ROMA

L’emergenza casa a Roma non è finita

Due presidii sotto la Regione hanno ribadito il problema dell’abitare a Roma. Sotto il Dipartimento Urbanistica del Comune di Roma e sotto la Regione Lazio per chiedere conto di tutte le promesse non mantenute

Due presidii dei movimenti di lotta per la casa, che si sono svolti nella giornata di ieri, hanno riportato al centro la questione dell’abitare.

Il primo sotto il Dipartimento Urbanistica del Comune di Roma per porre ancora una volta la questione dei Piani di Zona, chiedendo cosa impedisca l’applicazione della legge che prevede la revoca della convenzione per chi ha speculato sulla costruzione degli alloggi per l’edilizia agevolata ignorando tutte le leggi, come la magistratura ha rilevato.

L’altro sotto la sede della Regione Lazio per sollecitare che il tavolo, che si è aperto dopo la manifestazione del 7 febbraio, porti a risultati concreti.

Le richieste dei movimenti sono state chiare fin dall’inizio. Si chiedeva che fosse finalmente riattivato il piano regionale per l’emergenza casa e di applicare la delibera approvata nel 2014 che prevedeva il recupero e autorecupero del patrimonio immobiliare pubblico, l’acquisizione di immobili privati sul libero mercato a prezzi calmierati e di destinare al piano straordinario per l’emergenza abitativa le risorse dell’ex Gescal detenute da Cassa Depositi e Prestiti, pari a 257 milioni di euro.

 

Nella delibera era stabilito il termine di 60 giorni per individuare gli immobili da destinare alla rigenerazione finalizzata al reperimento degli alloggi. Sempre entro 60 giorni bisognava individuare le situazioni di emergenza fra chi era inserito nelle graduatorie, chi era nei centri di assistenza alloggiativa temporanea e chi viveva in immobili privati o pubblici impropriamente adibiti ad abitazione.

I 60 giorni sono passati più e più volte e l’emergenza casa si è aggravata.

Si continua a chiedere uno stop per sfratti e sgomberi, la possibilità di avere la residenza anche per chi dopo la legge Renzi/Lupi non può più chiederla ne può chiedere l’allaccio alle utenze, la regolarizzazione di chi abita senza titolo, pur avendo i requisiti richiesti, nelle case popolari e la difesa dei residenti nelle case degli enti.

C’è poi la questione della revisione della Legge Regionale n.12 del 1999 relativa all’Edilizia Residenziale Pubblica e che dovrebbe rivedere i canoni di locazione. Su questo i movimenti chiedono sia aperto un tavolo per discuterne i criteri.

La trasparenza nelle decisioni consentirebbe di non trovarsi più di fronte a questioni come quella dell’immobile di via Volontè, acquistato all’asta da un privato, pur essendo finanziato al 90% con denaro pubblico. Come è potuto accadere?