ITALIA
Corteo a Messina: contro il ponte, l’economia di guerra e il genocidio
Sabato 29 a Messina i tanti comitati che si oppongono alla costruzione del Ponte saranno di nuovo in piazza, una grande giornata di mobilitazione, nella quale la lotta contro il ponte si intreccia con la Giornata internazionale di solidarietà con la Palestina e contro la finanziaria di guerra che destina miliardi al riarmo, tagliando servizi e diritti
La lunga storia del Ponte di Messina, che abbiamo raccontato qui, si è riaccesa negli ultimi giorni con il parere della Corte dei Conti che ha negato il visto di legittimità al terzo atto aggiuntivo della convenzione tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Stretto di Messina S.p.A.. In precedenza era stata bocciata anche la delibera Cipess. A detta della Corte dei Conti la delibera appare più una ricognizione istituzionale che una valutazione istruttoria completa, inoltre mancano analisi approfondite sui costi, i rischi e altri elementi fondamentali per valutare l’opera.
«C’è poi la procedura completamente cambiata rispetto alla prima fase» – ci racconta Gino attivista del comitato No Ponte – «allora si trattava di project financing con finanziamento a lungo termine in cui il debito viene rimborsato principalmente con i flussi di cassa generati dall’opera stessa, oggi il piano finanziario è completamente a carico dello Stato». Ma non basta poiché l’ammontare della gara d’appalto è aumentato più del 50% e dovrebbe essere espletata di nuovo.
Il governo insiste: Il ponte si farà! Insistono però anche i tanti comitati che da trent’anni si oppongono a quest’opera tanto costosa quanto inutile e dannosa per i territori.
Ancora una volta, dopo le mobilitazioni estive, manifesteranno a Messina il 29 novembre con un corteo che partirà da piazza Castronovo alle 14, perché nonostante la mancata concessione del visto di legittimità abbia fermato l’avvio dei lavori, non c’è nessuna garanzia che l’opera programmata subisca un arresto definitivo, che è quello che chiedono le associazione e tanti abitanti delle due sponde.
L’enorme cifra stanziata per la costruzione del ponte, 13,5 miliardi di euro, potrebbe essere utilizzata per realizzare scuole, ospedali, infrastrutture di mobilità sostenibile, messa in sicurezza idrogeologica e sismica, riammodernamento della rete idrica. «Si potrebbe fare tutto e subito», dicono gli attivisti.

Dal 2003 la Società Stretto di Messina è la concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia e la Calabria. «Un’opera strategica di preminente interesse nazionale» la definiscono. Ad agosto scorso, dopo l’approvazione del progetto definitivo, l’appalto per la costruzione è stato aggiudicato al consorzio Eurolink. in cui Webuild detiene una quota del 45%.
È proprio la Società Stretto di Messina che continua a drenare risorse pubbliche senza che in vent’anni sia stata posta la prima pietra più volte annunciata dai governi che si sono succeduti. «Il governo guidato da Mario Monti aveva stabilito che la società fosse posta in dismissione, cosa che non è mai avvenuta con i sette governi di ogni schieramento che si sono succeduti», dice ancora Gino.
«Siamo soddisfatti della bocciatura, ma non ci facciamo illusioni: lo sperpero di denaro pubblico e le minacce al territorio cesseranno solo con la cancellazione definitiva dell’iter e delle strutture di governance legate al ponte, a partire dalla Stretto di Messina S.p.A.».
«In questi ultimi 40 anni di stop e ripartenze ne abbiamo viste tante. Abbiamo visto annunciare tante volte la posa della prima pietra e indicare la data certa della fine lavori. Sarà così anche questa volta. Diranno che aggiusteranno le cose e che quest’altra volta sarà quella buona. Per loro, alla fine, va bene così. Il loro vero obbiettivo non è costruire il ponte, ma tenere aperto all’infinito il suo iter».
Sabato sarà una grande giornata di mobilitazione contro le grandi opere che devastano i territori, con la stessa logica che vuole estrarre valore perfino dalla guerra e dal genocidio.
«Non è un caso, infatti, che, con un genocidio ancora in corso, il grande business della ricostruzione – da oltre 80 miliardi – bussi già alle porte di Gaza. Un affare su cui sembra pronta a lanciarsi anche Webuild: la stessa del ponte sullo Stretto».
Un filo rosso lega la lotta No Ponte alle altre lotte territoriali, ma anche all’opposizione all’economia di guerra e al genocidio. Il corteo di sabato è molto di più di una battaglia ambientale e sociale, vuole essere il simbolo di un sud che rimette al centro se stesso, i propri bisogni la propria dignità e vuole farlo in continuità con il corteo nazionale contro la finanziaria di guerra che si terrà nello stesso giorno a Roma, nella giornata di solidarietà con il popolo palestinese.
La manifestazione avrà una doppia conclusione a piazza Duomo con gli interventi finali e a piazza Municipio con concerti e socialità.
La copertina è di No Ponte (Fb)
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