, consolidarla.

Essi vivono fra noi, sono simili a noi ma a guardarli con gli occhiali giusti si rivelano alieni maligni, scesi quaggiù per ingannarci, sfruttarci e farci del male. I messaggi subliminali che si nascondono dietro le loro accattivanti parole d’ordine vanno decrittati e convertiti: austerità=povertà, sviluppo=recessione, equità=diseguaglianza. They live. Intanto smascheriamoli. Leggi tutte le puntate.